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Maria Cristina Gibelli
Politica del territorio: Hollande vince Renzi-Delrio, alla grande
14 Marzo 2014
Maria Cristina Gibelli
Nell’agenda del presidente del consiglio Renzi la questione urbana e territoriale appare drammaticamente assente. .>>>

Nell’agenda del presidente del consiglio Renzi la questione urbana e territoriale appare drammaticamente assente. .>>>

Nell’agenda del presidente del consiglio Renzi la questione urbana e territoriale appare drammaticamente assente. Uniche occasioni conosciute: a breve, il Senato potrebbe approvare il DDL Delrio sui limiti del quale, se non verrà drasticamente emendato in Senato, eddyburg ha già ampiamente ragionato criticamente, in particolare durante l’ultima scuola estiva tenutasi a Sezano nel settembre 2013[1]; sul controllo del consumo di suolo giace in Parlamento un disegno di legge per molti aspetti modesto e forse condannato all’oblio. Su altre questioni rilevanti, ad esempio sulla drammatica emergenza abitativa, soprattutto nelle maggiori aree urbane; sul controllo della rendita; su possibili innovazioni amministrative ‘dal basso’ (ad esempio in materia di un rafforzamento, vero e non punitivo, dell’intercomunalità come dimensione appropriata per un rilancio della pianificazione di area vasta) e, da non dimenticare anche se scomparsa dal dibattito politico, tecnico e culturale, sulla riforma delle legge urbanistica nazionale, non si annuncia alcuna iniziativa di ampio respiro.

A titolo di sconfortante paragone, può essere utile aggiornare i lettori di eddyburg sulle leggi in materia di riforma della pianificazione urbanistica e del più complessivo sistema di governance territoriale che il Parlamento francese sta approvando a ritmi incessanti: sotto la presidenza di Hollande.Sono tre le leggi (due già approvate e una in fase avanzata di discussione) che evidenziano lo iato, apparentemente incolmabile, fra il programma di riforme avviato in Francia e l’inerzia dei governi italiani dopo Berlusconi (sia del governo Monti che di quelli successivi; incluso il governo Renzi, attivissimo sul piano comunicativo, ma totalmente afasico sulle questioni urbane e territoriali).

La prima legge, già da me brevemente commentata alla Scuola di eddyburg del 2013, ha istituito i governi metropolitani. Si tratta della “Loi de modernisation de l’action publique territoriale et d’affirmation des métropoles”: presentata al Consiglio dei Ministri il 10 aprile 2013, dopo due passaggi davvero rapidi rispetto ai tempi italiani all’ Assemblée nationale e al Senato, e dopo aver superato con parere favorevole il ricorso alla Corte Costituzionale presentato da alcuni deputati, è già entrata in vigore nel gennaio scorso.

una legge molto complessa e articolata i cui contenuti sono ben lontani dal ‘modello Delrio’. Nei primi Capitoli si è compiuta una svolta rilevantissima: la legge restituisce infatti a Dipartimenti e Regioni le competenze loro sottratte dalla legge 2010-1563[2] approvata sotto la Presidenza Sarkozy che si configurava come un vero e proprio atto di ‘macelleria istituzionale’ – una legge paragonabile negli intenti alla abolizione delle nostre Province, anche se ancora più distruttiva; istituisce inoltre soltanto 3 Métropoles (Métropole de Paris, Métropole de Lyon, Métropole d’Aix-Marseille-Provence); delinea infine le condizioni per il passaggio futuro, e volontario, allo statuto di Métropole delle altre agglomerazioni metropolitane.

La legge dunque dà il via a Métropoles a statuto particolare, anziché proporre un modello unico per aree metropolitane tutt’affatto differenti; è flessibile, poiché consente, nel rispetto di precise condizioni, un ampliamento dei perimetri statuiti dalla legge (che sono nel caso di Parigi la Proche Couronne, nel caso delle altre due metropoli i perimetri delle Communautés Urbaines/CU), confermando l’approccio a ‘geometria variabile’ già ben consolidato nella tradizione francese di intercomunalità volontaria. Anche sul tema della rappresentanza, il modello è differenziato: elezione di secondo grado nel caso di Parigi, dove il sindaco è anche Presidente della Métropole; mentre a Lione, che vanta una consolidata ed eccellente tradizione di governance di area vasta, per la prima volta si sperimenterà la grande innovazione (auspicata per decenni da Delouvrier e anche dall’ ex-sindaco stratega di Lione Raymond Barre per le CU): il Consiglio metropolitano sarà eletto a suffragio universale e il Presidente a scrutinio segreto e a maggioranza assoluta dal Consiglio. Alle Métropoles spettano estese competenze esclusive (nel caso di Lione, anche il piano d’uso dei suoli) sotratte ai Comuni e risorse finanziarie adeguate: proprio l’opposto delle nostre Città Metropolitane).

La seconda legge, promulgata il 21 febbraio 2014, è altrettanto importante. Si tratta della « Loi de programmation pour la ville et la cohésion urbaine” che rappresenta una nuova tappa della “Politique de la ville” avviata dal 1990 in Francia con l’istituzione del Ministère de la Ville. Nata per ridurre la doppia velocità urbana intervenendo sui tessuti più degradati, la Politique de la ville ha destinato negli anni cospicui fondi statali per la riqualificazione dei quartieri con alto disagio economico e sociale (le cosiddette ZUS/Zones Urbaines Sensibles) attraverso i contratti Stato/città[3]. La legge stabilisce criteri rinnovati per l’identificazione dei “quartieri prioritari” che sostituiranno le ZUS correggendone alcuni difetti, sintetizzabili nella locuzione, in Italia peraltro abusata, di ‘eccesso di centralismo e assistenzialismo’. Si introducono infatti disposizioni atte a favorire un maggiore coinvolgimento delle amministrazioni locali nella analisi e nell’individuazione dei quartieri di intervento prioritario; si introduce una riforma fiscale che obbliga le associazioni intercomunali firmatarie di contrats de ville a istituire un fondo di perequazione per il rafforzamento della solidarietà alla scala territoriale pertinente - la firma del contratto sarà condizionata dalla presenza di questo patto di solidarietà; infine, la legge sancisce l’estinzione, entro il 2014, delle Zone Franche Urbane: i quartieri più in crisi ai quali sono stati dedicati incentivi fiscali ed economici straordinari al fine di attrarre imprese e ridurre la disoccupazione.

Di nuovo, come nel primo caso, la legge, nel suo ampio articolato, entra molto in dettaglio anche nel merito di questioni sociali (e urbanistiche) rilevanti: ad esempio, in materia di non discriminazione di cittadini extracomunitari per quanto attiene all’accesso agli alloggi sociali realizzati con i Contratti finanziati dallo Stato; di non discriminazione relativa agli orientamenti sessuali; di ridefinizione ancora più articolata e fine del significato (e degli specifici contenuti funzionali) di mixité nei progetti di riqualificazione che riguarderanno i “quartieri prioritari”.

Infine, la terza legge, attualmente ancora in discussione, “Projet de loi pour l'accès au logement et un urbanisme rénové”, affronta il problema del disagio abitativo e della crisi degli alloggi con l’intento di “favoriser l'accès de tous à un logement abordable”. Essa prevede in estrema sintesi misure di regolazione degli affitti al fine di proteggere i locatari, e misure per indennizzare i proprietari privati nel caso di inquilini morosi, al fine di prevenire gli sfratti; misure per garantire l’alloggio ai senza casa; e una riforma del sistema di accesso all’edilizia economico popolare, più trasparente ed equo.
Sembrerebbe una legge ‘di settore’ dunque, relativa all’emergenza casa: ma estremamente interessante è il Titolo IV (articoli dal 58 all’84), dove la questione abitativa viene contestualizzata nel tema più generale del miglioramento della città pubblica e del controllo del consumo di risorse territoriali. Come recita anche il titolo della legge, l’obiettivo della ‘casa per tutti’ si inserisce in un disegno ben più ampio di rinnovamento dell’urbanistica - “urbanisme rénové”- e si propone inoltre una “transizione ecologica dei territori” da realizzare attraverso misure importanti e prescrittive: l’obbligo alla copertura del territorio nazionale con i piani di area vasta intercomunali (Schéma de Cohérence Territoriale/SCOT), ancora non pienamente realizzata; il trasferimento alle associazioni intercomunali delle competenze, oggi comunali, in materia di elaborazione dei piani urbanistici d’uso dei suoli: (Plan Local d’Urbanisme/PLU) (sic!); il rafforzamento della lotta al consumo di suolo attraverso nuovi strumenti di politica fondiaria affidati alle collettività locali; e infine l’obbligo al coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni in materia urbanistica.

Anche senza entrare in dettagli, siamo molto lontani, per capacità di visione e per coerenza, dalle poche, e modestissime, proposte di legge che nel nostro paese, da più di un ventennio, sono sempre settoriali ; non incrociano mai i temi del territorio, della città e della giustizia sociale; sono appiattite sulle dimensione, asfittica e di breve periodo, del risparmio di spesa, della semplificazione, del rilancio dell’edilizia privata; sono sempre alla ricerca di capri espiatori cui attribuire le responsabilità di un dissesto delle pubbliche finanze che dipende invece da inefficienze, disprezzo dei beni comuni, sfiducia nella pianificazione, fiducia pressochè esclusiva nel mercato: tutti elementi che spiegano anche la dilagante, incoercibile corruzione pubblica.

Restiamo in attesa di rapide proposte e decisioni, paragonabili a quelle del governo francese sotto Hollande, da parte del nuovo presidente del consiglio. Ma nell’alluvione di parole e promesse di Renzi non vi è traccia di consapevolezza della necessità di fermare l’assalto ai beni comuni consentito, e anzi promosso, a partire dagli anni ’80 dello scorso secolo dalle ‘riforme’ urbanistiche nazionali e di molte regioni, né il suo passato di sindaco di Firenze autorizza alcun ottimismo.

[1]

Anche il prossimo numero di Meridiana sarà dedicato al tema delle Città Metropolitane e, in particolare, ospiterà anche alcune riflessioni più mirate sui casi di Milano, Napoli e Roma.

[2] Si tratta della “Loi de réforme des collectivités territoriales” del 16 dicembre 2010, i cui previsti tempi lunghi di attuazione ne hanno scongiurato l’attuazione prima della sconfitta elettorale di Sarkozy.

[3] Il Plan National de Renovation Urbaine (2004-2013) promosso e finanziato dal Ministère de la Ville ha stanziato 14 miliardi di euro, realizzato 375 progetti di riqualificazione, coinvolto 3 milioni di abitanti . Fonte: Comité d’évaluation et de suivi de l’Agence Nationale de la Rénovation Urbaine (ANRU), La rénovation urbaine à l’épreuve des faits. Rapport 2009 d’évaluation, La documentationa francaise, Paris, 2010.

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