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Luca Martinelli
Dopo la legge, un impegno concreto contro il caporalato
27 Marzo 2017
Lavoro
«Se davvero vuole sconfiggere il fenomeno del caporalato, e cancellare le immagini della manodopera sfruttata nei campi di pomodori o intorno agli alberi di arance, l’Italia deve mettere al bando le aste “al doppio ribasso».

«Se davvero vuole sconfiggere il fenomeno del caporalato, e cancellare le immagini della manodopera sfruttata nei campi di pomodori o intorno agli alberi di arance, l’Italia deve mettere al bando le aste “al doppio ribasso».

Altreconomia online, 27 marzo 2017 (c.m.c.)
Terra! e FLAI Cgil scrivono al ministro dell’Agricoltura per chiedere un intervento in grado di fermare le aste “al doppio ribasso”, attraverso le quali vengono stabiliti i prezzi offerti alla grande distribuzione organizzata. La ricerca di fornitori sempre più a buon mercato rende difficile, se non impossibile, la tutela dei diritti nei campi.Se davvero vuole sconfiggere il fenomeno del caporalato, e cancellare le immagini della manodopera sfruttata nei campi di pomodori o intorno agli alberi di arance, l’Italia deve mettere al bando le aste “al doppio ribasso”, uno dei meccanismi utilizzati dalla grande distribuzione organizzata per scegliere i proprio fornitori.

La dinamica è semplice: la GDO fa sedere attorno a una piattaforma virtuale i propri fornitori chiedendo loro di avanzare un’offerta per una grande quantità di un certo prodotto; sulla base dell’offerta più bassa la GDO convoca successivamente una seconda asta on line che in poche ore chiama i partecipanti a rilanciare, con un evidente paradosso, per ribassare ulteriormente il prezzo di vendita di quel prodotto.

Per questo, secondo Terra! e daSud -promotrici della campagna #filieraSporca- e il sindacato FLAI della Cgil, «sebbene si presuma che questi meccanismi consentano al distributore di mantenere bassi i prezzi al consumo, risulta evidente che un sistema simile produce delle sofferenze economiche, scaricate sui fornitori e da questi ultimi sul settore produttivo e conseguentemente sui lavoratori». Questo scrivono, in una lettera inviata il 22 marzo al ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, Ivana Galli -della FLAI- e Fabio Ciconte -direttore di Terra!-.

Lo stesso Martina, infatti, nelle ultime settimane ha mostrato apertura nei confronti delle criticità che la campagna #filierasporca ha fatto emergere, a partire dalla pubblicazione del suo ultimo rapporto sulla filiera del pomodoro. E così le organizzazioni chiedono al ministro, tra i promotori della legge contro il caporalato, uno sforzo in più, per intervenire con «misure legislative volte a cancellare la pratica delle aste elettroniche inverse (così si chiama tecnicamente il meccanismo del doppio ribasso, ndr) nell’acquisto dei prodotti alimentari».

«Meccanismi come il sottocosto e le aste on line distruggono l’intera filiera dell’agricoltura, perché alterano alla base i rapporti tra grande distribuzione e consumatore, facendo pagare il costo più elevato all’ambiente e ai produttori, oltre ad aggravare le condizioni di sfruttamento dei lavoratori e il caporalato» ha spiegato Fabio Ciconte di Terra!, nel lanciare la campagna #ASTEnetevi.
FLAI Cgil e Terra! hanno scritto anche ad Auchan Italia, Carrefour Italia, Conad, Coop Italia, Crai, Despar, Esselunga, Eurospin, Interdis, Lidl Italia, Gruppo Pam Panorama, Selex, Sigma, Sisa, Sma Italia.

Sono i principali marchi della grande distribuzione presenti nel nostro Paese, e in molti casi fanno parte anche di importanti «centrali d’acquisto internazionali», che hanno sede fuori dall’Italia e fanno uso del meccanismo delle aste al doppio ribasso.

Queste centrali d’acquisto rappresentano una forma di cooperazione tra soggetti apparentemente concorrenti -i giganti della GDO-, e hanno l’obiettivo principale di accrescere il potere esercitato dai compratori sul mercato.
Secondo un recente report pubblicato da SOMO -centro olandese di ricerca sulle multinazionali- le maggiori centrali d’acquisto sarebbero in grado di spuntare dai fornitori ribassi ulteriori fino al 10% rispetto a quelli che potrebbe contrattare il singolo gruppo. Tra i marchi italiani, fanno parte di una delle maggiori centrali d’acquisto Coop Italia (il “gruppo d’acquisto” si chiama Coopernic, ha sede in Germania ed opera in 21 Paesi), Conad (fa parte di Alidis, che ha sede in Svizzera ed opera in 8 Paesi), mentre BIGS è la centrale d’acquisto che agisce in 11 Paesi europei per i licenziatari del marchio SPAR (Despar, in Italia).

SOMO ha riscontrato l’assenza di codici etici -in merito tanto a variabili di carattere sociale che ambientale- da parte delle prime cinque centrali d’acquisto europee, che hanno come clienti circa 35 marchi, per un fatturato complessivo di 600 miliardi di euro. La forza di questi soggetti, poi, non è solo quella contrattuale: alcuni fornitori, intervistati da SOMO, preferirebbero non dover collaborare con le centrali d’acquisto internazionali, per non offrire informazioni “sensibili” (come quelle relative ai loro costi) che saranno sicuramente condivise anche con le catene della grande distribuzione.

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