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Wolf Frieder Otto
I dilemmi di Syriza sono anche i nostri
21 Luglio 2015
Articoli del 2015
L'estrema gravità di una situazione nella quale la smania politica della coppia Merkel/Schäuble di sconfiggere, con Alexis Tsipras, la possibilità di un'Europa diversa da quella a trazione tedesca, e l'ignavia delle socialdemocrazie europee hanno gettato il nostro continente nelle macerie del sogno federalista, il preannuncio di un riemergere dei fantasmi del più feroce passato.
L'estrema gravità di una situazione nella quale la smania politica della coppia Merkel/Schäuble di sconfiggere, con Alexis Tsipras, la possibilità di un'Europa diversa da quella a trazione tedesca, e l'ignavia delle socialdemocrazie europee hanno gettato il nostro continente nelle macerie del sogno federalista, il preannuncio di un riemergere dei fantasmi del più feroce passato.

Il manifesto, 21 luglio 2015

Gli «accordi» del 13 luglio a Bru­xel­les tra l’unione euro­pea e la Gre­cia segnano la fine di un’epoca? Sì, ma cer­ta­mente non nel senso indi­cato dal comu­ni­cato con­clu­sivo del «ver­tice». In effetti gli «accordi» sono fon­da­men­tal­mente inap­pli­ca­bili e tut­ta­via costi­tui­scono una for­za­tura altret­tanto vio­lenta, e ancor più con­flit­tuale, di quanto è già avve­nuto negli ultimi cin­que anni. Si è par­lato di dik­tat e que­sta dram­ma­tiz­za­zione è basata su fatti concreti.

Le pro­po­ste con le quali Ale­xis Tsi­pras è arri­vato a Bru­xel­les erano in con­trad­di­zione con il risul­tato del refe­ren­dum, ma face­vano ancora parte di un pro­getto sul quale aveva l’iniziativa per potere spe­rare di svi­lup­pare una poli­tica nell’interesse del suo popolo. I suoi «inter­lo­cu­tori» si sono impe­gnati a far fal­lire que­sto ten­ta­tivo. Il risul­tato è un anti-piano senza alcuna razio­na­lità eco­no­mica, che asso­mi­glia a un salasso e a un sac­cheg­gio dell’economia nazionale.

Peg­gio ancora, le misure di «messa sotto tutela» isti­tui­scono un pro­tet­to­rato nell’Unione Europea.

La Gre­cia non è più sovrana: non nel senso di una sovra­nità con­di­visa, che impli­che­rebbe un pro­gresso verso il fede­ra­li­smo euro­peo, ma nel senso di un assog­get­ta­mento al potere del Padrone. Di quale «Padrone» si tratta? Per descri­vere il regime che governa oggi l’Europa, il filo­sofo tede­sco Jür­gen Haber­mas ha par­lato di «fede­ra­li­smo ese­cu­tivo post­de­mo­cra­tico». Ma que­sto «ese­cu­tivo» è occulto e infor­male. La Com­mis­sione ha ceduto il potere all’Eurogruppo, che non dipende da alcun trat­tato e non obbe­di­sce a nes­suna legge. Il suo pre­si­dente si limita a essere il por­ta­voce dello Stato più potente.

Que­sto signi­fica che il nuovo regime non è altro che la maschera dell’imperialismo tedesco?

L’egemonia è senz’altro reale, certo, ma è espo­sta a nume­rose con­te­sta­zioni, tra cui quella della Bce. Pro­sciu­gando la liqui­dità di emer­genza, la Bce ha svolto un ruolo deter­mi­nante, «ter­ro­ri­stico», per pie­gare Atene. Que­sto non signi­fica tut­ta­via che la con­cer­ta­zione tra Ber­lino e Fran­co­forte fun­zioni sem­pre, né che gli inte­ressi e le ideo­lo­gie siano iden­ti­che. Que­sta divi­sione dura­tura nell’«esecutivo» euro­peo fa parte della sua costi­tu­zione materiale.

Come ne fanno parte le diver­genze tra governo fran­cese e tede­sco. È impor­tante capire ciò che li ha sepa­rati, senza natu­ral­mente pren­dere per oro colato le loro giu­sti­fi­ca­zioni. Per quanto riguarda i tede­schi, le ragioni poli­ti­che della loro «intran­si­genza» sono state più rile­vanti di quelle eco­no­mi­che. I due schemi del Bun­de­sfi­nan­z­mi­ni­ste­rium: uscita «prov­vi­so­ria» della Gre­cia dall’euro, o espro­pria­zione delle sue risorse nazio­nali, erano in fondo equi­va­lenti, se si con­si­dera che l’obiettivo ultimo era (e resta) la caduta di Syriza.

Sul lato fran­cese si era con­vinti che l’unica maniera per far pas­sare l’aumento dell’austerità tra la popo­la­zione greca era quella di sca­ri­carlo su Syriza. Dopo tutto lo stesso Hol­lande ha una certa espe­rienza nel tra­di­mento delle pro­messe elet­to­rali… Ma la chiave è la pre­oc­cu­pa­zione evi­den­ziata da Varou­fa­kis: resi­stere al modo in cui la Ger­ma­nia si è ser­vita della situa­zione greca per «disci­pli­nare la Fran­cia». Si può dire che, nella notte fati­dica, Hol­lande abbia «vinto» sul man­te­ni­mento della Gre­cia nell’euro, ma abbia «perso» sulle sue con­di­zioni. Quando si cono­scerà il seguito di que­sta vicenda, è pro­ba­bile che la sua vit­to­ria non lo por­terà lontano…

Que­ste trat­ta­tive sulle spalle dei greci non hanno evi­den­te­mente risolto nes­suno dei pro­blemi che sono alla radice della crisi. Anzi, li hanno aggravati.

Il debito euro­peo accu­mu­lato, quello pub­blico e soprat­tutto quello pri­vato, rimane incon­trol­la­bile. Volerlo fis­sare in Gre­cia non serve ad altro che a farlo aumen­tare, man­te­nendo l’insicurezza della moneta comune.

Qual­siasi solu­zione si scon­tra con un pro­blema ancora più pre­oc­cu­pante per il futuro dell’Europa: l’aumento delle dise­gua­glianze e la loro tra­sfor­ma­zione in rap­porti di domi­nio. Un abisso si è allar­gato in un’«Unione» il cui pro­getto asso­ciava la ridu­zione delle ini­mi­ci­zie seco­lari con l’apertura di una pro­spet­tiva di pro­spe­rità e di com­ple­men­ta­rità tra i popoli.

Il 13 luglio ha evi­den­ziato soprat­tutto la gra­vità del pro­blema demo­cra­tico in Europa, e della man­canza di legit­ti­mità che esso induce. Il più serio degli argo­menti sol­le­vati con­tro le richie­ste gre­che è quello che ha riba­dito che la «volontà di un solo popolo» non può pre­va­lere su quella degli altri. È incon­te­sta­bile, ma non ha senso senza un con­trad­di­to­rio al quale tutti i cit­ta­dini euro­pei siano invi­tati a par­te­ci­pare insieme. La tec­no­strut­tura e le classi poli­ti­che dei dif­fe­renti paesi non vogliono nem­meno sen­tirne parlare.

Il males­sere e la col­lera gene­rati da que­sto spo­sta­mento di potere verso le isti­tu­zioni sovra­na­zio­nali e gli orga­ni­smi occulti con­ti­nue­ranno così ad aumen­tare. In «com­penso» si è messo in moto un dispo­si­tivo inquie­tante: i con­tri­buenti dei diversi paesi sono stati mar­tel­lati dall’idea che non smet­te­ranno di «pagare per i greci» e che lo faranno di tasca loro. Que­sta pro­pa­ganda genera un potente popu­li­smo «di cen­tro» che ali­menta le pas­sioni xeno­fobe in tutto il con­ti­nente. Sarà l’estrema destra a capi­ta­liz­zarne i frutti.

In que­sta situa­zione, Syriza si trova di fronte a un dilemma ter­ri­bile. Il memo­ran­dum è pas­sato al Par­la­mento greco per­ché i vec­chi par­titi di governo hanno votato a favore, ma con una forte mino­ranza di oppo­si­tori, tra i quali ci sono una tren­tina di depu­tati di Syriza. Assu­men­dosi le sue respon­sa­bi­lità, il primo mini­stro ha dichia­rato di «non cre­dere» nelle virtù del piano di Bru­xel­les, ma che biso­gnava accet­tarlo per evi­tare un «disa­stro». Ci sono già stati scio­peri e mani­fe­sta­zioni. La crisi è aperta e continuerà.

Il prin­ci­pale appog­gio «esterno» di cui dispone al momento Tsi­pras è giunto para­dos­sal­mente dal Fondo Mone­ta­rio Inter­na­zio­nale. Pub­bli­cando la sua ana­lisi sull’insostenibilità del debito greco, chie­dendo agli euro­pei di «alleg­ge­rirlo», ha avviato una sorta di rine­go­zia­zione stri­sciante. Ma Schäu­ble ha subito rilan­ciato l’idea di una «Gre­xit tem­po­ra­nea», che ha come posta la stessa appar­te­nenza della Gre­cia all’Unione Europea.

La situa­zione interna è quella deter­mi­nante. Da anni, la società greca si è difesa con­tro l’impoverimento e la dispe­ra­zione svi­lup­pando straor­di­na­rie lotte e mol­te­plici forme di soli­da­rietà. Ora è esau­sta, divisa secondo linee che pos­sono diver­gere brutalmente.

Molto dipen­derà dal modo in cui sarà per­ce­pita l’azione di governo: come «tra­di­mento» o come «resi­stenza». È fon­da­men­tale che Tsi­pras abbia per­se­ve­rato nella deci­sione di dire la verità. Ha dovuto però fare un rim­pa­sto di governo e annun­ciare la pos­si­bi­lità di ele­zioni anti­ci­pate, che si pre­sen­tano come alta­mente rischiose.

Sog­getta a simili ten­sioni, Syriza resterà unita?

La spinta verso implo­sione viene dall’esterno, ma anche dai «mar­xi­sti» che hanno sem­pre visto nella Gre­xit un’occasione da cogliere. Pur legit­tima, ci sem­bra che la con­te­sta­zione non dovrebbe por­tare a fare il gioco dell’avversario, pre­ten­dendo di mono­po­liz­zare la potenza espressa dal «No» del 5 luglio, che costi­tui­sce la forza del movi­mento. O l’unità tiene, e allora la dia­let­tica tra attua­zione dell’«accordo» e resi­stenza potrà svi­lup­parsi in forme ine­dite, in cui un ruolo fon­da­men­tale dovrà essere svolto dalla mobi­li­ta­zione sociale. Oppure cederà, sep­pel­lendo la spe­ranza era nata in Gre­cia, in Europa e nel mondo.

Aggiun­giamo solo un’ultima battuta.

Tsi­pras lo ha detto chia­ra­mente: la solu­zione che abbiamo dovuto sce­gliere non era la migliore, è stata solo quella meno disa­strosa per la Gre­cia e per l’Europa. Que­sto impe­gno al ser­vi­zio dell’interesse comune ci asse­gna grandi respon­sa­bi­lità. Fino ad oggi, biso­gna pur dirlo chia­ra­mente, il nostro soste­gno non è stato all’altezza della situa­zione. Ma la «lunga mar­cia» per l’Europa soli­dale e demo­cra­tica non è finita il 13 luglio 2015. Con­ti­nuerà anche in Gre­cia, men­tre altri movi­menti cari­chi di spe­ranza ne pren­de­ranno il testi­mone. L’unione fa la forza.

Il pre­sente testo sarà pub­bli­cato dal quo­ti­diano Libe­ra­tion in Fran­cia e dal gior­nale Der Frei­tag in Ger­ma­nia. Una ver­sione più ampia si può leg­gere nel sito di Open Demo­cracy.

Tra­du­zione di Roberto Ciccarelli

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