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el gregge al lupo. Ma sapere che Franco Bassanini , Giuliano Amato e Maurizio Lupi insegneranno agli "alti studenti" radunati a Firenze il buongoverno ci sembra davvero il massimo. La città invisibile, rivista online, 27 febbraio 2015

Parte oggi a Firenze “Eunomia”, corso di alta formazione intitolato significativamente “Cantiere Istituzionale”, introdotto dal sindaco Nardella. Studenti under 40 saranno iniziati dai proff. Bassanini, Amato e Lupi alla gestione della cosa pubblica nell’interesse privato. Inaugura il ministro Boschi con una lezione sulla riforma del Senato e del titolo V della Costituzione. Buono studio.

A leggere il comunicato di presentazione del corso di “alta formazione!” politico-istituzionale Eunomia in svolgimento in queste settimane a Firenze, c’è da stropicciarsi gli occhi per l’incredulità.

Sembra piuttosto un promo della novella di Ser Ciappelletto nel “Meraviglioso Boccaccio” dei fratelli Taviani in uscita sugli schermi proprio nello stesso periodo: chi chiamare a illustrare la “santità” dei comportamenti che asservono il ruolo degli enti pubblici agli interessi corporativi di aziende, cooperative, gruppi di interesse economico e/o politico-ideologico-religioso, se non coloro che più attivamente si sono adoperati a praticarli nel passato più o meno recente? Lascio ad altri di articolare la dimostrazione dell’assunto nei campi dell’economia, delle banche, dell’energia (e ognuno credo possa ben capire a quali nomi faccia riferimento) e mi limito al campo di mia competenza: il ruolo degli enti locali territoriali nella gestione del territorio e delle opere pubbliche.

Lodovico Meneghetti – che è stato a lungo docente di urbanistica al Politecnico di Milano, ma anche assessore comunale a Novara dove a metà degli anni Sessanta fece approvare uno storico PRG con aree edificabili quasi interamente in piani di iniziativa pubblica – in un recente intervento su eddyburg ricorda come fu proprio Bassanini nel 2001, come ministro delle riforme amministrative nel Governo Amato (due “alti formatori” in un sol colpo!) a far approvare il decreto delegato (si usava anche allora, anche se un po’ più pudicamente di oggi) con cui si eliminò l’obbligo di versare gli oneri di urbanizzazione in un conto vincolato alla realizzazione di spazi ed opere pubbliche di urbanizzazione, istituito dalla legge n. 10/77, nota come “Bucalossi”, dal nome del ministro dei lavori pubblici dell’epoca e già Sindaco di Milano col PRI.

Per i Comuni si aprì la cassa senza fondo degli ampliamenti edificatori dei PRG e degli accordi in deroga alle norme vigenti, per sostenere con i proventi degli oneri urbanizzativi bilanci comunali dalle spese correnti sempre più traballanti. Certo, come ricorda ancora Meneghetti, furono poi molti i responsansibili delle successive ripetute proroghe di questo andazzo che è ancora in vigore attualmente (da Tremonti che per primo nel 2005 avallò la richiesta delle Tesorerie comunali di “liberalizzare” l’uso dei conti vincolati ad opere urbanizzative al secondo Governo Prodi, partecipato persino dalla sinistra estrema, che ne perpetuò il sistema); eppure è giusto che per illustrarne i pregi ci si rivolga, più che ad altri, ai progenitori originari Amato e Bassanini.

Su questo terreno si è costruita anche la carriera politica di Maurizio Lupi, ancor oggi dirigente di Fiera di Milano Esposizioni in aspettativa per mandato politico, dove era approdato all’epoca dell’incontrastata egemonia ciellina sui vari rami dell’Ente Fiera durante tutta la lunghissima presidenza di Roberto Formigoni alla Regione Lombardia. Questa veste lo ha reso particolarmente indicato a ricoprire il ruolo di assessore all’urbanistica del Comune di Milano nella Giunta Albertini, in modo da poter tutelare particolarmente gli interessi immobiliari di Fondazione Fiera (ente di cui formalmente non faceva parte e pur nell’ambito di una più generale favorevole disposizione d’animo verso l’immobilarismo milanese) promuovendone la migrazione verso il polo esterno di Rho-Pero e aprendo la strada al riuso immobiliare della vecchia sede, concluso dal suo successore ciellino Masseroli durante la Giunta Moratti con la concessione di un milione di metri cubi, metà in tre torri di oltre 200 metri di altezza che in inverno oscureranno le case vicine per l’intera giornata e metà in lussuosi condomini ammassati al loro piede. L’operazione fruttò a Fondazione Fiera il doppio del prezzo corrente atteso (523 milioni di euro anziché 250), ma costringendo il Comune a monetizzare più della metà degli spazi pubblici mancanti al prezzo convenzionale di 300€/mq, invece che al prezzo di mercato di 2.000 €/mq ottenuto da Fondazione Fiera. Con quel surplus Fondazione Fiera cominciò ad acquistare a prezzo agricolo le aree contigue al nuovo polo di Rho-Pero, su cui oggi sta per avere inizio l’evento EXPO 2015 e di cui si discute la valorizzazione immobiliare successiva.

Finito di esercitarsi in queste vicende milanesi, dal 2001 Lupi si trasferisce al Parlamento come deputato di FI dove intesse una sino ad allora inedita convergenza bi-partisan col deputato milanese della Margherita, e poi PD, Pierluigi Mantini per proporre un disegno di legge urbanistica ispirato al principio della “consensualità” degli atti amministrativi tra enti pubblici e proprietà fondiario-immobiliare (e da loro connotato come “passaggio dall’urbanistica all’economistica”), desunto dalle istruttive esperienze amministrative e legislative in materia urbanistica milanese e lombarda. Dal 2013, prima con Letta per il PdL e poi con Renzi per NCD, è Ministro delle Infrastrutture e Trasporti distinguendosi non solo per i rapporti cordiali e servizievoli con i concessionari di opere statali, ma anche per essere tornato a proporre un gruppo di studio sull’urbanistica “consensuale” con le proprietà fondiario-immobiliari.

Anche in questo caso, di fronte a tanta capacità di adattamento della subordinazione del ruolo pubblico agli interessi privati, non si può che apprezzare l’opportunità della scelta di Eunomia di chiamarlo a diffondere ad altri la sua esperienza, augurando al Sindaco di Firenze Nardella, nonostante la sua più breve carriera, di saper stare al pari di tanto esperto!

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l Fatto quotidiano online, 8 settembre 2013

Ve le ricordate? Erano le icone dell’Italia femmina scatenata e rampante, i volti dello yuppismo in short e autoreggenti, la gioventù bruciata del berlusconismo, tra il 2008 e il 2012, quando il Cav poteva governare da solo e non per interposta persona. Noemi, Sabina, Sara, Nicole e le altre, le pupe del capo, che riempivano le trasmissioni televisive con le loro spericolate interviste sulla vita, gli uomini, la politica, e ovviamente sull’indiscutibile grandezza ed eleganza di Silvio. Finita la festa, sono state adeguatamente pensionate ed è curioso leggere le interviste in cui si reinventano come educande delle Orsoline, tutte casa, marito e famiglia.

Noemi, ci racconta Oggi, «sta per laurearsi e aspetta un bimbo dal suo Vittorio». È «molto diversa dal passato. Capelli naturali schiariti dagli shatush, neanche un filo di trucco, dimagrita nonostante la gravidanza». La minorenne di Casoria che coniò l’immortale nomignolo di Papi, è un po’ scocciata perché i suoceri sono diffidenti, ma passerà: non sembra poi un dramma, se confrontato con le invettive di Veronica.

Incinta pure Sara Tommasi. Lo racconta il suo fidanzato, Fabrizio Chinaglia. Chiosa il settimanale che ha dato la notizia: «Alle viste un nuovo inizio per l’ex showgirl redenta». Sabina Began si reinventa come manager dei diritti sportivi, con venature femministe: «Mi impegno in quello che faccio, non vendo il mio corpo, anche se sono attratta dagli uomini nascondo questo mio lato, voglio essere apprezzata per il mio cervello». La Minetti si rimette col penultimo fidanzato, cancella il suo sito, il profilo facebook e ogni traccia di sé dal web e sparisce a Ibiza. Dice che vuole trasferirsi in America. Un nuovo inizio pure per lei.

Insomma, hanno tutte messo la testa a posto, o forse si sono solo rassegnate. Chissà a cosa aspiravano, chissà cosa si immaginavano per il futuro solo un paio di anni fa: conduttrici di prima serata, parlamentari, ambasciatrici, fidanzate ufficiali dell’uomo più ricco d’Italia. E tutta quella fatica, quelle notti bianche, la chirurgia estetica, le litigate furiose con le concorrenti, l’incubo di un chilo di troppo o di una ragazza nuova, per cosa? Per finire ai giardinetti con il pupo?

Dovranno farsene una ragione. Il Bunga Bunga non si porta più. È l’epoca delle larghe intese e, quindi, della civile mediazione tra il modello Marysthell Polanco e il modello Rosy Bindi. Le vecchie bandiere della guerra contro “la sinistra bacchettona e moralista” – sì, le signorine furono anche questo, magari a loro insaputa – sono stati ammainate, e pure con una certa vergogna. A nessuno fa piacere ricordare che ci fu un tempo in cui 314 parlamentari votarono su Ruby nipote di Mubarak. Noemi e le altre dovranno rassegnarsi a una second life a bassa intensità e a farsi piacere l’impensabile, le scarpe basse e magari pure il grembiule, non per lo spettacolino di burlesque ma per lavare i piatti.

L'Espresso, 07 gennaio 2013

AGENDA MONTI Rientrare nei vincoli di bilancio stabiliti dall'Europa entro il 2013. Ove non sia possibile, farlo entro il 2014. In caso di fallimento, perseverare anche nel 2015, nel 2016, nel 2017 e così via per tutti gli anni a venire, ripetendo anche sul letto di morte, con un filo di voce: «Io devo assolutamente rientrare nei vincoli di bilancio stabiliti dall'Europa». Domandare anche ai propri cari, riuniti al capezzale: «Siete rientrati nei vincoli di bilancio stabiliti dall'Europa?». Lasciare nel mandato testamentario precise indicazioni sulle modalità di rientro nei vincoli di bilancio stabiliti dall'Europa.

AGENDA MARONI 1: Basta tasse. 2: Via da Roma. 3: Nord indipendente. 4: Cinque milioni di immigrati a casa loro. 5: Vicepresidenza della Regione Lombardia o almeno un assessorato importante. Nel caso i primi quattro punti siano irrealizzabili, concentrarsi sul punto 5.

AGENDA GRILLO (urlando fortissimo, ndr.) Trasformazione del Parlamento in un sito web interattivo, belin! Cliccando sugli omini disegnati sui banchi dell'aula si possono votare le leggi, abolirle, cambiarle, riformare la Costituzione, dichiarare guerra, firmare l'armistizio, tutto gratis belin! Abolire gli inceneritori e smaltire i rifiuti lanciandoli nella quinta dimensione attraverso il Web, basta consultare il sito www.rifiutinellaquintadimensione.com, tutto gratis belin! Stabilire una volta per tutte che i partiti sono tutti morti e vanno tumulati nel sito www.tumuliamoipartiti.com, spese funebri a carico della salma, belin! Sostituire tutti i partiti con il Movimento Cinque Stelle, belin! Dimezzare i parlamentari tagliandoli per il lungo, belin! Dire molto spesso belin!

aGENDA PAPA Per il pontefice e per la Cei la sola cosa veramente importante è la difesa della famiglia tradizionale, fondata sull'unione tra un uomo e una donna che generano almeno tre figli, un primogenito maschio di nome Giovanni, Giuseppe o Pietro, una secondogenita femmina con la coda di cavallo e un/una terzogenito/a (scelta libera) che gioca col trenino elettrico mentre i due fratelli maggiori vanno a scuola salutando sull'uscio di casa i genitori; un gatto o un cane (scelta libera); canarino o pesce rosso (scelta libera). Padre che legge "Gazzetta dello sport" o "Corriere dello sport» (scelta libera). Madre che cucina spezzatino e piselli o scaloppine burro e salvia (scelta libera). Tutto il resto è contro natura.

AGENDA BERSANI Qui la storia è che non se ne viene fuori se non si va giù a Roma a dire le cose come stanno e a fare quello che si deve fare. Altrimenti si va a finire male. E non c'è mica da scherzare. Perché si è già scherzato fin troppo. Queste sono cose serie. E sarebbe ora di prenderle sul serio, invece di continuare a fare finta che i problemi non sono quelli che sono.

AGENDA VENDOLA Collocarsi all'interno della contraddizione tra capitale e lavoro e non limitarsi a frequentarne solo i margini, spostare le politiche di riequilibrio dal campo della buona volontà sociale a quello del mutamento strutturale, agire nella determinazione di volere anche oggi quello che molti non vorrebbero neppure domani, contrastare il lavoro parcellizzato come vero e proprio impedimento identitario, fare dei diritti il termine primo e ultimo del giudizio e dell'agire politico, parlare chiaro.

AGENDA INGROIA Costruire un'alternativa basata su maschi meridionali quaranta/cinquantenni ex magistrati, uomini di legge virili e molto cazzuti come me e De Magistris. Ripulire il paese dai malviventi e poi ritrovarsi tutti nel saloon di Sammy, davanti a una buona birra, per ricordare i buoni vecchi tempi quando a Dodge City le donne e i cavalli potevano girare per la strada senza che nessuno gli mettesse le mani addosso.

AGENDA BERLUSCONI Abolizione delle tasse. Viva la figa.

«Romanoff ha portato al congresso un bel regalo: un ritratto di Lenin. Da ricordare che un medaglione di Lenin fu il regalo che Ponomariov portò ai comunisti italiani al XII congresso di Bologna. Una vera mania».

Leggevamo ieri questa breve nota nella cronaca dell’inviato del «Resto del Carlino» al congresso della Cgil di Livorno: Romanoff è il delegato sovietico all’assise livornese e quando è venuto il momento di porgere il suo saluto ai congressisti, come hanno fatto, a turno, gli altri delegati stranieri, ha offerto in omaggio alla presidenza del congresso un ritratto di Lenin. Di qui le ironie del giornalista bolognese.

Ma ci deve essere, nel nostro valoroso Collega, qualche difetto di informazione. Questo Lenin è un personaggio abbastanza conosciuto nella storia del movimento operaio internazionale.

Certo, non era un sindacalista, nel senso stretto della parola, ma gli accadde più volte, sia pure frettolosamente perché aveva molto da fare, di occuparsi di lavoratori, così quando i sovietici si recano ad assistere a qualche congresso politico o sindacale nel mondo, gli viene in mente di portare in omaggio un ritratto di Lenin.

Naturalmente, sarebbe gradita una riproduzione della torre Eiffel o del Ponte dei sospiri, per non parlare del Colosseo in alabastro, ma l’immagine di Lenin ha, per gli operai, una potenza evocativa che non sprigiona, per esempio, il Duomo di Milano anche se pazientemente riprodotto in mollica di pane. Quando i lavoratori si ritrovano davanti alle sembianze di Lenin dicono tra di sé: «Questo qui ci ricorda qualche cosa», e gli prudono le mani fino al punto di fargliele stringere a pugno.

Vede, egregio Collega, i socialisti veri di tutto il mondo contano molto su questi pugni, e Lenin, per combinazione, è il maggiore tra coloro che li hanno inventati.

Così, finché ci sarà bisogno che i lavoratori stiano svegli, sì battano e non mollino, si troverà sempre qualcuno che regalerà loro un ritratto di Lenin.

Mentre se si vorrà che dormano e si facciano infinocchiare, lo capiremo subito quando, gli porteranno in dono un busto dell’onorevole La Malfa.

Da l’Unità del 24 settembre 1969

Il 29 giugno del 1989 moriva Mario Melloni, il nostro Fortebraccio. Pubblichiamo una serie di suoi corsivi usciti su «l’Unità» e mai riediti in libri o raccolte.

La trovata

Quando il senatore Fanfani parla, e specialmente quando si rivolge ai giornalisti, non riuscite mai a capire se stia dettando un compito ai bambini della terza elementare o se reciti le parole di una epigrafe dedicata ai posteri. Lento e fatale, sono singolarmente suggestive le sue pause turgide di destino, durante le quali gli ascoltatori pensano intimiditi: «Adesso sta per dire eziandio», e si rallegrano in cuor loro per la sorte che li ha prescelti ad assistere a tanto evento, col solo rammarico di non avere portato le famiglie, cui sarà stata così sottratta una occasione forse unica, di entrare nella storia.

Certo, questo è un modo, forse non inabile, per fare apparire gravi le cose futili, e meditate quelle frivole, come la trovata di fare entrare in un eventuale governo a quattro i segretari dei partiti del centro sinistra in persona, a garanzia che le giunte verranno formate conformi al centro.

Si tratta di una pensata puerile, e in fondo, francamente irriguardosa, perché fondata sul presupposto che i cittadini dei comuni, delle province e delle regioni trascurino e addirittura rifiutino la spinta che muove dai loro interessi ideali e concreti per la ragione, figuratevi, che il segretario del loro partito è diventato ministro. «Noi vorremmo - pensa il senatore Fanfani che dicano i socialisti del comune X o della regione Y - costituire qui una amministrazione di sinistra. Sarebbe necessaria, utile, urgente, popolare, sentita. Ma abbiamo De Martino al governo: possiamo dare un dispiacere a Sua Eccellenza?».

A questi espedienti da minorati, sono ormai ridotti gli uomini del centro sinistra, avendo, manco a dirlo, un «Corriere della Sera» alle spalle che li approva. Ieri infatti Alberto Sensini, conte del Verano, lodava sul giornale lombardo, con mesto entusiasmo, la pensata fanfaniana, che è anche capace di avere successo. In questo caso sentireste Fanfani come lo annuncerebbe. Forse, avvicinandosi al microfono, lascerebbe capire che, modestamente, quaranta secoli lo guardano. Questo è vero: lo guardano e ridono.

Da «l’Unità» del 19 marzo 1970

Castelnuovo del Garda, come sanno in molti, è il comune che ospita Gardaland, il più famoso parco a tema italiano, gioia di grandi e piccini.

Castelnuovo del Garda, come fino al gennaio 2006 sapevano in pochi, ospita anche uno di quei folkloristici figuri della Lega Nord ai quali purtroppo ci siamo abituati. È stato assessore comunale e segretario locale del partito, e da buon militante ha voluto “sperimentare sul campo” la nuova legge sul tiro a segno fortemente voluta dai padani (da quelli che sbandierano chissà perché di essere padani, e gli altri?). L’ha fatto nel migliore stile del villettaro sparacchiatore: vista un’ombra stagliarsi contro la tapparella, ci ha scaricato sopra 14 (quattordici) “pillole di piombo” del grosso calibro che si tiene sotto il cuscino o nei paraggi. A duecento metri dalla sacra villetta, poi, è stato trovato il bersaglio (ex) mobile. Un albanese.

Che dire? Magari, parafrasando Don Siegel, “ Ce l’ho di piombo, ispettore Callaghan”. Oppure proponendo a Gardaland di arricchire l’offerta delle attrazioni con un’area tematica “ Gli eroi di Villa Apache”, con bersagli mobili importati direttamente dai CPT? Si potrebbe magari suggerire addirittura la specializzazione del parco tematico in questo segmento di mercato, cambiando il marchio da Gardaland a Legaland (la mascotte è già una bestiolina verde).

In attesa che qualcuno metta a frutto l’idea, confesso per il momento: l’immagine è composta da 1) il marchio di Gardaland a ricordare il toponimo; 2) un gruppo di fieri bifolchi dello Wyoming dipinto da Larry Edgar ; 3) la scritta in basso è una opinione personale del
sottoscritto
(f.b.)

Qui un commento sul tema di Erri De Luca

Anche te alla Usl, Cippa? "Sì, mi faccio un bel lifting ai coglioni". Per quanto metafisico, Cipputi è un operaio, e quando vuole parla rude. In questa vignetta databile intorno al 1990 c'è una sintesi fulminea di vecchio e nuovo. Cipputi, alla fine del Secolo Breve, è un fossile della storia, testimone di un ceto, la classe operaia, messa ai margini dal terziario avanzato e dalla globalizzazione. Al tempo stesso l'intellettuale che si nasconde in lui, infiltratovi dall'autor in fabula, Altan, è un anticipatore di tendenze, un sociologo istantaneo dell'evoluzione del costume italiano. E con quel suo lifting alle 'private parts', come direbbe T. S. Eliot, profetizza interventi di chirurgia estetica (dermato e tricologica) di ben altra rilevanza istituzionale.

Prossimo ai trent'anni (la prima sua comparsa su 'Linus' è del 1976) Cipputi si fa festeggiare con un libro che è una meraviglia: 'L'Italia di Cipputi', appunto, edito dai Super Miti Mondadori, a cura di Edmondo Berselli. Il quale Berselli ha un merito doppio: avere preservato ai lettori, nella logica del 'the best of' (o 'the essential'), il meglio della saga cipputiana, quasi Altan fosse Miles Davis, un fenomeno di culto della tarda modernità; e avere collocato criticamente il filosofo in tuta blu in un ciclo della storia politica italiana che inizia col mancato sorpasso del Pci sulla Dc e finisce con l'avventura di Berlusconi e la crisi della Costituzione repubblicana. È segno dell'acutezza del curatore aver posto a pagina 410, l'ultima, questa battuta. Collega indignata: "La Costituzione è uguale per tutti". Cipputi: "Andiamo giù pesante, eh?".

Ma è troppo facile lodare su 'L'espresso' un libro del disegnatore satirico de 'L'espresso' curato da un noto opinionista de 'L'espresso'. Quindi, in puro stile 'L'espresso', avvertiamo che Berselli in un punto, un punto politicamente rilevante, non convince. Quando dice che Altan è con tutta evidenza "uno della vecchia guardia", "un oltranzista, un massimalista". "Oppure, semplicemente, un comunista". Altan un comunista?

Qui si addensano nubi. Qui c'è da discutere. È corretto, nella logica dell'interpretazione, attribuire all'autore la posizione ideologica del personaggio? Umberto Eco, altro noto opinionista de 'L'espresso', argomenterebbe che no, è un illecito ermeneutico fare questa sovrapposizione, scomoderebbe Tzvetan Todorov, Roman Jakobson e i suoi studi sulla narratologia. E sospettiamo che Eugenio Scalfari, de 'L'espresso' non solo opinionista, ma cofondatore (qui da noi i giornalisti normali sono circondati) intravveda in Altan ascendenze, più che leniniste, azioniste e giacobine. L'autore di queste righe si limita a porre una domanda. Può mai essere comunista Francesco Tullio-Altan, il creatore del cane Pimpa e di Kamillo Kromo, un signore che vive appartato in una vecchia casa di Aquileia (Udine), ascolta in silenzio il trombettista jazz Enrico Rava, e non frequenta salotti, terrazze e giornalisti? No che non può. Quando mai si è visto un comunista italiano che non frequenti salotti, terrazze e giornalisti?

Bene, il dibattito è lanciato. Back to Cipputi, direbbe Cipputi. In lui leggiamo meravigliosamente la cosiddetta anomalia italiana, la sua distanza dal 'paese normale' (per citare un politico, D'Alema, che ama Altan non sempre riamato), la sua tumultuosa modernizzazione. Berselli stesso offre al lettore, attraverso acute introduzioni ai singoli capitoli che richiamano gli eventi politici e le emergenze sociali che ispirano i caustici dialoghi del metalmeccanico con gli occhiali, la doppia lettura che è poi la forza vera del personaggio: testimone del tramonto della classe operaia, ma anche dell'alba del postmoderno e del post-industriale. "Siamo i nouveaux ouvrié, è l'ultimo grido", azzarda il Cippa, orecchiando André Glucksmann. E un'altra: "L'operaio-massa va in soffitta, Cipputi", ammonisce il tecnico in camice bianco, sotto braccio le tabelle dell'ottimizzazione. "C'est la vie, quadro-massa. Auguri", risponde Cipputi. E ci ricordiamo di Toni Negri.

Cipputi attraversa l'Italia di oggi. C'è tutto, nelle sue battute. La questione morale da Berlinguer a Mani pulite, l'ascesa del craxismo, la parabola degli Agnelli, le ipocrisie della Dc, il teatrino minore dei Goria, dei Martelli e Bertinotti, l'egemonia linguistica della tv, il neoconsumismo. Cipputi, sì, negli anni Settanta dell'eurocomunismo era comunista (eppure nel libro la parola 'comunista' non compare quasi mai). Ma la sua posizione vera sta a pagina 369: "Non posso crederci, però soffro", confessa una tuta blu leggendo qualche turpitudine sul giornale. "È il dramma di noi vetero onesti", scolpisce Cipputi.

Vetero, sì. Ma vetero onesto. Questo a noi pare il punto chiave della metafora Cipputi. Da artista, infatti, più che con altri autori italiani di satira che disegnano sui giornali, Altan merita di essere confrontato, per rilevanza sociologica, intensità morale e qualità letteraria, con colleghi creatori di veri mondi poetici come l'americano Art Spiegelman o la franco-iraniana Marjane Satrapi. Autori che possiamo considerare, come Miles Davis, 'modern classics', classici moderni. Forse è il caso, nell'occasione di questo libro così bello, di andare oltre il politicismo.

Craxi e i socialisti compaiono più della Dc, nelle battute cipputiane, in ben 40 pagine delle 350 che coprono quella fase della vicenda italiana; Berlusconi, in proporzione, è ancora più presente (in otto disegni su 45 pagine del decennio post 1994, il 17,7 per cento). Dei politici italiani i due più citati sono quelli che hanno avuto più guai giudiziari. Quanto al resto, Cipputi coglie tutto sul nascere, il bello e il brutto: i calciatori che si vendono le partite, Tangentopoli, la moda, la filosofia, il cinema (dalla "tuta di Armani" al Mulino Bianco a "Nove legislature e mezzo" citando Adrian Lyne), Agnelli e i nipoti, pettegolezzi e ruberie, burinate e turbamenti.

Tuta blu: "Malgrado tutto il Paese regge, Cipputi". Risposta: "Ci ha la calda ansia di vivere, Filetti". Ebbene no: la saga di Cipputi non è una saga operaista, è un 'conte moral', un grande racconto morale. Berselli, acutamente, parla di "realismo pessimista". Qui ci spingiamo oltre. Altan è un moralista, un moralista della tarda modernità.

Egli è figlio dell'antropologo culturale Carlo Tullio-Altan, che nel suo libro 'La nostra Italia', del 1986, addebitava agli italiani "un rifiuto totale, addirittura rabbioso, di ogni impegno morale". Questo è l'imprinting. E allora, forse, Altan va collocato in una linea ideale di grandi autori moralisti, di grandi scettici. Il modello più alto potrebbe essere il Montaigne degli 'Essais'. Tra quelli più prossimi intravvediamo qualcosa di Piero Gobetti, di Ennio Flaiano, di Giorgio Bocca. Il Gobetti che deplorava l'Italia come "paese di cortigiani", prono ai demagoghi "nello stile più paesano e giocondo". Il Flaiano dolceamaro del 'Frasario essenziale'. Quando Cipputi definisce Spadolini "l'uomo per tutte le mezze stagioni" non è puro Flaiano? E quando Flaiano scrive "Oggi il cretino è specializzato" o "Molto rumore per tutto" non è puro Cipputi? Questo è il passo degli anti-italiani: che sono gli italiani feriti nel loro amore per l'Italia.

Operaio al laminatoio: "Rubano come dei pazzi, Cipputi". E lui: "Speriamo si facciano una overdose". Questa vignetta fu pubblicata venticinque anni fa. Sembra di oggi.

Sì, Cipputi è vetero. Vetero onesto. Un italiano di minoranza.

La galleria d'immagini è raggiungibile qui. Cliccando su ciascuna immagine ottenete un suo ingrandimento

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Le immagini sono qui

«Inammissibile! La tortura non ha mai fatto parte dei nostri valori», dice Bush seduto sulla sedia elettrica. Serguei su «Le Monde» dopo lo scandalo delle torture in Iraq

Depression Hits Robinson Crusoe's Island by Mrs. Mary Atterbury

"Friday," said Robinson Crusoe, "I'm sorry, I fear I must lay you off."

"What do you mean, Master?"

"Why, you know there's a big surplus of last year's crop. I don't need you to plant another this year. I've got enough goatskin coats to last me a lifetime. My house needs no repairs. I can gather turtle eggs myself. There's an overproduction. When I need you I will send for you. You needn't wait around here."

"That's all right, Master, I'll plant my own crop, build up my own hut and gather all the eggs and nuts I want myself. I'll get along fine."

"Where will you do this, Friday?"

"Here on this island."

"This island belongs to me, you know. I can't allow you to do that. When you can't pay me anything I need I might as well not own it."

"Then I'll build a canoe and fish in the ocean. You don't own that."

"That's all right, provided you don't use any of my trees for your canoe, or build it on my land, or use my beach for a landing place, and do your fishing far enough away so you don't interfere with my riparian rights."

"I never thought of that, Master. I can do without a boat, though. I can swim over to that rock and fish there and gather sea-gull eggs."

"No you won't, Friday. The rock is mine. I own riparian rights."

"What shall I do, Master?"

"That's your problem, Friday. You're a free man, and you know about rugged individualism being maintained here."

"I guess I'll starve, Master. May I stay here until I do? Or shall I swim beyond your riparian rights and drown or starve there?"

"I've thought of something, Friday. I don't like to carry my garbage down to the shore each day. You may stay and do that. Then whatever is left of it, after my dog and cat have fed, you may eat. You're in luck."

"Thank you, Master. That is true charity."

"One more thing, Friday. This island is overpopulated. Fifty percent of the people are unemployed. We are undergoing a severe depression, and there is no way that I can see to end it. No one but a charlatan would say that he could. And if any ship comes don't let them land any goods of any kind. You must be protected against foreign labor. Conditions are fundamentally sound, though. And prosperity is just around the corner."

[First appeared in the Industrial Worker, Feb. 9, 1932; text taken from Joyce L. Kornbluh, ed., Rebel Voices: An IWW Anthology, Ann Arbor, Michigan State Univ. Press, 1964]

Jésus mourut sur la croix le vendredi à 15 heures. Le samedi, à 8 h 30, une mission de l'Union Européenne arrivait à Jérusalem pour une évaluation ex post du projet "Bethléem" qui avait duré 33 ans. Elle était composée d'un sociologue, d'un économiste et d'un expert en religion, chef de la mission.

Le sociologue s'intéressa à l'évolution des rapports sociaux induits par le projet et à l'émergence de nouvelles structures sociales. Il eut beau creuser en tous sens, il ne pût mettre en avant un quelconque impact sérieux du projet. Certaines manifestations sociales avaient effectivement eu lieu durant le projet mais elles étaient manifestement circonstancielles, suscitées et portées par le projet lui-même. Il appuya son analyse sur un ensemble de critères objectivement vérifiables qui en garantissaient la justesse :

–connaissance de la doctrine : 7,12 %

–taux de population adhérant à la doctrine : 5,33 %

–taux d'insatisfaits : 86,33 %,

–structures créées : 0

–pratiques sociales modifiées : 0

–nombre de cérémonies couramment pratiquées : 0

–nombre de disciples proches : 12 (puis finalement 2).

L'économiste, de son côté, fut effaré de constater que tous les critères vérifiables restaient obstinément sur le zéro : montant du chiffre d'affaire, taux de retour à 5 ans et 10 ans, nombre d'entreprises créées, nombre d'emplois créés. Les seuls chiffres non nuls, qui figuraient dans son rapport, étaient constitués par le montant des dépenses directes (33 ans de fonctionnement) et les coûts d'accompagnement (12 apôtres pendant 3 ans et 26,3 regroupements moyens de 950 personnes équivalent à 260,33 années de salaire de journalier agricole).

L'expert en religion était le plus concerné car l'objectif principal visait à susciter une nouvelle religion. Certes il avait été projeté que celle-ci aurait des retombées sociales et économiques, mais l'essentiel était bien l'évolution religieuse et doctrinale. Il rencontra les prêtres, l'administration et les pratiquants juifs de base. Il montra, via cinq critères objectifs, que cette religion n'en était pas une :

– adeptes : 0,

– clergé : 1 seul membre de type 1 et 10 de type 2,

– livres sacrés : 0,

– martyrs : 1,

– cohérence interne de la théorie : -20 % (du fait de contradictions internes importantes).

Le qualificatif de secte ne fut pas retenu vu le trop petit nombre d'adeptes et il classa le "mouvement" potentiel né dans le cadre du projet dans le type 6 : "initiative individuelle limitée à l'entourage".

Le rapport d'évaluation fut assez sévère. L'opération fut jugée objectivement sans impact, incapable de mobiliser les populations et de leur apporter espoir et soutien, sans capacité de création de chiffre d'affaire ou d'emplois. Le problème à résoudre avait été mal identifié : les gens n'avaient pas besoin d'une nouvelle religion dans la mesure où ils étaient déjà servis, soit en mono soit en poly théisme.

La principale recommandation visait à abandonner ce type d'objectif. Le rapport critiquait assez sévèrement le bureau Jean Baptiste qui en avait fait l'identification et qualifia le document de projet de "tissu de convictions personnelles non étayé par une analyse sérieuse et objective de la réalité".

La mission retourna à Bruxelles faire son débriefing, avec la satisfaction d'avoir fait progresser la méthodologie du programme PESCHÉ (Programmes d'élévation spirituelle et culturelle de l'humanité en évolution), une légère amertume aux lèvres toutefois en pensant à ces fonds gaspillés qui ne contribueraient en rien à faire évoluer l'organisation sociale et religieuse de l'humanité.

La profession d'expert en élévation était parfois bien décourageante !


"... a questo punto e con il rincrescimento di dover comunque contribuire ad una sceneggiata sono dovuto intervenire per precisare"

"... il 'punto di vista della sinistra' sul governo del territorio, rischia di arrivare in ritardo; come al solito consentendo agli imbonitori del Far West di continuare a vendere il loro elisir di lunga vita in assenza di una indispensabile riforma urbanistica"

"... mentre nel West i venditori di elisir venivano regolarmente impeciati ed impiumati, il nostro, cambiando di volta in volta cappello, gira ancora per le piazze, invero sempre più piccole e sempre meno affollate, ma qualche dollaro (incarico) ancora lo rimedia comunque, soprattutto nelle zone della sinistra d’annata, dura, pura e ricca"

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