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Tasse ai ricchi per salvare le coste sarde
25 Novembre 2008
La Sardegna di Renato Soru
Non sono molti quelli che appoggiano la giusta iniziativa della Giunta Soru di passare dalle parole ai fatti. Il manifesto è tra questi: due articoli di Guglielmo Ragozzino e di Pierluigi Sullo, del 28 luglio e del 2 agosto 2007

28 luglio 2007

Di Sardegna il mare e il suol...

di Guglielmo Ragazzino

La cosiddetta tassa Soru, che prende nome dal presidente della Sardegna, consiste in un'imposta regionale sulle seconde case ad uso turistico. Fino a tre chilometri dal mare si pagano 9 euro al metro quadro per alloggi fino a 60 metri e poi la tariffa sale per le case più grandi. Una casa di 60 metri quadri è così tassata per 540 euro; Silvio Berlusconi, sempre grandioso, ha invece calcolato di subire il carico maggiore: 50 mila euro. Per le case più vicine al mare, meno di 300 metri, è prevista una sovrimposta del 20%.

La «tassa Soru» non è apprezzata dal governo di Roma che la ritiene doppiamente illegittima, sul piano costituzionale. C'è un conflitto tra stato e regione in materia tributaria ed è messa a rischio l'uguaglianza dei cittadini. Il governo si è rivolto alla Corte una prima volta l'anno scorso, e il giudizio è pendente. Ha deciso di rifarsi sotto quest'anno, impugnando la legge e le modifiche apportate da Renato Soru nel maggio 2007.

E' una materia spinosa che si è ripresentata in un brutto frangente... e così ieri venerdì 27 luglio, quando alle 9,45 del mattino si è riunito il consiglio dei ministri, con un'agenda densa di decisioni da prendere, di nomine da fare, il tempo era veramente poco. Il comunicato ufficiale è trascritto in sei pagine; e per arrivare alla questione Soru si deve arrivare all'ultima che trascriviamo integralmente. «Il Consiglio, infine, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, Linda Lanzillotta, ha esaminato alcune leggi regionali a norma dell'art. 127 della Costituzione. La seduta ha avuto termine alle ore 11,00.» Un consiglio dei ministri con la mente altrove, con altro da pensare per occuparsi di ambiente e beni comuni, di mare e libertà, di uguaglianza e ricchezze.

I temi presenti nella questione del mare di Sardegna e del federalismo fiscale, della costa e dei suoi padroni, delle case e dei sardi emigrati, sono tutti compressi nel richiamo all'articolo 127 della Carta. L'anno scorso, nel presentare la tassa, Soru ha detto che essa «si fondava sull'uso dell'ambiente, una risorsa pubblica scarsa». E aggiungeva che il tentativo era di «portare avanti un progetto di sviluppo del turismo; ma di un turismo sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale». Sul problema del non rispetto eventuale dell'articolo 3 della costituzione, relativo all'uguaglianza tra i cittadini, i sardi, gli immigrati in «continente», i loro figli, Soru dichiarava la volontà di tenere aperta la discussione.

Infatti la soluzione adottata piace poco ai sardi ed è sempre avversata dal governo di Roma. Ma se esso intenda difendere l'uguaglianza, sia pure astrattamente intesa, dei cittadini di fronte al mare, oppure i diritti dei ricchi che il mare pensano di averlo comprato per sempre, forse non lo sanno neppure a Palazzo Chigi. Per ora, intanto, due su tre dei tassati non pagano, in attesa che una specie di condono li premi ancora una volta.

2 agosto 2007

La spia accesa sarda e i vandali di governo

di Pierluigi Sullo

Il manifesto ci ha fatto una prima pagina: scelta molto azzeccata. L'impugnazione da parte del governo della cosiddetta «tassa sul lusso» della Sardegna è un riassunto dell'atteggiamento del centrosinistra - la parte «coraggiosa» - sui temi del cosiddetto sviluppo. In altre parole, è la conferma di quanto il precipitare della crisi ambientale, lo stato di degrado in cui è il nostro assetto idro-geologico, il disastro della cementificazione e privatizzazione delle coste (che è all'origine dell'«emergenza incendi»), lo spettro della crisi idrica che sta ammazzando il Po, tutto questo sia ignorato dall'attuale governo. Anzi, ogni provvedimento (o non provvedimento) concorre a aggravare la situazione.

La legge sarda non si propone solo di far pagare un'imposta ai ricchi, quelli che hanno grandi barche o aerei privati, ma soprattutto di chiudere un cerchio che si è aperto con l'approvazione del piano paesistico regionale che proibisce nuove costruzioni a meno di tre chilometri dalle coste. Quel divieto salva il salvabile, dopo l'allegro saccheggio iniziato dall'Aga Khan in Costa Smeralda decenni fa, e permette all'isola di continuare a vendere la sua «merce» turistica, che altrimenti semplicemente si esaurirebbe. Ma in compenso, dice il presidente Soru, noi chiediamo ai non residenti, a coloro che posseggono una seconda casa e la usano uno o due mesi l'anno, di contribuire al salvataggio delle coste. Anche a loro vantaggio, perché non costruire più nulla darà ovviamente maggior valore a quel che c'è già.

Ora, che il governo si opponga in nome dell'esclusivo potere dello stato di imporre tasse (dopo tante fesserie sul federalismo) e dell'«eguaglianza dei cittadini» (quando è noto che la tassazione progressiva, e quella sarda lo è, è una delle basi dello stato moderno) è più che grottesco: è pericoloso. Perché suona inequivocabilmente come un incitamento ai trafficanti di cemento, tant'è vero che la destra sarda sta esultando, oltre a invitare a non pagare la famosa tassa (quasi il 50 per cento di chi dovrebbe, per altro, ha già pagato, perché evidentemente i cittadini sono più intelligenti dei loro ministri).

Ma appunto questa storia della Sardegna è l'ennesima spia rossa accesa sul cruscotto dell'automobile modello Italia. Lasciamo stare per una volta la Tav, che è troppo facile. Che dire di una Regione, come l'Umbria, che allo stesso tempo proclama lo stato di calamità a causa della scarsità d'acqua, e poi autorizza Rocchetta a utilizzare un pozzo che ammazzerebbe definitivamente un fiume, il Rio Fergia, così che tocca ai cittadini locali accorrere al suono delle campane per fermare le ruspe? E che dire di un parco nazionale, come quello del Gargano, dove le fiamme hanno divorato boschi e ucciso persone, che si oppone all'abbattimento di centinaia di case abusive e non fa una piega quando si vuole costruire un mega-hotel e centro commerciale in zone protette?

O di un'altra regione, il Lazio, dove lobby multiformi si agitano per ottenere il maggior numero possibile di inceneritori, solo perché sono resi assai convenienti dagli scandalosi Cip6 (la quota che tutti noi paghiamo nella bolletta per fonti rinnovabili fasulle e velenose come gli scarti del petrolio o i rifiuti, appunto), mentre il comune di Roma ha una ridicola quota di raccolta differenziata, il 20 per cento, e viene perciò premiato da Legambiente?

A Vicenza aspettano a pié fermo le ruspe che dovrebbero costruire la nuova base militare.

Se ci sono drammi sulle pensioni, la precarietà e il welfare (e ci sono), suggerisco alla sinistra di prendere nota di questi altri drammi. Il malessere sociale ha molte facce.

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