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Ivan Berni
Donna Letizia e il tunnel delle follie
16 Ottobre 2009
Milano
Se ne accorge chiunque: certe idee di città nel terzo millennio sono solo idiote e/o in palese malafede. La Repubblica ed. Milano, 16 ottobre 2009, con postilla(f.b.)

Ci sono cose che tocca rileggere almeno due volte per convincersi che la realtà, di questi tempi, supera la fantasia. Anche la più inconcepibile. Dunque, al nostro sindaco Letizia Moratti piace da pazzi l’idea di un tunnel automobilistico sotterraneo da Linate a Rho: quattordici chilometri che dovrebbero tagliare la città da Est a Nord-ovest, congiungendo il "city airport" al nuovo polo fieristico. Costo previsto 2,4 miliardi di euro, finanziamento interamente privato, sette anni di lavori, inizio dei cantieri nel 2011, fine nel 2018, pedaggio stimato 10 euro per l’intera tratta, profondità dello scavo fino a 40 metri. Tralasciando il fatto che la scaramanzia consiglierebbe prudenza nel promuovere una maxi-opera di dimensioni colossali come questa a ridosso della decisione di buttare a mare il progetto del parcheggio alla Darsena, è quasi imbarazzante mettere in fila incongruenze, contraddizioni, controindicazioni, insensatezze di una simile idea.

La prima incongruenza riguarda il calendario: l’opera sarà completata fuori tempo massimo per l’Expo, nel 2018, ma in compenso l’Expo riuscirà a disturbarla alla grande, essendo inimmaginabile che il cantiere per un’autostrada urbana underground rimanga invisibile e non sconvolga mezza città. Il sindaco dice: sarà pronto metà tunnel. Ma che ce ne facciamo di un tunnel da Lancetti a Rho, visto che per tre quarti del percorso coincide con lo snodo autostradale di Certosa?

Seconda assurdità, non meno stupefacente della prima: il collegamento con l’aeroporto di Linate. Scusate, ma non si era detto e ripetuto che Linate, giocoforza, è destinato a ridimensionarsi per non infliggere il colpo definitivo, probabilmente letale, a Malpensa? È vero o no che si sta discutendo della riduzione di Linate ad aeroporto d’affari, destinato a gestire un traffico passeggeri di cinque milioni l’anno contro i dieci degli anni scorsi? Ma se è così, e il Comune dovrebbe saperlo benissimo essendo azionista di larga maggioranza della Sea, a che serve prevedere un maxitunnel di collegamento a un aeroporto dimezzato, oltretutto in sovrapposizione con la nuova linea del metrò, prevista da Lorenteggio al Forlanini?

Ma non è finita. Terza follia, il costo. Ogni chilometro di tunnel costerà circa 150 milioni di euro. È tanto? Probabilmente troppo poco, tenendo conto che si dovrà perforare, ancora una volta, il cuore di una città che negli ultimi cinquantenni è stata bucata e ribucata come un groviera. Si dovrà scendere con gli scavi fino a 40 metri, passando sotto le linee di tre metropolitane e incrociando i cantieri delle nuove linee progettate, si incontreranno le falde, i parcheggi sotterranei, qualche antica necropoli, qualche resto medievale e spagnolesco. Si inietterà un’altra mostruosa quantità di cemento in un sottosuolo esausto, sempre più impermeabilizzato.

I costi, come accade regolarmente, saliranno di molto rispetto alle previsioni iniziali, ma facciamo finta che davvero l’opera si possa fare con 2,4 miliardi. Li metteranno i privati, spiega Letizia Moratti, che rientreranno dall’investimento incassando i pedaggi. Si prevedono 10,22 euro per l’intero tracciato, con un costo a chilometro di 0,70 centesimi. Ma ammesso e non concesso che il costo di transito rimanga questo, chi sarà disposto a pagare una cifra simile? Difficile pensare che saranno i cinquantamila al giorno previsti dal progetto, numero minimo per rendere conveniente l’impresa. Oggi con 10,10 euro di pedaggio si va da Milano a Modena, per 173 chilometri di percorso. E se pare inverosimile che si trovino cinquantamila automobilisti disposti a pagare 10 euro per andare da Linate a Rho, non può stupire che, finora, non si sia capito chi scucirà 2,4 miliardi di euro per placare la voglia di grandi opere di Donna Letizia.

postilla

Naturalmente, come si intuisce al volo, le questioni in gioco sono altre: prima fra tutte la solita politica al servizio degli interessi di “sviluppo del territorio”: come non notare la sovrapposizione del tracciato del tunnel con l’asse trasversale della mitica T rovesciata del Documento di Delega agli Amici delle Politiche Urbanistiche Comunali? Ma oltre le facili polemiche su attori forti, comparse e suggeritori dietro le quinte, forse val la pena di ricordare la vicenda, assai poco nota qui da noi, dello Zar dei Lavori Pubblici di New York, Robert Moses. Del suo sistematico smantellamento di una idea di città collettiva e condivisa, in sostanza di qualunque politica urbanistica in senso proprio, a favore delle Grandi Opere. Proprio in questi giorni la massima responsabile per la pianificazione urbana della città, la signora Amanda M. Burden, di estrazione alto borghese e nominata da un’amministrazione di destra, riceve il più alto riconoscimento da una prestigiosa associazione di costruttori privati (Urban Land Institute) … esattamente per “remare contro” la vecchia impostazione di Moses: la città disegnata attorno a autostrade, gallerie, ponti ecc. E operare invece a favore del Piano, senza enfasi e soluzioni spicce studiate a tavolino, ma seguendo quell’impiccio che da noi pare sempre inutile tara: le regole condivise. Per chi vuole saperne di più, su Mall ho riportato una nota di agenzia con le motivazioni del premio alla signora Burden. Per saperne di più su questa demenza anni ’50 del tunnel milanese, traslocata di peso da un’altra signora borghese nel terzo millennio, non mancheranno purtroppo le occasioni in futuro (f.b.

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