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Tommaso di Francesco
Palestina, roviniamo lo spettacolo a Renzi (e Obama)
11 Ottobre 2015
Articoli del 2015
Una sintetica illustrazione della condizione iniqua nella quale sopravvive il popolo palestinese. L'obiettivo non dovrebbe essere quello di rovinare la festa a chicchessia, si tratti pure di due sudditi dei poteri dominanti, ma di contribuire alla fine del massacro di un popolo.

Una sintetica illustrazione della condizione iniqua nella quale sopravvive il popolo palestinese. L'obiettivo non dovrebbe essere quello di rovinare la festa a chicchessia, si tratti pure di due sudditi dei poteri dominanti, ma di contribuire alla fine del massacro di un popolo. Il manifesto, 11 ottobre 2015


Da quando, era l’inverno del 1969, stam­pa­vamo volan­tini con il rap­pre­sen­tante di Fatah in Ita­lia Wael Zwai­ter, ucciso il 12 otto­bre del 1992 a Roma dal Mos­sad, la con­di­zione pale­sti­nese invece di miglio­rare è tra­gi­ca­mente peg­gio­rata. Nono­stante due Riso­lu­zioni dell’Onu con­dan­nino da quasi 50 anni Israele per l’occupazione mili­tare dei ter­ri­tori pale­sti­nesi. È peg­gio­rata per­ché nel frat­tempo l’occupazione mili­tare israe­liana è avan­zata, nel disprezzo do ogni accordo di pace. Quel popolo non ha più spe­ranza e stru­menti per opporsi all’avanzata degli inse­dia­menti colo­nici che hanno ridotto la terra della Pale­stina ad un alveare senza con­ti­nuità ter­ri­to­riale e quindi con una dif­fi­coltà a legit­ti­mare, anche sulla carta, il diritto ad esistere.

Pri­vato di ogni diritto, rele­gato nei ghetti dei campi pro­fu­ghi in casa pro­pria, guar­dato a vista dalle torre mili­tari dell’occupante, sepa­rato dal Muro di Sha­ron — il primo edi­fi­cato dopo il mitico crollo del muro di Ber­lino. E con una lea­der­ship ormai ina­scol­tata per­ché inca­pace di cor­ri­spon­dere alle aspet­ta­tive popo­lari. Quel popolo, che ha visto l’umiliazione dei pro­pri capi sto­rici come Ara­fat rele­gato dai tank israe­liani nella Muqata e poi eli­mi­nato e come Mar­wan Bar­ghouti che lan­gue da anni nelle car­ceri israe­liane, alla fine si è diviso e radi­ca­liz­zato. Non nella forma a noi più con­sona, poli­ti­ca­mente e social­mente ma, in assenza di una reale società civile, nelle moda­lità ideo­lo­gi­che del richia­mano all’’Islam. Tema che, con i nuovi prov­ve­di­menti di Neta­nyahu e le ultime colo­nie israe­liane — che ridi­se­gnano anche la mappa dei luo­ghi reli­giosi di Geru­sa­lemme est fino a impe­dire il diritto a pre­gare -, torna peri­co­lo­sa­mente come l’unica ban­diera. Ora una nuova gene­ra­zione di gio­vani pale­sti­nesi è in rivolta. Ci si inter­roga se sia una nuova Inti­fada e i media, a dir poco disat­tenti alla tra­ge­dia dei Ter­ri­tori pale­sti­nesi occu­pati, pre­pa­rano schede ammo­nendo da lon­tano sui risul­tati della prima e della seconda Intifada.

Certo non abbiamo mai visto una rivolta più dispe­rata, men­tre l’appello alla pro­te­sta gene­rale viene dai lea­der di Hamas dalla Stri­scia di Gaza che ha subìto in que­sti anni tre guerre impari nelle quali dall’alto dei cieli la sua gente è stata mas­sa­crata sotto gli occhi distratti del mondo. È dispe­rata que­sta rivolta per­ché il popolo pale­sti­nese si pre­senta a que­sto appun­ta­mento ancora una volta spac­cato e ridotto alla pro­te­sta indi­vi­dua­liz­zata dei col­telli e quindi quasi sui­cida e per­dente in anti­cipo. Sgo­men­tano gli accol­tel­la­menti dei coloni e le imma­gini dei gio­vani con il col­tello in mano, ma nes­suno s’indigna di fronte alle imma­gine dei carri armati, delle mitra­glia­trici o dei fucili dei sol­dati israe­liani che spa­rano sui mani­fe­stanti.

Quelle armi sono «nor­mali», ma sono di uno degli eser­citi più potenti al mondo che occupa mili­tar­mente un altro popolo. Che ora, con una nuova gene­ra­zione che scende in piazza, può far sal­tare gli equi­li­bri fin qui disa­strosi e cri­mi­nali del Medio Oriente. Nes­suno giri lo sguardo dall’altra parte. La que­stione pale­sti­nese irri­solta è all’origine dell’intera tra­ge­dia medio­rien­tale: i pro­fu­ghi delle Pale­stina occu­pata, diven­tati milioni, hanno desta­bi­liz­zato regni, pseudo– demo­cra­zie e regimi, dalla Gior­da­nia al Libano, alla Siria. Intanto Israele si è tra­sfor­mato in poco meno di un regime inte­gra­li­sta reli­gioso d’estrema destra. Inol­tre, prima che sia troppo tardi, com’è pos­si­bile dimen­ti­care che l’argomento ideo­lo­gico fon­da­men­tale quanto capace di ali­men­tare odio, quello della «occu­pa­zione dei luo­ghi sacri dell’Islam», è il tema costi­tu­tivo di Al Qaeda e dello Stato islamico?

Due le ver­go­gne da denun­ciare. Quella di Obama e quella dell’Italia renziana.

La Casa bianca ieri ha denun­ciato le nuove pro­te­ste pale­sti­nesi come «ter­ro­ri­ste». È lo stesso pre­si­dente che al Cairo nel 2009 dichia­rava di sen­tire «il dolore dei pale­sti­nesi pri­vati del diritto alla loro terra». Sono pas­sati sei anni ed è legit­timo chie­dere: al di là dell’accordo geo­stra­te­gico con l’Iran, che cosa ha fatto real­mente per­ché la con­di­zione pale­sti­nese cam­biasse, quali occa­sioni ha dato, se non soste­nere la stra­te­gia di Ben­ja­min Neta­nyahu che rilan­cia la colo­niz­za­zione della Pale­stina? Ma che farebbe il popolo ame­ri­cano se fosse occu­pato mili­tar­mente e dis­se­mi­nato di colonie?

L’altra ver­go­gna è quella di Mat­teo Renzi, il governo più filoi­srae­liano della sto­ria repub­blica ita­liana. All’ultima seduta dell’assemblea gene­rale dell’Onu si è dimen­ti­cato dell’esistenza della Pale­stina ridi­co­liz­zando il ruolo di Abu Mazen. Ora la ban­diera della Pale­stina - che ha avuto per­fino uno stand all’Expo - sven­tola all’Onu, ma si rischia la beffa per­ché quello Stato e quella terra non esi­stono. Renzi annun­cia che farà un tour di pro­pa­ganda nei tea­tri ita­liani per rap­pre­sen­tare la piece «quanto sono bravo». Rovi­nia­mo­gli lo spet­ta­colo. Por­tiamo ad ogni suo appun­ta­mento la ban­diera pale­sti­nese: sven­to­larla nei Ter­ri­tori occu­pati per il governo israe­liano è reato.

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