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Anna Maria Bianchi Missaglia
Piano di assetto del Parco naturale dell'Appia Antica: perché noi siamo contrari
2 Luglio 2018
Pagine di cronaca
Emergenza cultura, 1 luglio 2018. L'Appia Antica è sia un'area archeologica sia un'area naturale protetta. La Regione Lazio sta per approvare il piano del parco naturale, ma senza coordinarlo - come invece dovrebbe - con il piano paesaggistico. (m.b.)

Emergenza cultura, 1 luglio 2018. L'Appia Antica è sia un'area archeologica sia un'area naturale protetta. La Regione Lazio sta per approvare il piano del parco naturale, ma senza coordinarlo - come invece dovrebbe - con il piano paesaggistico. (m.b.)

Non siamo contrari al Piano d’Assetto del Parco dell’Appia Antica. Siamo contrari alle modalità con le quali è stato condotto il processo della sua approvazione. Senza il necessario adeguamento al Piano Territoriale Paesaggistico Regionale (PTPR), che secondo il Codice dei Beni culturali è sovraordinato, con il rischio di sovrapposizioni, conflitti di competenze, contenzioso con i privati che non può che danneggiare un bene collettivo unico al mondo. Un luogo straordinario che abbiamo ricevuto in prestito grazie all’impegno di tante persone che si sono battute prima di noi, a partire dal grande Antonio Cederna, che dobbiamo proteggere e conservare per chi verrà dopo di noi.

Ai primi di luglio 2018 arriverà in Consiglio regionale del Lazio una Proposta di Deliberazione per l’ “Approvazione del piano del Parco naturale Appia Antica – Roma di cui all’art. 26 della legge regionale 6 ottobre 1997, n. 29 «norme in materia di aree naturali protette regionali» e successive modifiche ed integrazioni“. Una Proposta che a molti può sembrare un’iniziativa senza controindicazioni, anzi virtuosa, dato che riguarda un atto di pianificazione di un bene pubblico, un Parco naturalistico che contiene uno dei più grandi e importanti Parchi archeologici del mondo. O, meglio, un Parco archeologico che è anche un Parco naturale. Ed è proprio qui che sta il punto, quello che dovrebbe consigliare a degli amministratori scrupolosi che abbiano a cuore l’interesse pubblico di rimandare l’approvazione di questo Piano di Assetto. Perché nello stesso spazio insistono due realtà diverse e divise, dal punto di vista delle competenze e soprattutto delle responsabilità decisionali: il Parco dell’Appia Antica – l’ area archeologica, gestita dalla Soprintendenza, cioè dallo Stato, il Ministero dei Beni culturali – che chiameremo “Parco archeologico” – e il Parco naturalistico – gestito dalla Regione Lazio attraverso l’Ente Gestione Parco – che chiameremo “Parco regionale”. Una dicotomia che si rispecchia negli strumenti della pianificazione territoriale: da un lato il Piano Territoriale Paesaggistico Regionale (PTPR) , adottato nel 2007 e non ancora approvato (2), ma del quale è già stato approvato nel 2010 il Piano Territoriale Paesistico (PTP) di Roma 15/12 “Valle della Caffarella, Appia Antica e Acquedotti”, dall’altro il Piano di Assetto dell’Ente Parco, adottato nel 2002.

Una sovrapposizione che, per il raggiungimento dell’obiettivo comune della migliore tutela e organizzazione del Parco dell’Appia Antica, richiederebbe una più chiara divisione dei compiti e degli ambiti di intervento, con la tutela del patrimonio paesaggistico e archeologico da un lato, e quello dell’ecosistema naturale dall’altro, conformati tra loro nella pianificazione e con una gestione attraverso organismi e strumenti armonizzati e condivisi. Tuttavia va detto che il Codice dei Beni culturali del 2004 ha stabilito che il Piano Paesaggistico è sovraordinato al Piano d’Assetto del Parco e tale assunto è ormai suffragato dalla giurisprudenza costituzionale. Invece, drammaticamente, assistiamo ancora oggi al tentativo – che purtroppo andrà a buon fine tra il tripudio di chi non ha approfondito tutte le implicazioni della Proposta – di ignorare quanto stabilito dal Codice – una conquista per la difesa del il patrimonio storico e il paesaggio – approvando un Piano di Assetto non armonizzato al Piano Paesaggistico.

Continuando a perpetuare incroci di ambiti e competenze, con due Piani – Paesaggistico e d’assetto – che, come scrive nel 2014 Luca De Lucia, “perseguono finalità sostanzialmente simili, fannno riferimento a identici valori storici e culturali e possono incidere sugli stessi beni e attività“. In pratica “due piani generali di area vasta con finalità di tutela ambientale e paesaggistica” che possono creare “potenziali incertezze (e dunque motivi di conflitto) nei rapporti tra le amministrazioni preposte alla gestione dei diversi vincoli, ma soprattutto per i cittadini e gli operatori economici (e quindi motivi di contenzioso innanzi al giudice amministrativo), al quale è rimesso il compito di risolvere le antinomie tra i due strumenti di pianificazione“.

E non si tratta di una semplice questione burocratica o del solito tignoso confitto di poteri tra enti. Basti pensare alle differenze tra i due Piani, a partire dai criteri e dal disegno della zonizzazione: infatti, a parità di scala, mentre il PTP (Piano Territoriale Paesistico) traccia una rappresentazione assai particolareggiata, con prescrizioni dettagliate e differenziate per singole sottozone, la pianificazione adottata dal Piano del Parco Regionale individua cartograficamente le aree di maggiore interesse naturalistico-ambientale- archeologico -insediativo con una zonizzazione a maglia più larga nelle zone di protezione.

Luca De Lucia propone, per superare le ambiguità e “garantire l’attuazione dei principi di semplificazione e di coerenza dell’azione amministrativa… di integrare il Piano paesaggistico con i contenuti del piano per il parco sopprimendo le funzioni pianficatorie oggi imputate all’ ente di gestione [regionale]” ridisegnandone contemporaneamente le attribuzioni, affidando all’Ente Parco un ruolo più tecnico, legato all’ecosistema, per le informazioni, il monitoraggio, la promozione, e soprattutto la gestione e la protezione dell’habitat. In pratica, “mentre Comune, Regione e Stato, in questo campo, dovrebbero agire essenzialmente secondo le forme dell’attività amministrativa autoritativa (pianificazione, autorizzazione, ordini ecc) gli enti parco sarebbero invece chiamati a gestire la complesità naturalistica“. E conclude Luca De Lucia: “non è dalla rivalità tra paesaggio e ambiente, o dal semplice ritorno al passato, che possono derivare soluzioni ottimali ai problemi di tutela di rilevantissimi interessi pubblici”.

E il sospetto che il Piano d’Assetto del Parco regionale dell’Appia Antica che sta per essere approvato vada invece all’indietro, cioè all’era precedente al Codice dei Beni culturali e del Paesaggio, è alimentato anche dal fatto che ci risulta essere stato redatto senza la necessaria armonizzazione con il Piano Paesaggistico e senza nemmeno la necessaria e costante intesa con la Soprintendenza.

Già nel 2002 l’allora Soprintendente Adriano La Regina, in un documento indirizzato all’allora Presidente Regionale Storace, ribadiva la sua contrarietà al Piano di Assetto, nel metodo e nel merito. A distanza di 15 anni – maggio 2017 – ci risulta che i rappresentanti della Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio del Ministero, dopo aver partecipato a numerose sedute del “tavolo tecnico” incaricato del “procedimento di conformazione ed adeguamento del Piano d’Assetto del Parco alle previsioni del Piano Territoriale Paesistico di Roma 15/12 Valle della Caffarella, Appia Antica e Acquedotti“, abbiano inviato una nota all’Assessore regionale all’urbanistica – allora Michele Civita – e alla Direzione Territorio, Urbanistica e Mobilità del Lazio, in cui specificavano che “il pronunciamento circa la verifica di avvenuto adeguamento del Piano di Assetto ai sensi dell’art. 145 del Codice non potrà che avvenire successivamente alla stipula di detto accordo [citato nell’ art.143 del Codice secondo il quale “...il Piano è oggetto di apposito accordo tra pubbliche amministrazioni … che stabilisce altresì i presupposti, le modalità ed di tempi per la revisione...” NDR] e concludevano con la richiesta di “attivare con ogni possibile urgenza, un confronto con il coinvolgimento dell’Ente Parco al fine di pervenire, oltre che alla definizione di un perimetro del territorio ….congruente con quello del PTP (Pianto Territoriale Paesistico) 15/12, alla definizione di opportune forme di coordinamento delle procedure tecnico-amministrative per la gestione della tutela nel rispetto delle specifiche e rispettive competenze“ . A quanto pare, a tale richiesta non è stato poi dato seguito, visto che la vecchia (e nuova) Giunta Zingaretti ha poi proseguito nell’approvazione del Piano di Assetto, facendo anzi un nuovo passo che ha spinto il Ministero dei Beni Culturali a chiedere immediate precisazioni: infatti il 13 febbraio 2018 , pochi giorni prima delle elezioni, viene approvata la Legge Regionale n. 2 che modifica una legge regionale del 1998 con due articoli che sembrano comprimere ulteriormente il ruolo dello Soprintendenza e mettere a rischio le tutele. Il Fatto quotidiano dedicherà un articolo dal titolo “Due cavalli di Troia e la regione Lazio svende il territorio” in cui si parla di “rischio condono mascherato” e di “ristrutturazioni disinvolte, aperture di nuove attività, stravolgimento di manufatti storici che saranno più semplici, anche in aree delicatissime”. Il Presidente Zingaretti risponde al Ministero che le modifiche hanno introdotto una disciplina transitoria che vale solo fino all’approvazione definitiva del PTPR, che non si pone in contrasto con le disposizioni contenute nel PTPR, e impegnandosi a introdurre un’integrazione a dette modifiche “ai fini di assicurare la piena compartecipazione paritaria degli organi ministeriali nei procedimenti di aggiornamento del piano adotattato”.

Resta il fatto che la Giunta del Lazio porta oggi in Consiglio – il motivo della fretta sarebbe il rischio di un commissariamento per dare seguito a una sentenza del TAR sull’ampliamento di un struttura sportiva – un Piano di Assetto non conformato al PTP e al PTPR.
E il tema avrebbe richiesto un più allargato e informato dibattito pubblico, che per l’ennesima volta sembra risolversi con slogan trionfalistici riportati sui giornali che nulla dicono della complessità che dovrebbe essere affrontata con serietà e trasparenza.
L’ennesima occasione mancata, non solo per il centrosinistra del Presidente Zingaretti, ma, questa volta, anche per l’opposizione pentastellata “di lotta e di governo”, che appoggia la zoppicante maggioranza della Pisana. Come già per il Piano casa e per lo Stadio della Roma, il vero problema è che le vicende troppo complesse non trovano facilmente cittadini, giornalisti, consiglieri, disposti a fare uno sforzo per comprenderne a fondo la portata.

Anna Maria Bianchi Missaglia
Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com

nota
Sul sito dell'associazione Carteinregola e su emergenza cultura è possibile consultare il testo annotato, con i richiami alle leggi e alle delibere.

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