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Norma Rangeri
Ci siamo
6 Ottobre 2014
Sinistra
«Abbiamo cer­cato di dare voce a quella sini­stra che non vuole chiu­dersi nell’autocompiacimento dello scon­fit­ti­smo, o nel ruolo ras­si­cu­rante di quelli desti­nati all’opposizione a vita. Ma adesso come con­ti­nuare il cammino?».
«Abbiamo cer­cato di dare voce a quella sini­stra che non vuole chiu­dersi nell’autocompiacimento dello scon­fit­ti­smo, o nel ruolo ras­si­cu­rante di quelli desti­nati all’opposizione a vita. Ma adesso come con­ti­nuare il cammino?».

Il manifesto, 5ottobre 2014, con postilla

Quando ci è stato chie­sto di essere pre­senti ad una ini­zia­tiva uni­ta­ria della sini­stra, a una mani­fe­sta­zione dove Sel ha chia­mato a par­te­ci­pare donne e uomini di una sini­stra plu­rale, abbiamo accet­tato molto volen­tieri. Per­ché è la stessa sini­stra che ogni giorno si incon­tra e discute sulle pagine del mani­fe­sto, il gior­nale che da oltre quarant’anni si batte per rin­no­vare la sini­stra italiana.

E’ stata l’occasione per riven­di­care il nostro ruolo, il nostro essere stati l’unico gior­nale impe­gnato a soste­nere in modo aperto, senza auto­cen­sure, una cam­pa­gna elet­to­rale euro­pea a favore della Lista Tsi­pras. Un’impresa più dif­fi­cile del solito, sulla quale in pochi erano dispo­sti a scom­met­tere per­ché prima del voto la lista era asso­lu­ta­mente sco­no­sciuta. Anche a sini­stra. E pro­prio per que­sto è stata un’occasione da non per­dere per chi non voleva ras­se­gnarsi a votare per Renzi, né per Grillo e nem­meno ripie­gare nell’astensionismo.

Non sem­pre le moti­va­zioni che hanno fatto nascere la Lista Tsi­pras sono state rispet­tate. Ci sono stati per­so­na­li­smi esa­ge­rati, dosi ecces­sive di auto­re­fe­ren­zia­lità, insop­por­ta­bili elen­chi di buoni e cat­tivi. Ma, nono­stante tutto, alla fine ha pre­valso l’idea di rom­pere vec­chi stec­cati, l’unica idea capace di mol­ti­pli­care la par­te­ci­pa­zione, spe­cial­mente delle gio­vani gene­ra­zioni. Que­sta idea si è tra­dotta in forza che ha poi assunto il peso del quo­rum elettorale.

Abbiamo cer­cato di dare voce a quella sini­stra che non vuole chiu­dersi nell’autocompiacimento dello scon­fit­ti­smo, o nel ruolo ras­si­cu­rante di quelli desti­nati all’opposizione a vita. Ma adesso come con­ti­nuare il cammino?

Vista la spro­por­zione delle forze in campo sarebbe vel­lei­ta­rio dire che vogliamo diven­tare mag­gio­ranza - in Gre­cia Tsi­pras ha avuto suc­cesso in un paese in mace­rie - tut­ta­via vogliamo che si costrui­sca a sini­stra del Pd una forza - o un insieme di forze - che pos­sano farsi sen­tire con auto­re­vo­lezza sui temi legati al governo del Paese. Se è chiaro quale può essere l’obiettivo (rag­giun­gi­bile attra­verso una lunga mar­cia che coin­volga però asso­cia­zioni, par­titi, liste, movi­menti), dob­biamo comun­que chie­derci per­ché fac­ciamo fatica a farci ascol­tare, per­ché non riu­sciamo a rap­pre­sen­tare una sini­stra larga e popo­lare, una sini­stra del lavoro, dei diritti, del vero cam­bia­mento (non quello sven­to­lato da Renzi) verso una società più demo­cra­tica e meno liberista.

Una prima rispo­sta, che ha radici anti­che, è que­sta: non sap­piamo stare insieme, non sap­piamo unire le forze. Que­sta inca­pa­cità è tutta ideo­lo­gica: l’idea pre­vale sul rap­porto tra le per­sone, per affer­marsi l’idea è dispo­sta a cam­mi­nare sulle mace­rie, poli­ti­che e personali.

Noi a sini­stra abbiamo biso­gno di sin­ce­rità e fran­chezza. Se siamo ancora una esi­gua mino­ranza, più come rap­pre­sen­tanza poli­tica che nella società ita­liana, non è per colpa di Ber­lu­sconi. E come non era lui in pas­sato il pro­blema, oggi non lo è Renzi.

Per­ché il pro­blema siamo noi, sem­pre divisi, sem­pre con­vinti di avere la verità in tasca e guai a chi ce la tocca. Ecco, se vogliamo diven­tare più grandi, più forti, ognuno di noi deve cedere un pezzo della pro­pria sovra­nità. Senza que­sta con­sa­pe­vo­lezza non solo non si fa una sini­stra nuova, ma non si tiene insieme nep­pure un condominio.

Sap­piamo che dob­biamo con­fron­tarci con un appa­rato poli­tico e un peso note­vole, quale quello rap­pre­sen­tato dal Pd di Renzi. Ma il suo suc­cesso potrebbe non reg­gere sui tempi lun­ghi. Anzi, i dati del tes­se­ra­mento del Pd sono drammatici.

Più in gene­rale, stiamo attra­ver­sando una fase molto dif­fi­cile dal punto di vista eco­no­mico. Ma adesso, come ieri, sap­piamo almeno con chi abbiamo a che fare. E come vent’anni fa il ber­lu­sco­ni­smo strappò alla sini­stra la parola “libertà”, oggi Renzi ha seque­strato la parola “cambiamento”.

Ogni giorno vediamo l’uso spre­giu­di­cato che ne fa. Cam­bia la Costi­tu­zione, cam­bia la giu­sti­zia, cam­bia il lavoro. E chi trova al suo fianco? Ber­lu­sconi. E chi canta ogni giorno la sere­nata al pre­si­dente del con­si­glio? Chi è il più acca­nito fan del pre­mier? Il Gior­nale di Arcore che vede nel segre­ta­rio del Pd il gio­vane cava­liere che mas­sa­cra le oppo­si­zioni interne e i sindacati.

Renzi e Ber­lu­sconi fanno fatica a stare in due par­titi diversi, pro­vano a inven­tarsi qual­che motivo di con­tra­sto, ma pro­prio non ci rie­scono. Riforme isti­tu­zio­nali, giu­sti­zia, lavoro: sono d’accordo su tutto. Guar­date le scene di amo­rosi sensi quando si incon­trano in Par­la­mento depu­tati e sena­tori del Pd e di Forza Ita­lia: baci, abbracci, pac­che sulle spalle. Guar­date le ele­zioni delle pro­vin­cie: sono spa­riti i cit­ta­dini e sono com­parsi i listoni con Fi e Pd uniti da un’attrazione fatale.

Dovremmo lasciare che la natura fac­cia il suo corso, dovremmo lasciarli liberi di unirsi in un unico par­tito. Ma non sarà così. E a noi spetta comun­que il com­pito di costruire una sini­stra più forte, più radi­cata nel ter­ri­to­rio, più social­mente utile. Siamo con­vinti che pos­siamo darci que­sto obiet­tivo? Pos­siamo, Pode­mos, come dicono in Spa­gna, ma ad alcune con­di­zioni. Smet­terla di essere solo con­tro il nemico di turno, e met­terci al lavoro per qualcosa.

Come con Ber­lu­sconi, anche con Renzi la comu­ni­ca­zione, la tele­vi­sione, l’informazione è l’arma deci­siva. Oggi è per­sino peg­gio per­ché il con­for­mi­smo, il soste­gno, l’adesione, l’applausometro verso l’alleanza tra Renzi e Ber­lu­sconi è impres­sio­nante. Almeno ai tempi di Ber­lu­sconi c’era qual­che pro­gramma tv, qual­che tg che cri­ti­cava il padrone del vapore.

Oggi tutti i tele­gior­nali can­tano la stessa can­zone. Se nei gior­nali a qual­che diret­tore o a qual­che fon­da­tore, scappa di scri­vere che Renzi è inaf­fi­da­bile, si strilla ai poteri forti. Come se Mar­chionne, la finanza inter­na­zio­nale, le ban­che, Con­fin­du­stria, il pre­si­dente della repub­blica, l’industria di stato (e per­fino la mas­so­ne­ria) fos­sero delle mam­mo­lette, come se non fos­sero schie­rati come un sol uomo con il governo Renzi-Alfano, o se pre­fe­rite Poletti-Sacconi.

In que­sta bat­ta­glia per una sini­stra rin­no­vata, plu­rale, ricca di espe­rienze diverse, chiara in alcuni obiet­tivi comuni (non biso­gna essere d’accordo su tutto), noi del mani­fe­sto ci siamo. E ci saremo.

Il nostro gior­nale ha avuto momenti duris­simi nella sua lunga sto­ria. Ma siamo andati oltre le divi­sioni e siamo riu­sciti a supe­rare le difficoltà. Oggi il manifesto è vivo e vegeto e spera di festeggiare la fine dell’anno con l’impresa più grande di tutte: ricomprarci la testata

Siamo con­vinti che le let­trici e i let­tori ci aiu­te­ranno nell’impresa, come hanno sem­pre fatto per­ché sanno che il mani­fe­sto è un bene col­let­tivo: di quelli che lo fanno e di quelli che lo leg­gono, di quelli che ieri erano in piazza. Per­ché è un sog­getto di que­sta sini­stra, una sini­stra con radici pro­fonde, un po’ ere­ti­che, una sini­stra che non separa diritti sociali e diritti indi­vi­duali, libertà e soli­da­rietà, una sini­stra fie­ra­mente dalla parte del torto soprat­tutto quando la ragione dei più, della mag­gio­ranza, si rico­no­sce la tri­nità Renzi-Marchionne-Berlusconi.

postilla

Una riflessione sensata; domande penetranti, sulle quali bisogna riflettere e, se possibile, decidere. Rangeri scrive: dobbiamo «smet­terla di essere solo con­tro il nemico di turno, e met­terci al lavoro per qualcosa». Dobbiamo insomma metterci al lavoro
per qualcosa, raccontare come noi, la nuova sinistra, vogliamo contribuire a un altro cambiamento, alternativo a quello minacciato dai nostri avversari. E allora aggiungo una domanda ulteriore: perché chi si batte per una nuova sinistra non è riuscito a valorizzare e sviluppare quel cambiamento alternativo, radicale ma non utopistico, che è proposto nei documenti fondativi della lista Altra Europa con Tsipras, e anticipata e ripresa in tanti scritti sul manifesto e su altri giornali, da promotori e protagonisti della lista come Guido Viale, Luciano Gallino, Barbara Spinelli?

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