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Andrea Boitani
Come (non) sbloccare le regole
9 Settembre 2014
Articoli del 2014
«Difficile fare il

«Difficile fare il

watchdog se si può lavorare solo su slides anziché su testi di provvedimenti. Ma la politica del Governo Renzi in questi primi sei mesi è piena di raffiche di annunci ben presentati in powerpoint nelle conferenze stampa e molto avara di articolati, relazioni tecniche e decreti attuativi». Estratto da "Sei mesi di Governo Renzi", Lavoce.info, 5 settembre (m.p.r.)

Un testo oscuro
Da una bozza (si spera attendibile) del decreto cosiddetto “sblocca Italia” entrato nel Consiglio dei ministri del 30 agosto 2014:

È solo un piccolo esempio estratto da ben 125 pagine di testo. Di più metterebbe a dura prova la pazienza e seriamente a rischio la salute mentale dei lettori. Ma finché questo sarà il modo con cui si scrivono le leggi, rimarrà difficile sbloccare l’Italia. Anche perché l’Italia intera un bel po’ di tempo dovrà spenderlo – ben bloccata – per capire cosa diavolo si voglia dire e, soprattutto, non dire in quelle 125 pagine.

Ancora le grandi opere
Nelle intenzioni del Governo, un ruolo da protagonista, nello sbloccare l’Italia, dovrebbe essere svolto dall’avvio di alcune grandi opere dall’accelerazione di molte opere minori “cantierabili”. Sotto il profilo finanziario sembra che le prime siano largamente prevalenti sulle seconde. È necessario ripetere per l’ennesima volta che le grandi opere non sono la chiave più efficace per sbloccare l’Italia? Perché sono di realizzazione comunque lenta (per la realizzazione dell’alta velocità ferroviaria Napoli-Bari si prevedono dieci anni e un avvio, nonostante il commissario, non prima del novembre 2015) e quindi rischiano di essere pro-cicliche e non anti-cicliche, come si richiederebbe in questo momento; perché hanno un moltiplicatore più basso di altre spese “cementizie” (ovvero 1 miliardo speso nelle grandi opere genera meno posti di lavoro e meno domanda indotta di 1 miliardo speso, per esempio, nell’edilizia scolastica o ospedaliera); perché hanno minori effetti “di offerta” - cioè contribuiscono meno all’aumento della produttività – rispetto agli investimenti in ricerca e sviluppo o nel completamento di una rete di telecomunicazioni a banda larga; perché comunque la spesa complessiva appare esigua rispetto all’esigenza di uscire dalla recessione.

Per citare un recente contributo su queste colonne, in Italia normalmente “a) vengono finanziati progetti di cui non si conoscono gli effetti economici; b) vengono prodotti documenti di programmazione privi di utilità sotto il profilo dell’analisi dei fabbisogni infrastrutturali; c) non vengono abitualmente fornite valutazioni economiche condotte secondo gli standard internazionali oppure vengono presentate valutazioni metodologicamente errate, distorte e non fornite da centri indipendenti”. (1)

Quanto poi alle singole opere “sbloccate” - dalla Napoli-Bari al terzo valico, dalla av Palermo-Catania-Messina (apertura cantieri prevista per il dicembre 2015) al raccordo av per gli aeroporti di Malpensa, Fiumicino e Venezia - i dubbi sono moltissimi. Sulla Napoli-Bari e il terzo valico rinviamo ai contributi su queste colonne. A cosa potrà mai servire l’alta velocità a Malpensa se il nuovo dominus dei cieli nazionali (Ethiad) punta a fare di quello scalo il principale aeroporto cargo d’Italia (e forse d’Europa)? Dare un contentino alla Lega nella sua roccaforte varesotta? E a che cosa servirà puntare tanti soldi su ben tre valichi ferroviari (Torino-Lione, Brennero e terzo valico) quando, notoriamente, il trasporto cargo su ferrovia è ai minimi storici per motivi “gestionali” e non infrastrutturali? Infine, siamo sicuri che la defiscalizzazione delle opere autostradali, magari con l’aggiunta di un ennesimo allungamento delle concessioni, sia un contributo serio a sbloccare l’Italia e non piuttosto un altro robusto anello della catena che la blocca da anni in una fitta e opaca rete di protezioni biunivoche tra politica e imprese che non rischiano niente?

(1) Per una breve sintesi storico-critica sulla valutazione in Italia si veda “L’errore strategico nelle valutazioni italiane”, di S. Maffii, R. Parolin e M. Ponti, Milano, Politecnico, 6 giugno 2014.

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