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Giorgio Nebbia
L’uomo che guardava al Sole
4 Aprile 2016
Giorgio Nebbia
Alcune settimane fa è morto a Gerusalemme, all’età di 98 anni, Harry Tabor, al cui instancabile lavoro, negli ultimi settanta anni ...

(continua la lettura)

Alcune settimane fa è morto a Gerusalemme, all’età di 98 anni, Harry Tabor, al cui instancabile lavoro, negli ultimi settanta anni, si devono i principali progressi nell’utilizzazione dell’energia solare. Tabor era nato a Londra nel 1917 e, dopo la laurea in ingegneria, nel 1947 fu impegnato nel lavoro di trasformazione delle navi mercantili, residuati bellici, in navi passeggeri per l’immigrazione clandestina degli Ebrei in Palestina (un episodio del genere è raccontato nel film Exodus del 1960, con Paul Newman). Conoscendo le sue capacità, Ben-Gurion, il primo ministro del nuovo stato di Israele, nato nel 1948, lo chiamò in Israele per creare e dirigere l’Istituto Nazionale di Fisica che, sul modello di quello britannico, affiancò il governo per le informazioni di carattere tecnico-scientifico. Scarsità di acqua e di energia erano i fattori limitanti dello sviluppo del nuovo stato e il Sole poteva contribuire a soddisfare queste due necessità.

La prima impresa di Tabor fu la progettazione di scaldacqua solari: una lamiera sulla quale sono saldate delle serpentine è coperta da una lastra di vetro e poggia su uno strato di materiale isolante che evita la dispersione del calore. L’acqua fredda entra dal basso e si scalda passando nelle serpentine del pannello esposto al Sole; l’acqua calda sale spontaneamente, senza bisogno di motori, in un serbatoio isolato da cui viene prelevata ed entra nella casa. Gli scaldacqua solari erano stati inventati molti decenni prima, ma Tabor ne aumentò l’efficienza usando lastre metalliche da lui studiate, rese “selettive” con uno speciale trattamento di cromatura che ne faceva aumentare la capacità di assorbire la radiazione solare rendendo minime le perdite di calore. Il successo commerciale degli scaldacqua solari, oggi diffusissimi in Israele, è stato possibile perché possono essere venduti soltanto se rispettavano certi standard di qualità, proposti proprio da Tabor, che ne assicurano la durata e l’efficacia. Lo scarso successo degli scaldacqua solari in Italia è stato in gran parte dovuto proprio alla mancanza di una standardizzazione e di controlli di qualità.

Il secondo passo del lavoro di Tabor fu dedicato alla progettazione di un motore, funzionante con un ciclo termico inventato dall’ingegnere scozzese William Rankine (1820-1870), basato sull’evaporazione e la condensazione di un fluido organico come la benzina, scaldato a temperatura abbastanza bassa, come quella ottenibile nei pannelli solari. Il primo motore solare, costruito in collaborazione con Lucien Bronicki, fu presentato alla Conferenza delle Nazioni Unite sulle nuove fonti di fonti di energia che si tenne a Roma nel 1961. La radiazione solare era raccolta da un ingegnoso pannello contenuto in un tubo trasparente di plastica gonfiabile. Bronicki creò in Israele una società Ormat per la costruzione di motori Rankine che sono venduti in tutto il mondo per lo sfruttamento di fonti di calore a bassa temperatura come quelle geotermiche o quelle che si creano negli “stagni solari”.
Gli stagni solari, inventati anch’essi da Tabor, consistono in vasche profonde pochi metri, contenenti acqua dolce, sul cui fondo viene creato un sottile strato di acqua ad alta concentrazione salina. La radiazione solare attraversa l’acqua superficiale e scalda l’acqua salina sul fondo; questa non si miscela con quella sovrastante e si comporta come un vero e proprio semplicissimo collettore di calore raggiungendo temperature di alcune diecine di gradi, sufficienti per azionare un motore e produrre elettricità. Gli “stagni solari” attrassero grande curiosità e attenzione; uno di questi fu costruito nella saline di Margherita di Savoia negli anni ottanta del Novecento, ma fu poi abbandonato dopo un paio di anni; gli stagni solari in Israele funzionano ancora oggi.

Il lavoro di Tabor nel campo solare fu sempre rivolto alla ricerca di soluzioni semplici per i bisogni di paesi emergenti, al servizio delle necessità umane. In questa direzione si possono ricordare i progetti di fornelli per la cottura di alimenti con il calore solare concentrato da piccoli semplici specchi fatti con pezzi di lamiera e i distillatori per trasformare, col calore solare, l’acqua di mare in acqua potabile. Semplici soluzioni furono progettate per il funzionamento di frigoriferi solari “da villaggio” e per la progettazione di case raffreddate e ventilate senza bisogno di macchine. Tabor propose perfezionamenti delle celle fotovoltaiche e studiò la teoria dei concentratori a specchi stazionari, che non hanno bisogno di essere continuamente orientati verso il Sole.

Ciascuna iniziativa stimolava imprese commerciali e creava occupazione. A un intervistatore che gli chiedeva quali cose “non avesse fatto”, Tabor rispose: “i soldi”. Viveva infatti in una modesta casa di Gerusalemme con la moglie Vivienne che aveva sposato nel 1947. Una risposta su cui riflettere in questo momento in cui sembra che il fine delle energie rinnovabili in Italia sia soltanto quello di “fare soldi” per i costruttori, i venditori e anche per gli acquirenti.

Nel suo impegno civile Tabor fu determinante per la istituzione del centro di ricerche solari presso l’Università Ben-Gurion di Bersheba nel deserto del Negev. Le principali pubblicazioni di Harry Tabor sono state raccolte in un libro pubblicato, in occasione del suo ottantesimo compleanno, dalla International Solar Energy Society di Friburgo, in Germania; ne raccomando la lettura soprattutto a chi cerca stimoli per le molte altre cose che il Sole può fare per il progresso umano.

L'articolo è inviato contemporaneamente a La Gazzetta del Mezzogiorno

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