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Serena Giannico
Vittoria degli ambientalisti, chiude la piattaforma Ombrina
28 Luglio 2016
Invertire la rotta
«Abruzzo. Contro l’impianto petrolifero di fronte la Costa dei Trabocchi dal 2008 si battevano cittadini e comitati e Comuni

«Abruzzo. Contro l’impianto petrolifero di fronte la Costa dei Trabocchi dal 2008 si battevano cittadini e comitati e Comuni». Il manifesto, 28 luglio 2016 (c.m.c.)

«E’ la testa di un pozzo esplorativo, a cinque chilometri dalle rive dell’Adriatico, e a vederlo adesso fa anche tenerezza. E’ una montagna verticale di ferri verdi e rossi, di un paio di metri o poco più, che esce quasi spaventata dal mare. Incubo Fpso (unità galleggiante utilizzata per la produzione, lo stoccaggio e lo scarico di idrocarburi off shore, ndr), gli oleodotti, le navi cisterna, l’inquinamento da petrolio sono svaniti. E presto non resteranno neanche quei ferrami a ricordarcelo».

Così la ricercatrice Maria Rita D’Orsogna, originaria di Lanciano (Chieti) e che lavora negli Usa, che delle battaglie ambientaliste ha fatto una ragione di vita, racconta, in maniera quasi romantica, lo smantellamento della piattaforma petrolifera «Ombrina Mare 2» al largo della ridente Costa dei Trabocchi, in provincia di Chieti. La battaglia, contro il progetto e contro il greggio «a chilometro zero», dopo otto anni, vede la vittoria dei cittadini, dei movimenti ecologisti, dei comitati, di coordinamenti e Comuni, di sindacati e di decine di associazioni, con la loro opera di informazione, sensibilizzazione e mobilitazione, coronata dallo smembramento e dalla rimozione della piattaforma. Che sono in pieno fervore.

L’ufficialità è arrivata dalla Capitaneria di porto di Ortona (Ch) il 6 luglio con l’ordinanza 42/2016 con la quale si annunciava la «chiusura mineraria», tra il 12 luglio e il 12 agosto, di «Ombrina mare» ricadente nel territorio tra San Vito Chietino e Rocca San Giovanni. Smontaggio della struttura chiesto dalla società Rockhopper Italia Spa; autorizzata il 27 aprile scorso dal ministero dello Sviluppo economico, Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse ed effettuato mediante «l’utilizzo dell’impianto di tipo Jack-Up “Antwood Beacon” e dell’unità di supporto Mimì Guidotti CS 913».In questo lasso di tempo, – è l’ordine della Capitaneria – è vietato navigare e sostare in zona, a imbarcazioni e natanti, che devono mantenersi «ad una distanza di almeno 500 metri dal pozzo e da eventuali mezzi operanti». E’ proibito «praticare balneazione e comunque accedervi, effettuare immersioni e svolgere attività di pesca». La società dovrà invece porre «in atto qualsiasi misura atta a prevenire inquinamento e danni ambientali».

Era il 30 luglio 2008 quando la titolare della concessione, la società Mediterranean Oil and Gas, fu autorizzata al «posizionamento di una testa di pozzo in cima ad una monotubolatura», che emerge per circa 13 metri dall’acqua e dal pozzo di perforazione “Ombrina Mare 2”.

Il 28 febbraio 2014 è subentrata la Rockhopper Italia. Quindi, dopo lotte, cortei con 60 mila manifestanti giunti da tutta Italia, ricorsi alla magistratura, ecco ora le operazioni di rimozione, avviate il 19 luglio. «Mi sono affacciato sul molo – riferisce Marco D’Ovidio, ristoratore a San Vito, con locale di fronte ad Ombrina, e presidente della rete di imprese InTour-Unione Turismo Abruzzo – e mi sono trovato davanti quei mezzi attorno al pozzo. Un colpo al cuore. Che stava accadendo? Poi ho compreso: una sensazione meravigliosa».

«La lotta ha pagato – affermano Alessandro Lanci, presidente di Nuovo Senso Civico e Augusto De Sanctis, del Forum Acqua Abruzzo -. Invece dei pozzi, dei fumi e della meganave raffineria, tra qualche settimana avremo solo mare, il nostro mare liberato. L’Abruzzo unito, insieme a tanti altri movimenti solidali dalle altre regioni, è riuscito a vincere uno scontro campale. L’impegno, però, è quello di non abbassare la guardia, visto che sono in agguato altri progetti deleteri. Dunque, festeggiamo lottando».

«Con la rimozione dell’impianto – evidenzia Fabrizia Arduini, Wwf, autrice di numerosi dossier sulla vicenda – cala il sipario, anche plasticamente, su una storia che, a livello burocratico e procedurale, si era chiusa lo scorso febbraio, quando il Mise, negando alla multinazionale Rockhopper il permesso di fare ulteriori prospezioni sulla base delle norme contenute nella legge di stabilità 2016 (che vietano sondaggi e ricerche entro le 12 miglia dalla costa), aveva scritto, di fatto, la parola fine all’affaire off shore».

«Con Ombrina – sottolinea Maria Rita D’Orsogna – vengono sepolti i sogni, color petrolio, di Sergio Morandi, di Chicco Testa, di Confindustria Abruzzo, di Paolo Primavera, di Sam Moody e dei loro azionisti inglesi. Quante avventure, quante notti a coordinare, quante conferenze, quante domande per capire, quante idee per pressare la Chiesa, che si è schierata contro, e i politici spesso sordi, che hanno contato ben poco». E’ stata messa ko un’azienda petrolifera e fatto sì – anche con il referendum, con l’opera del costituzionalista Enzo Di Salvatore e del coordinamento No Triv – «che il Governo passasse una legge di protezione dalle trivelle antro le 12 miglia dalla riva».

«Sul sito internet di Rockhopper – conclude D’Orsogna – il termine “Ombrina mare” non compare più, e credo che sia il segnale che è proprio finita, anche per loro. Si sono arresi. Scompaiono». Bye bye Ombrina. A non rivederci più.

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