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Hanif Kureishi
“Chi si arruola nell’Is fa una scelta mostruosa ma la colpa è nostra”
22 Novembre 2014
Articoli del 2014
«E' l’opinione di Hanif Kureishi, lo scrittore anglo-pachistano: “Sono giovani che vivono ghettizzati nella miseria Cercano un modello alternativo al consumismo occidentale”».
«E' l’opinione di Hanif Kureishi, lo scrittore anglo-pachistano: “Sono giovani che vivono ghettizzati nella miseria Cercano un modello alternativo al consumismo occidentale”».

La Repubblica, 21 novembre 2014 (m.p.r.)

Londra. «I giovani occidentali che si arruolano nella jihad fanno una scelta mostruosa, ma siamo noi che abbiamo generato quei mostri». È l’opinione di Hanif Kureishi, il grande scrittore anglo-pachistano autore di tanti romanzi, da Il budda delle periferie a L’ultima parola ( tutti pubblicati in Italia da Bompiani), che trattano il tema dell’identità, del conflitto inter-etnico, dell’integrazione delle minoranze nella società occidentale al tempo dellaglobalizzazione.
Come è possibile, signor Kureishi, che ragazzi cresciuti a Londra, in Inghilterra, in altri Paesi occidentali, diventino dei jihadisti pronti a sgozzare ostaggi inglesi e americani?
«È possibile per due ragioni. La prima è che l’Islam radicale è nato come forma di liberazione, contro il colonialismo e contro le dittature sostenute dall’Occidente, come abbiamo visto con la rivoluzione khomeinista in Iran e con le rivolte della Primavera Araba, non tutte fondamentaliste queste ultime, ma almeno in parte sì. E la seconda ragione è che i giovani sono spesso idealisti. Molti dei miei amici, quando ero ragazzo a Londra, erano maoisti, trotzkisti, leninisti. Ma poi sappiamo come finiscono tante volte le rivoluzione e l’idealismo: con la violenza, il terrore, la tirannia».
Intende dire che in un certo senso la scelta di quei giovani è comprensibile?
«Non è giustificabile, perlomeno da me, io ho altri idee e altri ideali. Ma se vogliamo comprendere le loro ragioni dobbiamo chiederci da dove nascono. Questi giovani credono in qualcosa, qualcosa che a essi sembra un ideale nobile e puro. Ebbene, i giovani hanno di questi bisogni, il desiderio di avere puri ideali e di combattere per realizzarsi. Il Ventesimo Secolo è pieno di giovani così».
Ma perché odiano tanto l’Occidente, pur essendo nati e cresciuti in mezzo a noi? Cosa gli abbiamo fatto che li disgusta così tanto?
«Forse bisognerebbe chiedersi che cosa “non” gli abbiamo fatto e che cosa non siamo stati capaci di dirgli, di insegnarli. Certo, sono cresciuti in mezzo a noi. O più precisamente, di fianco a noi: in genere in quartieri, famiglie, ambienti più poveri rispetto all’establishment nazionale. Quali modelli e quali ideali offre loro la società occidentale? Il consumismo, la commercializzazione, la ricchezza come valore in sé, la fama da conquistare a colpi di reality show. È così sorprendente se un giovane povero trova nella religione islamica un modello alternativo a questi valori e a questi ideali?».
Non ci sono tuttavia solo il consumismo e la fama da reality nei valori occidentali. Perché non riusciamo a insegnare loro l’importanza anzi la bellezza della libertà di pensiero, della democrazia, della tolleranza?
«Mi chiedo quanti sforzi facciamo veramente per spiegare la bellezza degli ideali democratici. La verità è che vengono dati spesso per scontati. E che il più delle volte vengono coperti da altre presunte “bellezze”, che sono invece valori deteriori, quali il consumismo esasperato. E poi: dovremmo dire ai giovani musulmani britannici, francesi, italiani, che la nostra democrazia è bella e va difesa. Prendiamo il caso del vostro paese, l’Italia: avete avuto per vent’anni un leader come Berlusconi, un uomo vergognoso, la cui immagine ha infangato i principi democratici. È più difficile esaltare la politica, quando quella politica esibisce un fallimento ».
Ha mai incontrato, personalmente, giovani di questo genere?
«Ho scritto saggi e romanzi su questo tema, e molti di quei personaggi li ho conosciuti davvero. I giovani che crescendo sono diventati seguaci di Al Qaeda, del fanatismo distruttivo dell’11 settembre, e che sono poi i fratelli maggiori dei jihadisti odierni. Vivono in mezzo a noi, poi un giorno fanno una scelta radicale e mostruosa nel nome dell’Islam. Ma siamo noi che abbiamo partorito quei mostri».
In nome dell’Islam, dice: ma l’Islam non dovrebbe fare di più per condannare chi lo invoca per uccidere?
«Le grandi religioni impiegano tempo a redimersi. Pensiamo alla Chiesa cattolica, a quanto ci è voluto prima che denunciasse la pedofilia al proprio interno. Certo, l’Islam dovrebbe fare di più per condannare chi infanga il suo nome. Ma non è semplice. Auguri a chi cercherà di trasformare un fanatico in un liberale».
L’altra faccia dei giovani occidentali arruolati nella jihad è che ora ogni occidentale dalla pelle scura viene visto come un potenziale jihadista?
«Il rischio è quello e talvolta lo sento anche sulla mia pelle. Ma non darei la colpa soltanto alla guerra santa islamica. L’Europa oggi è attraversata da un’ondata di razzismo, di odio verso gli immigrati e i diversi, che si può chiamare soltanto con un nome: fascismo. E dire che pensavamo di averlo estirpato per sempre, invece ritorna».
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