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Luca Imberti
Le promesse tradite sul consumo di suolo
6 Novembre 2014
Consumo di suolo
Dal presidente dell'Istituto Nazionale di Urbanistica sezione Lombardia, ennesima e significativa netta stroncatura del disegno di legge regionale, cortina fumogena per il business as usual.

Dal presidente dell'Istituto Nazionale di Urbanistica sezione Lombardia, ennesima e significativa netta stroncatura del disegno di legge regionale, cortina fumogena per il business as usual. La Repubblica Milano, 6 novembre 2014, postilla (f.b.)

La proposta di legge regionale per la riduzione del consumo di suolo che si avvia alla discussione in Consiglio dichiara nelle finalità di voler arginare l’ininterrotta perdita di suoli produttivi agricoli e la cementificazione che nel recente passato hanno visto purtroppo la Lombardia al primo posto nelle statistiche nazionali. Tuttavia il passaggio dalla prima stesura del progetto di legge a quella attuale, assai differenti, finisce per dare importanza preponderante alla tutela degli interessi immobiliari rispetto all’urgenza di limitare l’erosione di risorse non rinnovabili che, ricordiamo, vanno a scapito in primo luogo della produzione agricola lombarda, che rappresenta una quota significativa del prodotto nazionale del settore.

In sintesi, i punti più critici della proposta di legge sono i seguenti: si considerano da tutelare le sole aree perimetrate come agricole dai Pgt e non quelle agricole di fatto (né quelle naturali); manca una politica concreta di sostegno ai processi di rigenerazione urbana, vera alternativa allo spreco di suolo agricolo; non vi è nessuna proposta di applicazione della fiscalità locale come leva per disincentivare l’urbanizzazione dei suoli agricoli (essendo irrisoria la sola prescrizione di una maggiorazione del 5% del contributo di costruzione); si ratificano e confermano tutte le previsioni dei Pgt approvati fissando un limite di tre anni per presentare piani attuativi delle aree di espansione (che complessivamente nella regione assommano a quasi 600 chilometri quadrati); le grandi infrastrutture e opere pubbliche sono escluse da ogni bilancio, come se esse non erodessero suolo libero.

Ne risulta un insieme preoccupante che non solo rinvia il rinnovamento delle procedure a un nuovo ciclo di strumenti urbanistici, ma soprattutto favorisce nei fatti un’accelerazione dei progetti nel triennio di moratoria, ottenendo l’effetto opposto a quello desiderato, ovvero una più veloce progressione del consumo di suolo.

Una compromissione che nella realtà si fermerà in molti casi sulla carta perché le previsioni insediative non sono sorrette da una domanda reale, ma sottrarrà comunque terre ai programmi agricoli e avrà effetti perversi per gli stessi operatori immobiliari. È indispensabile quindi riprendere le fila di un provvedimento utile e necessario, per «rimetterlo in carreggiata» e rendere concreto l’impegno della Regione Lombardia a contrastare il consumo di suolo.

La via, in parte già tracciata nella prima stesura del testo di legge, corrisponde alle tendenze che si affermano nel quadro europeo e che possono aiutare anche il settore immobiliare a un riorientamento necessario per la sua stessa ripresa: si tratta di agire con misure fiscali consistenti che rendano svantaggioso costruire su aree libere, di stabilire meccanismi compensativi per sostenere la concentrazione dell’edificazione sulle aree interne da rigenerare, di porre limiti stringenti al consumo di suolo e tutelare le aree produttive agricole (nell’anno di Expo).

postilla
Forse non c'è nulla di meglio, di questa stroncatura neutra e necessariamente blanda, non politicamente schierata, per chiarire sino a che punto il disegno di legge “contro il consumo di suolo” abbia finito per scontrarsi con la natura stessa dell'attuale ceto politico padano e degli interessi che rappresenta: se non si urbanizza che le abbiamo fatte a fare tutte le nostre autostrade e compagnia bella? Dove va a finire il primato economico vero o presunto della regione, il luminoso futuro dello sviluppo infinito dei metri quadri di inutile terreno convertiti in solido valore finanziario? Perché questo è il punto: nella mente della classe dirigente non esiste, una situazione in cui tutto non giri attorno al medesimo nucleo centrale, rappresentato appunto dalla mobile frontiera dell'urbanizzazione, dallo svuotare di qui per riempire di là eccetera eccetera. E la domanda è: moralizzazioni a parte, razionalizzazioni a parte, si è in grado di esprimere qualsivoglia modello alternativo, oppure no? (f.b.)

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