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Paola Somma
Vergogna in Laguna. Sempre più privatizzato l'Arzanà de'Viniziani
5 Dicembre 2014
Paola Somma
«PartecipArsenale. Arsenale di Venezia: Una nuova opportunità per produrre città». Così si chiama l’incontro pubblico promosso dal Comune di Venezia, per «presentare il "Documento Direttore dell’Arsenale" e proseguire il confronto....>>>

«PartecipArsenale. Arsenale di Venezia: Una nuova opportunità per produrre città». Così si chiama l’incontro pubblico promosso dal Comune di Venezia, per «presentare il "Documento Direttore dell’Arsenale" e proseguire il confronto....>>>

«PartecipArsenale. Arsenale di Venezia: Una nuova opportunità per produrre città». Così si chiama l’incontro pubblico promosso dal Comune di Venezia, il 2 dicembre 2014, per «presentare il "Documento Direttore dell’Arsenale" e proseguire il confronto sulle future trasformazioni del compendio»: cioè della sua completa cessione al Mercato.

Il sottotitolo dell’evento, curato dall’Ufficio appositamente istituito dal comune per "rilanciare 48 ettari che rappresentano uno straordinario potenziale per lo sviluppo economico e sociale della città e dell'area metropolitana", ben trasmette la scelta dei pubblici amministratori di considerare Venezia come una merce trattabile sul mercato e da mettere a disposizione della “comunità” degli investitori.

L’evocata partecipazione, invece, si riduce alla esposizione di una serie di dati e informazioni parziali, tendenti a presentare le azioni finalizzate ad incrementare la redditività degli investimenti privati come benefiche per tutte la collettività.

Il format adottato dagli organizzatori corrisponde ai dettami della cosiddetta «Carta della rigenerazione urbana» messa a punto da AUDIS, l’associazione delle aree dimesse, alla quale aderiscono imprese di costruzione, Comuni, amministrazioni provinciali e regionali, istituti di ricerca e università. Secondo AUDIS, non solo la contrapposizione tra pubblico e privato è vetusta, ma esistono due tipi di privato. Da un lato c’è il privato “economico”, composto dai proprietari delle aree, dalle imprese, dagli investitori, e dagli sviluppatori «che intervengono nei processi di trasformazione urbana con legittime finalità di profitto e la cui partecipazione deve essere incentivata garantendo tempi e procedure trasparenti e certi».

Dall’altro c’è il privato “collettivo”, rappresentato dai residenti ed in genere da coloro che a vario titolo usano la città e che devono essere bene informati per poter «condividere le decisioni» necessarie al suo rilancio.

Nella Carta si sostiene che tutti e tre i soggetti – il pubblico e i due privati – devono pariteticamente intervenire nel processo decisionale e, soprattutto, si ribadisce che compito specifico del pubblico è quello, oltre che, ovviamente, di fornire risorse e incentivi, di favorire la concertazione, perché il conflitto latente che «in presenza di problemi sociali non risolti rischia di contrapporre la cultura dell’innovazione a quella dei diritti è un freno per la rigenerazione urbana».

In altre parole, si potrebbe dire che a causa della programmata incompatibilità tra la città di successo ed i suoi abitanti, il ruolo attribuito al pubblico è quello di convincere i cittadini a lasciarsi depredare.

Ed in effetti, a PartecipArsenale il “privato collettivo” è stato oggetto di questo trattamento.

Nella prima parte dell’incontro, Marina Dragotto, responsabile dell’Ufficio Arsenale, nonché direttrice scientifica di Audis e coautrice di un volume dal titolo “La città da rottamare. Dal dismesso al dismettibile” ha presentato il Documento Direttore magnificando la riqualificazione, la revitalizzazione, la rigenerazione urbana con la stucchevole ripetizione di una serie di termini preceduti dal prefisso ri/re che dovrebbe convincerci che ci troviamo di fronte ad un evento che ha del miracoloso.

In realtà, il miracolo consiste nel fatto che, non appena ceduto ai privato e/o non appena viene sgombrato da abitanti e attività considerate di poco pregio, lo spazio pubblico, che era dato per morto, risorge.

Molto più interessante l’intervento di Giovanni Smaldone, presidente di NAI Global Italia, società di consulenza, intermediazione immobiliare e gestione i fondi immobiliari, incaricata dal commissario prefettizio (che dovrebbe occuparsi dell’amministrazione ordinaria in attesa di libere elezioni) di “testare la sensibilità degli investitori, identificare una forchetta di valori immobiliari e valutare l’ammontare dei finanziamenti necessari per il restauro degli edifici nei 28 lotti” indicati dal comune all’interno dell’Arsenale. Almeno ufficialmente, nessuna decisione sul futuro dell’Arsenale è stata presa. Ma concludendo l’evento, Michele Scognamiglio, sub commissario con delega al patrimonio e all’urbanistica, non solo ha ribadito la bontà del documento e delle opzioni individuate da Nai Global, ma ha ammonito che «bisogna far presto, se non vogliamo perdere i finanziamenti europei». I veneziani non vorranno mica rinunciare a un regalo?

Non è una novità che la conquista da parte dei privati delle porzioni più appetibili del territorio sia la soluzione finale di una successione di assalti condotti con la complicità delle istituzioni, quinte colonne disponibili a promuoverne, facilitarne, massimizzarne gli interessi. Fa parte del nuovo in arrivo, invece, che quando gli eletti non bastano, il lavoro sporco venga appaltato a un commissario che, come un governo tecnico, non deve nemmeno essere eletto. Poi torneranno le bande a larghe intese.

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