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Liana Milella
legittima difesa, si cambia si, ma, però...
7 Maggio 2017
Italiani brava gente
Articoli di Liana Milella e Andrea Colombo sulla goffaggine con la quale il parlamento a guida PD vorrebbe rendere più aggressivo il far west italiano e consentire l'assassinio dei presunti ladri a casa propria.
Articoli di Liana Milella e Andrea Colombo sulla goffaggine con la quale il parlamento a guida PD vorrebbe rendere più aggressivo il far west italiano e consentire l'assassinio dei presunti ladri a casa propria.

la Repubblicail manifesto. 6 maggio 2017


la Repubblica
LEGITTIMA DIFESA, SI CAMBIA
VIA DAL TESTO LA PAROLA NOTTE
MA AL SENATO VOTO A RISCHIO
di Liana Milella

«Renzi: basta errori e avanti con la legge. Grasso: “Meno male che c’è ancora la seconda Camera”. E Salvini minaccia il referendum»
L’ordine di Renzi è perentorio: «Sulla legittima difesa il Pd deve andare avanti perché la battaglia sulla sicurezza è strategica». Senza gli «errori» commessi alla Camera nelle ultime ore, togliendo dal testo subito l’espressione «tempo di notte», ma certamente senza mettere il ddl in un cassetto di palazzo Madama per dimenticarlo poi lì com’è avvenuto per tante altre leggi sulla giustizia. Renzi sa bene che i numeri del Senato sono ballerini per la maggioranza e che sarà necessario l’apporto dei verdiniani di Ala soprattutto dopo il deciso niet alla legge dei bersaniani di Mdp, ma è deciso ad andare avanti ugualmente.

Quando, a metà mattina, proprio il presidente del Senato Piero Grasso pronuncia una battuta chiaramente ironica e allusiva alla riforma costituzionale bocciata – «Diciamo meno male che c’è il Senato, se dobbiamo intervenire su questo tema, staremo a vedere le ulteriori proposte di modifica» – Renzi veicola ai suoi un messaggio chiaro che viene riassunto così: «Sulla sicurezza il Pd si gioca la prossima partita elettorale. La legittima difesa è una questione estremamente sentita dalla gente. La legge attuale non è né sufficiente, né adeguata, quindi dobbiamo andare avanti e cambiarla. Stavolta senza fare errori, né cedere a eccessivi compromessi». Come quelli che, invece, ci sono stati con i centristi di Alfano.

A 24 ore dal voto alla Camera, tra i renziani si apre la caccia al “colpevole”, a chi, pur di trovare un accordo con Alternativa popolare che minacciava di votare contro in aula, ha cambiato all’ultimo momento il testo della legittima difesa. Eh già, fanno notare adesso i Dem, perché fino a martedì sera, la legge che doveva andare in discussione non toccava affatto l’articolo 52 del codice penale, quello di Berlusconi e Castelli del 2006, cioè la legittima difesa vera e propria, ma un altro articolo, il 59 sulle circostanze in cui matura il reato.

Ma nell’ultima riunione di maggioranza, a poche ore dal voto, il ministro della Famiglia Enrico Costa, che ancora ieri difendeva la legge – «Non va cambiata, perché è sacrosanta» – ha puntato i piedi e preteso una modifica radicale della legittima difesa e dell’articolo 52. Il ministro Anna Finocchiaro, per evitare in aula una pesante spaccatura della maggioranza, ipotizza una possibile mediazione legislativa, che a quel punto mette d’accordo Pd e Ap. Il giorno dopo l’intero gruppo Dem, pur tra i mal di pancia degli orlandiani, la ratifica.

Dopo due anni di discussione parlamentare, per la prima volta, compare l’indicazione di un’irruzione “in tempo di notte”, oggetto di ironie politiche e scetticismo tra magistrati e giuristi. Ecco, ancora ieri, la bocciatura del presidente dell’Anm Eugenio Albamonte – «un intervento inutile» – e il suo invito «a cestinare il testo e lasciare le cose come stanno».

Ma è proprio questo che Renzi non è intenzionato a fare. Non vuole affatto fermarsi. Nelle stesse ore in cui il leghista Matteo Salvini ironizza sulla marcia indietro del Pd, «che vota una legge il giovedì per poi sconfessarla il venerdì», e lancia l’idea di un referendum per cancellare quella che battezza «una legge schifezza», Renzi chiede ai suoi di correggere e adeguare il testo.

Si muove subito un suo uomo, David Ermini, ex responsabile Giustizia del Pd e relatore della legittima difesa, che fa cadere il tabù del «tempo di notte ». «Se ci devono fare una campagna elettorale contro, noi lo togliamo» dice Ermini, anche se poi lui, la presidente Pd della commissione Giustizia Donatella Ferranti, il capogruppo Pd alla Camera Ettore Rosato, accusano la stampa di aver presentato la legge in modo distorto. Quelle parole – «in tempo di notte» – non escluderebbero affatto, secondo loro, che la legittima difesa sia possibile anche in qualsiasi ora della giornata quando un’irruzione in casa o nel luogo di lavoro avviene con violenza e inganno.

Dalla prossima settimana la battaglia si sposta al Senato. Mentre M5S tempesta il Pd con hashtag ironici, dal #legittimaignoranza di Vittorio Ferraresi, al #Renziinsegueivoti di Danilo Toninelli, al #legittimadifesanotturna di Alfonso Bonafede.

Il manifesto
SPARI ELETTORALI.
IL PD TRAVOLTO
DALLE CRITICHE E DAL RIDICOLO
di Andrea Colombo

«Legittima difesa. L’Anm boccia il testo. Grasso:«Meno male che c’è il senato». Renzi dà la colpa agli altri, cercando inutilmente il voto di Forza Italia. Ermini: “Via la parola notte”»

È peggio che un semplice disastro. La legge sulla legittima difesa affonda sommersa non solo dalle critiche ma anche dal ridicolo. La campagna securitaria decisa da Renzi con l’obiettivo di rubare voti alla destra si è risolta in una sgangherata rotta.I magistrati aprono il fuoco. «Intervento che non serviva e anche un po’ confuso», attacca il presidente dell’Anm Eugenio Albamonte. Non si ferma qui e affonda la lama nella carne viva: non bisognerebbe «assecondare gli umori» popolari, «meglio desistere dal mettere mano a questa normativa». Nella pattumiera.

Grasso, presidente di quel Senato che Renzi voleva abolire e al quale ora si raccomanda per modificare la legge, si gode la rivincita: «Meno male che c’è il Senato». Le opposizioni si divertono, non lesinano in sarcasmo. «Se questa legge passa raccoglieremo le firme per abrogarla col referendum», si allarga Salvini.

La legge, oltretutto, ha ottime probabilità di non uscire viva dall’aula del Senato. Renzi si è impegnato a modificarla, cioè a peggiorarla, nella speranza di raccattare i voti di Fi ma Berlusconi non ha intenzione di fargli il favore sacrificando la ritrovata intesa col Carroccio. Neppure gli scissionisti dell’Mdp cambiano idea e in queste condizioni una maggioranza al Senato non c’è.

Non sarà neppure facile cavarsi d’impiccio ricorrendo all’eterna arma del cassetto. La legge arriverà in commissione tra due settimane e per il Pd la cosa migliore sarebbe seppellirla lì. Più facile a dirsi che a farsi. All’origine si tratta infatti di una delle proposte di legge in quota opposizione. E’ una legge della Lega e se il Carroccio insiste per portarla in aula non c’è alternativa.

Ma il peggio è la rete. La vecchia sigla del programma cult di Renzo Arbore, Ma la notte no, impazza, vive una seconda giovinezza. Le battutacce si contano a centinaia. Inutilmente il relatore Ermini, fedelissimo del capo e reduce da una lavata di testa che lèvati, prova a correggere: «Toglieremo la parola Notte». Non ce ne sarebbe bisogno per la verità, «ma se serve a correggere un’opinione completamente stravolta…». Inutile. La slavina è irrefrenabile, il coro sull’assurda legge che permette di sparare ai malfattori ma solo di notte prosegue. Il povero Ermini in realtà ha ragione. La legge è pessima ma la distinzione tra notte e giorno è frutto solo di un pasticcio mediatico di un testo confuso, che però il gran capo conosceva bene.

Renzi aveva fiutato l’aria malsana già giovedì sera, navigando in rete e traendo le conclusioni dal diluvio di critiche e ironie pesanti che già s’abbatteva sulla legge. In questi casi il suo schema è fisso: addossare la colpa agli altri. Si attacca al telefono, strapazza Ermini: «E’ scritta così male che si comunica male da sé. Bisogna rimediare, cambiarla, sparigliare». Poi ordina al suo portavoce, l’onorevole Anzaldi, di chiamare quattro giornalisti fidati per spiegare che il capo è fuori di di sé: «Così non si può andare avanti. Manca una regia. Su questa strada andiamo a sbattere». Trattandosi di una proposta di legge nata in Parlamento e fatta propria dal partito di cui Renzi è segretario, con un suo uomo come relatore, non si capisce bene chi, se non Renzi stesso, avrebbe dovuto occuparsi della regia. Particolari. L’importante è scaricare ogni responsabilità su qualcun altro, meglio se sul governo. Al resto penseranno i media.

Quando per la legge arriverà il momento della verità, Renzi è già pronto a sfruttare come d’abitudine la situazione a proprio vantaggio, insistendo sull’impossibilità di andare avanti a fronte di un Senato dove le divisioni interne alla maggioranza non permettono più di procedere. Tanto più che, subito dopo la legittima difesa, arriveranno a palazzo Madama altri due provvedimenti modello Mission Impossible, la legge sul testamento biologico e quella sulla cittadinanza e lo ius soli.

Lo sgambetto del capo è stato preso malissimo dal governo, anche se tutti cercano di non rendere palese l’irritazione. La ministra per i rapporti col parlamento, Finocchiaro, incaricata di cercare una difficilissima mediazione sia con Fi che con i centristi della maggioranza, decisi a rendere il testo più severo di quanto non intendesse Ermini, si è ritrovata sul banco degli imputati e mastica amaro. Il ministro Orlando, che al provvedimento leghista era contrario dall’inizio, vede ancora più rosso, tanto che i suoi sbottano: «Siamo alla presa in giro. L’intervento di Renzi è insopportabile». Ma anche tra i capibastone della maggioranza Pd, Franceschini e Martina, l’umore è cupo. Si erano illusi che dopo la batosta del 4 dicembre Renzi fosse cambiato. In meno di una settimana si sono resi conto che non è così. Matteo Renzi è sempre lo stesso.

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