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Sergio Brenna
Il dibattito sugli scali e le occasioni per la città
5 Maggio 2016
Milano
Un interessante, approfondimento delle valutazioni strategiche, molto diverse tra loro, sul destino degli ex scali ferroviari milanesi: per completare l trasformazione della città in una macchina per arricchire gli straricchi o per renderla più bella, più equa e più sana?


Un interessante, approfondimento delle valutazioni strategiche, molto diverse tra loro, sul destino degli ex scali ferroviari milanesi: per completare l trasformazione della città in una macchina per arricchire gli straricchi o per renderla più bella, più equa e più sana? arcipelagomilano.org, 3 maggio 2016

I numerosi articoli sul destino degli ex scali ferroviari milanesi pubblicati sul numero della scorsa settimana di ArcipelagoMilano se, per un verso, testimoniano del largo interesse per tale vicenda, per altro verso meritano un approfondimento delle valutazioni strategiche assai diverse tra loro che vi si sono espresse.

Bruscamente interrottasi nel dicembre scorso con la mancata ratifica da parte del Consiglio comunale dell’Accordo di Programma predisposto dall’assessora De Cesaris e sottoscritto dal Sindaco con Regione Lombardia e FS la vicenda è al centro di divergenti valutazioni tra i candidati sindaci Sala e Parisi, da una parte – che vorrebbero riportarlo in approvazione tal quale il prima possibile – e, dall’altra Basilio Rizzo, che ne propone un sostanziale ridimensionamento del carico edificatorio se vi saranno realizzati anche i grandi parchi urbani o, a parità di carico edificatorio, la sua “perequazione” con la proprietà delle aree dove più utilmente quei parchi urbani erano già previsti negli strumenti pianificatori (Parco Sud, Parco Martesana, ecc.), lasciando sugli ex scali ferroviari solo il verde e i servizi di quartiere e alcuni grandi servizi urbani in corrispondenza dei punti di più alta accessibilità. Non è nota al momento la posizione del candidato sindaco del M5S, Corrado.

L’attuale assessore all’urbanistica Alessandro Balducci, pur ammettendo di averlo ricevuto completamente preconfezionato dalla precedente assessora Ada Lucia De Cesaris, comprensibilmente nel complesso lo difende dichiarandosi disponibile a ridiscuterne solo, da un lato, l’insufficiente quota di edilizia sociale e la sua localizzazione troppo “ghettizzata” in ambiti periferici, e, dall’altro, la necessità di una discussione approfondita sullo scenario complessivo dell’insieme degli scali in una visione di sistema nella città piuttosto che come singole occasioni di sviluppo, di cui tuttavia non specifica obiettivi concreti e definiti.

Giorgio Goggi, già assessore al traffico dal 1996 al 2000 nella Giunta Albertini, infatti, fa acutamente rilevare come«tutta la superficie degli scali è stata lasciata alla libera edificazione privata, con quel po’ di verde e di edilizia sociale che non si nega a nessuno» e che «peraltro, la densità prevista dall’accordo di programma sugli scali non è poi tanto moderata», mentre manca una visione di «una città in cui i grandi servizi (ospedali, università, uffici pubblici) sono collocati sulle linee ferroviarie passanti e sulle metropolitane, più centrali ma accessibili in tempi urbani anche da tutta la Città Metropolitana (e da buona parte della Regione)».

Anche Michele Monte rileva come «la negoziazione dell’accordo sul riuso degli scali, nelle sue diverse versioni, è stato fortemente condizionato dalla pressione svolta dalle società del gruppo RFI per la massima valorizzazione immobiliare di quelle stesse aree» senza considerare adeguatamente che «che queste aree, oltre a portare in dote straordinari valori di rendita urbana, se opportunamente pianificate con funzioni qualificate (in particolari di livello sovracomunale) potrebbero essere in grado di spostare quote importanti di mobilità sul trasporto pubblico, con effetti positivi sull’intero sistema facilmente immaginabili».

Infine Emilio Battisti osserva che «le aree liberate dal sedime ferroviario non possono ridursi a delle opportunità immobiliari oltretutto tra loro slegate, ma devono rappresentare l’occasione unica per avviare una nuova fase della trasformazione del territorio, dove i diversi sistemi (trasporto, ambiente, attività economiche) siano integrati un’unica strategia.Ciò potrà avvenire innanzi tutto attraverso la concentrazione dei nuovi insediamenti nei luoghi a elevata accessibilità, grazie all’offerta di trasporto pubblico alle diverse scale, quale modalità privilegiata e sostenibile per supportare lo sviluppo delle attività di una metropoli moderna in rapida trasformazione» e – pur senza mettere in discussione il dimensionamento complessivo di edificabilità e spazi pubblici – propone che «l’insediamento delle funzioni che richiamano elevata mobilità in prossimità delle nuove stazioni, in modo tale che la questione della maggiore o minore volumetria da insediare nelle aree degli ex scali non sia affrontata solo quantitativamente ma considerata caso per caso in relazione alla condizione dei contesti urbani di appartenenza».

A queste considerazioni manifestatesi su ArcipelagoMilano, per lo più critiche sulla mancanza di visione strategica, affianco quelle di Stefano Boeri che, a margine delle iniziative del Fuorisalone del mobile, ha illustrato la sua proposta “Fiume Verde” che sulle aree degli ex scali ferroviari di Milano propone l’obiettivo della realizzazione di grandi Central Park, analogamente a quanto fatto nell’800 a Manhattan e in altre città americane in occasione di dismissioni di aree infrastrutturali.

Concludo ora con alcune mie valutazioni al riguardo. Condivido, innanzitutto le critiche alla mancanza di visione strategica di quella bozza di Accordo con FS e la necessità, invece, di introdurvi opportune concentrazioni di grandi servizi pubblici e edificazioni in corrispondenza dei punti di più elevata accessibilità ferroviaria, ma non che ciò possa essere fatto indipendentemente dalle densità edificatorie complessive previste, che – come giustamente rileva Goggi – “non è poi tanto moderata”, anche se è circa la metà di quella dei PII e del PGT di Lupi e Masseroli, ma che non può considerarsi un termine di paragone ragionevole.

I nuovi investimenti in infrastrutture ferroviarie quali Circle Line (che serve al riequilibrio dei flussi di traffico in ambito urbano) e Secondo Passante (soprattutto se auspicabilmente con poche fermate urbane, mirando al decentramento e riequilibrio tra Milano/area metropolitana e poli regionali) sono auspicabili e necessari. Ciò che non è accettabile è sovraccaricare di edificazione il riuso degli ex scali ferroviari milanesi (come faceva la bozza di AdP della assessora De Cesaris bocciata in Consiglio lo scorso dicembre) in cambio di investimenti da parte di FS in queste infrastrutture.

Quanto alla suadente proposta di “Fiume Verde” Stefano Boeri, come ha già fatto per il suo Bosco Verticale a Porta Nuova, si dimentica di rilevare che con gli indici edificatori contrattati dall’ex assessora De Cesaris con FS gli edifici attorno ai suoi Central Park avrebbero densità persino superiori a quelle di Citylife e Porta Nuova. Con gli indici edificatori e gli spazi pubblici previsti dall’Accordo non ratificato dal Consiglio comunale, la densità fondiaria media arriverebbe al folle valore di 40 mc/mq, proprio come a Manhattan. Inoltre, in quell’Accordo ai 23 mq/abitante di parchi urbani corrispondono solo 6 mq/abitante di verde e servizi di quartiere (meno della metà dei 18 mq/abitante minimi inderogabili per legge e molto meno persino dei 16 mq/abitante realizzati a Citylife e Porta Nuova).

Vi sembra accettabile che gli abitanti di quei quartieri dovessero andare« “in gita ai grandi parchi territoriali” anche solo per portare i bambini a scuola o al parco giochi? Se, invece, si realizzassero come auspicabile 26,5 mq/abitante di servizi di quartiere, al verde territoriale resterebbero solo 3,5 mq/abitante, con buona pace dei Central Park auspicati da Boeri. Se sugli ex scali si vuol fare anche Central Park l’edificabilità di quelle aree deve scendere da 0,65 mq/mq a 0,45 mq/mq (altrimenti gli edifici finirebbero accatastati più che a Citylife e Porta Nuova); se, invece, si mantiene lo 0,65 mq/mq, cioè realizzando solo il verde e i servizi di quartiere, FS può pretenderne solo lo 0,45 e il rimanente 0,20 va “perequato” con le proprietà dove si realizzeranno i parchi urbani territoriali (Goccia/ex AEM, Parco Sud, ecc.).

Sono due strategie entrambe accettabili e da valutare confrontandone pro e contro caso per caso. Invece, dare tutto lo 0,65 ad FS (come voleva l’accordo non ratificato) con anche Central Park sarebbe un disastro! È il gioco delle tre tavolette e il Consiglio comunale ha fatto bene a bocciarlo e i cittadini farebbero bene a non votare Sala e Parisi che vogliono riproporlo tal quale.

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