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Marco Travaglio
Isis nostra
23 Novembre 2015
Articoli del 2015
Analogie non tanto paradossali. Servono almeno a ricordare a noi stessi quanti sepolcri imbiancati popolino i media e i palazzi che forgiano il pensiero comune.

Analogie non tanto paradossali. Servono almeno a ricordare a noi stessi quanti sepolcri imbiancati popolino i media e i palazzi che forgiano il pensiero comune.

Il Fatto Quotidiano, 22 novembre 2015

Magari fa comodo dimenticarlo, ma in Italia ètuttora viva e vegeta un’organizzazione terroristica che per un secolo ha fattomigliaia di morti ammazzati, che 13 e 12 anni fa mise l’Italia a ferro e afuoco con stragi mai viste in Europa e nel mondo (salvo la Colombia e il Libano)e che da vent’anni non spara più perché ha avuto quasi tutto ciò che chiedeva:la revoca di centinaia di 41-bis per i detenuti e l’ammorbidimento progressivodel carcere duro per chi ci è rimasto, una legge più blanda sui pentiti,l’omertà legalizzata con la sostanziale depenalizzazione della falsatestimonianza, la chiusura delle supercarceri di Pianosa e Asinara, ladelegittimazione scientifica di magistrati e pentiti, continui limiti alleintercettazioni e alle indagini, grandi opere da subappaltare agli amici degliamici, mano libera sugli affari da Sud a Nord, condoni fiscali per ripulire isoldi sporchi direttamente con lo Stato, addirittura (dal 1999 al 2001)l’abolizione dell’ergastolo, leggi col buco su voto di scambio eautoriciclaggio, ora persino l’innalzamento del limite ai pagamenti in contantida mille a 3 mila euro (così da poter spendere i proventi delle estorsionispicciole senza dare nell’occhio).

Questa organizzazione terroristica, essendoformata da italiani doc, quasi tutti cattolici e molto devoti, non suscita lostesso allarme di quelle di origine maghrebina e mediorientale. Eppurecontrolla da decenni un vasto territorio: non fra Siria e Iraq, ma fra Sicilia,Calabria e Campania, con propaggini non in Libia o in Mali, ma in Lazio, EmiliaRomagna, Piemonte, Lombardia, Val d’Aosta e altre regioni. Non si è maiproclamata Stato solo perché non ne aveva bisogno: diversamente dall’Isis,fortunatamente isolato, esecrato e combattuto dall’intero consesso civile,questa organizzazione terroristica ha sempre avuto ottimi rapporti con quellogià esistente, attraverso premier, ministri, sottosegretari, politici,governatori, sindaci, funzionari, poliziotti, carabinieri, 007, avvocati,banchieri, commercialisti, giornalisti, medici e prelati, ottenendo trattative,leggi di favore, impunità, assunzioni, appalti, finanziamenti, licenze, curesanitarie e sacramenti. Senza tutti questi agganci (i “concorsi esterni”), dopodue secoli di vita, sarebbe stata sconfitta da un pezzo.
Un sette volte presidente del Consiglio, GiulioAndreotti, è risultato associato a essa fino al 1980 (e aveva cominciato nel1946). Il n. 3 del Sisde, Bruno Contrada, era pagato dallo Stato ma lavoravaper essa, infatti fu condannato a 10 anni.

Un tre volte presidente del Consiglio, Silvio B.,leader del centrodestra, intratteneva con essa affettuosi e fruttuosi rapportitramite l’amico Marcello Dell’Utri, che nel 1992-’93 s’inventò Forza Italia eora sconta una condanna a 7 anni per mafia nel carcere di Parma, a qualchecella di distanza da Totò Riina. Un duevolte presidente della Repubblica,Giorgio Napolitano, ora senatore a vita, ha appena rifiutato di testimoniarenel quarto processo su una delle stragi da essa perpetrata, dove morirono ilgiudice Paolo Borsellino e gli uomini della scorta (il primo processo fudepistato da uomini della polizia, che confezionarono ai giudici un pacchettocompleto di falsi colpevoli per risparmiare quelli veri).

Il pm che sostiene l’accusa nel processosull’ultima trattativa fra l’organizzazione e pezzi dello Stato, Nino DiMatteo, è stato condannato a morte dal Riina con un piano stragista giunto altrasporto dell’esplosivo a Palermo, ed è costretto a viaggiare su un bombjammer, ma soprattutto a subire l’isolamento dalle istituzioni e dalla suacategoria, il dileggio dei pennivendoli berlusconiani e l’indifferenza diquelli “progressista”. Invece l’attuale ministro dell ’Interno Angelino Alfano,responsabile dell’ordine pubblico e della lotta al terrorismo, passa per ilnuovo Kennedy (nel senso di JFK) per le intercettazioni ambientali in cui sisentono alcuni mafiosi augurargli una morte violenta per non aver abrogato il41bis. Ora, il 41bis non è stato abolito non solo da Alfano, ma da tutti igoverni succedutisi da quando fu istituito (decreto Scotti-Martelli, 6.8.1992).Ed è di competenza del ministro della Giustizia Andrea Orlando. Perché, allora,i mafiosi vogliono farla pagare a quello dell’Interno Alfano?Perché essi stessispiegano che, diversamente da altri, Alfano è stato “portato qua con i votidegli amici. È andato a finire con Berlusconi e poi si sono dimenticati tutti”.Cioè è stato eletto da loro e poi s’è scordato di loro. Ma di questo passaggiocruciale delle intercettazioni non c’è traccia nei titoli dei giornali e deitg, così Alfano può tirarsela da martire ambulante che “rischia ogni giorno lavita per la lotta alla mafia”. Purtroppo i mafiosi dicono ben altro: più checome Kennedy, è come Salvo Lima.

Ora sostituiamo la parola “mafia” con “Isis” eproviamo a immaginare che accadrebbe, in un qualunque paese d’Europa, se siscoprisse che: un ex premier era iscritto all’Isis; un altro – tuttora leaderdel centrodestra – è amico dell’Isis e ha il suo braccio destro in galera percomplicità con l’Isis; pezzi dello Stato hanno trattato con l’Isis per smetteredi combatterla; l’ex presidente della Repubblica rifiuta di testimoniare alprocesso su una strage dell’Isis; e il ministro dell’Interno è stato elettodall’Isis e poi non s’è più fatto trovare. Dovrebbero tutti dimettersi ecorrere a nascondersi, per evitare la lapidazione. Invece, in Italia, l’Isisnon ha (ancora) una sede né un indirizzo. Infatti i nostri eroi sono sempreandati sul classico, cioè su Cosa Nostra. Quindi tranquilli: siamo in buonemani.

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