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Marco Rossi Doria
Napoli: bande di ragazzini che sparano all’impazzata. Gli abitanti sono terrorizzati. Non sembra Italia.
7 Febbraio 2016
Napoli
L'intervista di Dario del Porto al procuratore nazionale antimafia Franco Roberti e il commento di Marco Rossi Doria. «Qui la guerra c’è da sempre. E trova soldati, sempre più giovani, nelle più dure fragilità che nascono nei luoghi della povertà, della crisi educativa, del non lavoro».

L'intervista di Dario del Porto al procuratore nazionale antimafia Franco Roberti e il commento di Marco Rossi Doria. «Qui la guerra c’è da sempre. E trova soldati, sempre più giovani, nelle più dure fragilità che nascono nei luoghi della povertà, della crisi educativa, del non lavoro». La Repubblica, 7 febbraio 2016 (m.p.r.)


“COSÌ UNA GENERAZIONE DI VENTENNI SPIETATI HA RIMPIAZZATO I BOSS”
Intervista di Dario del Porto a Franco Roberti


Napoli. Una «spaventosa quantità di armi in circolazione nelle strade». Nuove leve di giovanissimi criminali disposti a tutto che «sparano nel mucchio e per questo fanno più paura». È una «situazione eccezionale sul piano dell’ordine pubblico, senza eguali in Europa, peggio che nelle banlieue parigine», quella con cui deve confrontarsi oggi l’area metropolitana di Napoli nella lettura di un magistrato che conosce benissimo la realtà della città e della regione: il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti.

Che cosa sta succedendo a Napoli, procuratore Roberti?
«È una situazione apparentemente paradossale: le organizzazioni camorristiche tradizionali sono state quasi tutte colpite da interventi giudiziari molto incisivi. Sono stati sequestrati e confiscati beni di valore elevastissimo. Oggi la camorra ha il maggior numero di collaboratori di giustizia e ben 294 detenuti al carcere duro su 725. Eppure, nelle strade, le cose sono peggiorate».
Perché?
«La repressione ha funzionato, ma proprio per questo ha determinato vuoti di potere criminale, aprendo spazi a gruppi composti da ragazzi di nemmeno vent’anni, se non addirittura minorenni, che si scontrano per il controllo del territorio e del mercato della droga. Hanno tantissime armi a disposizione e sono pronti a uccidere per nulla. Non credo che, nel panorama nazionale o europeo, esistano esempi analoghi».
Che cosa rende questo territorio tanto diverso da altre aree del Paese e della stessa Campania?
«È tutto il contesto a essere eccezionale. Ci sono problemi irrisolti da 200 anni, dall’evasione scolastica alla disoccupazione crescente compensata dall’economia del vicolo controllata dalla camorra, che sono alla base della penetrazione del modello camorristico nel tessuto sociale. L’area metropolitana copre il 10 per cento della regione, ma in questo 10 per cento vivono, una sull’altra, quasi quattro milioni di persone. Ci sono interi quartieri che, per la loro situazione urbanistica e in assenza di adeguate infrastrutture sociali, sono diventati di per se stessi criminogeni. Penso a Forcella, Scampia, il Parco Verde di Caivano, il Rione Salicelle ad Afragola. E potrei continuare. Altro che le banlieue di Parigi».
Questo discorso però ricorda la definizione, che è costata tante critiche alla presidente della commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi, della camorra come «dato costitutivo » della società napoletana?
«Ma è esattamente quel che penso anche io: se arresti, processi, condanne e sequestri non sortiscono l’effetto deterrente che hanno altrove, è proprio perché la camorra è diventata parte integrante della società napoletana e riproduce automaticamente, da secoli, il modello camorristico di controllo del territorio e della vita di intere fasce di sottoproletariato urbano».
Come se ne esce?
«Per risolvere i problemi sul piano sociale occorrono interventi che segnaliamo da sempre: lavoro, scuola, servizi pubblici efficienti, trasparenza della pubblica amministrazione. Tutto ciò che genera fiducia dei cittadini nei confronti dello Stato, perché solo con la fiducia dei cittadini lo Stato potrà vincere contro la crimninalità organizzata».
E dal punto di vista dell’ordine pubblico?
«Se questa è una situazione eccezionale, e io ne sono convinto, occorrono provvedimenti eccezionali per assicurare una prevenzione efficace, visto che la repressione ha dimostrato, da sola, di non bastare».
Ad esempio?
«Le forze di polizia svolgono un lavoro straordinario. Ma il ministro Alfano dovrebbe chiedersi, per prima cosa, se il controllo del territorio funzioni sempre con l’assiduità, la continuità e la completezza che la situazione eccezionale richiede. Poi dovrebbe domandarsi se gli organici delle forze dell’ordine siano sufficienti. A me pare proprio di no. Suggerisco di rivedere la distribuzione degli organici sull’intero territorio nazionale, in modo da portare più risorse umane nell’area di Napoli. A sfide eccezionali si risponde con interventi eccezionali. D’altra parte, lo dicono le statistiche: vengono sequestrate armi ogni giorno, ciò nonostante il mercato non viene intaccato. Stesso discorso per la droga: gli interventi sono quotidiani, ma tonnellate di stupefacenti vengono vendute ogni giorno nelle piazze. Sulla droga poi voglio aggiungere una riflessione».

Prego.
«Deve cambiare il target delle indagini, allargando l’azione di contrasto alle strutture finanziarie che alimentano quel mercato. Su questo obiettivo, il mio ufficio si sta impegnando moltissimo».
Lei ha discusso di questi argomenti con il ministro Alfano nel vertice di giovedì scorso a Napoli?
«Il mio ufficio non è stato invitato ».
SALVIAMO I NOSTRI SOLDATI BAMBINO
di Marco Rossi Doria

Qui la guerra c’è da sempre. È una guerra che crea morti su morti entro la lunga, mutante vicenda del crimine organizzato. E che trova soldati, sempre più giovani, nelle più dure fragilità che nascono nei luoghi della povertà, della crisi educativa, del non lavoro e del venir meno del monopolio statale della forza. Marzo 2015: le telecamere dei carabinieri riprendono bande di ragazzini sui motorini che sparano all’impazzata, mese dopo mese. Gli abitanti sono terrorizzati. Non sembra Italia. Da allora in molte parti della città alle scorribande armate si aggiungono omicidi, inseguimenti, torture. È per controllare affari e territori. E - con la vecchia catena di comando camorristico resa labile da lunghe detenzioni - i giovanissimi prendono la scena. Con una fragilità che si unisce a determinazione e crudeltà. Stati di esaltazione, violenze impulsive, agite per analogia, imitazione, spinta del momento.

È la minoranza più esclusa in preda a demoni terribili. Intanto, la maggioranza fatta di migliaia di ragazzi poveri studia in scuole-presidio, viene sostenuta da una rete di educatori capaci, fa sport, lavora in fabbriche e servizi per pochi euro a settimana, emigra, prova a mettere su piccole imprese, tartassata da mancanza di credito, fiscalità impossibile, pizzo. Ed ecco gli ultimi giorni napoletani. Maikol, ragazzo ucciso per caso a Capodanno. Poi, in un mese: Davide, Vincenzo, Mario, Giuseppe, Pasquale, Francesco. La guerra terribile in una grande città d’Europa. Che dura da decenni. È ora di dire che è Storia patria e non una catena di episodi di cronaca. Che ci chiama a reagire a un fallimento della Repubblica. È urgente uno scatto d’orgoglio nazionale. Bisogna unire le forze, dare sostegno a chi già sta lavorando e bene. E farne una priorità politica.
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