In Italia solo cittadini e comitati si sono mobilitati per denunciare il grande inganno delle concessioni autostradali. Inascoltati si sono rivolti all'Europa, che ora interviene. Il Fatto Quotidiano
, 11 maggio 2016 (m.p.r.)
La politica di manica larga del governo nei confronti dei signori pubblici e privati delle autostrade insospettisce parecchio l’Europa. Margrethe Vestager, la commissaria per la Concorrenza, ha inviato a Graziano Delrio una raffica di lettere chiedendo spiegazioni su tutte le scelte autostradali più importanti del ministero dei Trasporti: quelle missive sono l’apertura di una campagna in grande stile. Le lettere riguardano la Brebemi, la A 4 Brescia-Padova, la A 22 del Brennero, le Autovie Venete e la Sat, la Società dell’autostrada tirrenica del gruppo Benetton che all’inizio di aprile ha aperto il tratto tra Civitavecchia e Tarquinia (19 chilometri) imponendo un nuovo pedaggio.
Due in particolare le scelte su cui la Ue concentra l’attenzione: la Brebemi (Brescia-Bergamo-Milano) e la proroga della A 4 Brescia-Padova incardinata sulla estensione verso nord fino a Trento della Valdastico che ora da Rovigo raggiunge solo Piovene Rocchette. Per la Brebemi (socio di riferimento Banca Intesa) la lettera della commissaria più che una richiesta di chiarimento è il preannuncio di una procedura di infrazione per violazione della concorrenza. Inaugurata a luglio 2014 l’autostrada padana si è rivelata un flop con un’intensità di traffico molto più bassa di quella prevista dal Piano economico e finanziario (Pef) fatto a sostegno della realizzazione dell’opera. Lo scompenso tra attese e realtà è stato così disastroso che dopo un anno il governo ha deciso (luglio 2015) di intervenire con una delibera del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) a favore della società di gestione con una defiscalizzazione del valore di circa 320 milioni di euro sulle tariffe applicate per i pedaggi. L’iniezione di liquidità non è piaciuta all’Europa, propensa a ritenere che quell’intervento sia aiuto di Stato.
Anche la proroga della concessione della A 4 Brescia-Padova sta mettendo sul chi va là l’Europa. Scaduta a giugno di tre anni fa, la concessione della A 4 era stata temporaneamente prorogata senza gara per 2 anni dall’allora ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, sulla base dell’impegno da parte della stessa A 4 di completare la Valdastico verso nord. Intorno a questo tracciato autostradale relativamente breve (90 chilometri) nel frattempo è stato ingaggiato un braccio di ferro durissimo.
La A 4 è controllata da Banca Intesa più Astaldi, molto interessati alla costruzione dei 90 chilometri perché a essi è collegata la possibilità di estendere per altri 10 anni la concessione della stessa A 4 aumentandone il valore proprio nel momento in cui è stata messa in vendita. Gli spagnoli di Abertis da mesi premono per acquistare e ieri Astaldi ha annunciato di aver venduto proprio agli spagnoli la sua quota del 31,85 per cento per 130 milioni di euro. Ma la chiusura formale dell’affare è stata rinviata per la terza volta, in questo caso a fine luglio, subordinandola all’approvazione da parte del Cipe della realizzazione della Valdastico Nord.
Ma c’è un terzo incomodo, la provincia di Trento, azionista di maggioranza della A 22 del Brennero, l’autostrada su cui dovrebbe innestarsi proprio a Trento la Valdastico Nord. La provincia di Trento quei 90 chilometri non li vuole adducendo un motivo ecologico: scaricherebbe troppo traffico sull’Autobrennero in prossimità della città. In realtà le motivazioni vere sono altre: la Valdastico non scaricherebbe traffico sulla A 22, ma glielo toglierebbe a sud per riconsegnarglielo più a nord. E la provincia di Trento non vuole perdere traffico perché i viaggiatori dell’Autobrennero sono oro. Così, dopo aver ottenuto dal governo il prolungamento di 30 anni della concessione per la A 22 (valore 11 miliardi di euro) promettendo il suo assenso per la Valdastico, ora la provincia di Trento fa melina. In Italia nessuno fiata, in Europa vogliono vederci chiaro.