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Marco Bersani
Laboratorio Roma
28 Febbraio 2014
Roma
La partita che si gioca a Roma è un episodio del lavorio dei neoliberisti per strozzare progressivamente i possessori dei patrimoni collettivi per privatizzarli e ridurli a strumenti del capitale finanziario. Attivissimi in questa impresa gli esponenti della politica delle "larghe intese", annidati nelle istituzioni e nel nuovo parastato.

La partita che si gioca a Roma è un episodio del lavorio dei neoliberisti per strozzare progressivamente i possessori dei patrimoni collettivi per privatizzarli e ridurli a strumenti del capitale finanziario. Attivissimi in questa impresa gli esponenti della politica delle "larghe intese", annidati nelle istituzioni e nel nuovo parastato. Il manifesto, 28 febbraio 2014

Strano esor­dio quello del pre­mier Renzi, che, dal pate­tico inse­dia­mento a Pre­si­dente del Con­si­glio, non perde occa­sione per rimar­care il legame che vuole man­te­nere con i ter­ri­tori, riven­di­cando il modello del «sin­daco d’Italia». Strano esor­dio per­ché il primo atto signi­fi­ca­tivo del suo governo è stato il ritiro del decreto «Salva Roma», met­tendo così a rischio l’approvazione del bilan­cio di Roma Capi­tale e facen­dola peri­co­lo­sa­mente avvi­ci­nare al totale default.

Attri­buire tutto que­sto alle forze di oppo­si­zione, che, in quanto tali, non hanno i numeri per far sal­tare alcun­ché, appare deci­sa­mente poco cre­di­bile; e forse le ragioni di quanto sta suc­ce­dendo andreb­bero ricer­cate nel rias­setto degli equi­li­bri interni alle diverse elite politico-finanziarie, che, a diversi livelli, hanno con­tri­buito al rag­giun­gi­mento della pol­trona più ambita (per ora) da parte del ragazzo che non ha l’età.

In realtà, la par­tita che si sta gio­cando sui destini di Roma Capi­tale costi­tui­sce un inte­res­san­tis­simo labora­to­rio del con­flitto che, nei pros­simi mesi, vedrà gli enti locali al cen­tro dello scontro.

Sapien­te­mente spo­gliati nell’arco degli ultimi quin­dici anni da un com­bi­nato dispo­sto di misure for­mato dal patto di sta­bi­lità interno, dalla dra­stica ridu­zione dei tra­sfe­ri­menti era­riali, da vec­chi tagli e più moderne spen­ding review, fino alla costi­tu­zio­na­liz­za­zione del pareg­gio d bilan­cio, gli enti locali sono ora cotti a pun­tino per dive­nire i più effi­cienti ese­cu­tori delle poli­ti­che libe­ri­ste, rese «ine­vi­ta­bili» dalla trap­pola del debito pub­blico e dall’aver assunto come prio­rità indi­scu­ti­bili i vin­coli mone­ta­ri­sti impo­sti dall’Unione Europea.

Gli enti locali sono al cen­tro del con­flitto, in quanto ancora deten­tori di una quan­tità di beni – ter­ri­to­rio, patri­mo­nio immo­bi­liare e ser­vizi pub­blici– valu­ta­bili attorno ai 570 miliardi (stime Deu­tsche Bank del 2011) ed entrati da tempo nel mirino dei grandi capi­tali finan­ziari, alla dispe­rata ricerca di asset sui quali inve­stire l’enorme massa di ric­chezza pri­vata pro­dotta dalle spe­cu­la­zioni finan­zia­rie dell’ultimo decennio.

Non è certo un caso la tra­sfor­ma­zione, in atto negli ultimi anni, di Cassa Depo­siti e Pre­stiti da ente per il soste­gno a tassi age­vo­lati degli inve­sti­menti degli enti locali a SpA mista pubblico-privata che si pone come part­ner finan­zia­rio per il soste­gno alle grandi opere, per la «valo­riz­za­zione» del patri­mo­nio degli enti locali, per l’aggregazione in grandi mul­tiu­ti­lity della gestione dei ser­vizi pub­blici locali.

Se que­sta è la par­tita, appare a dir poco insuf­fi­ciente l’indignazione del sin­daco Marino con rela­tive minacce di dimis­sioni. Ciò che sta per essere pro­gres­si­va­mente dismessa è la fun­zione pub­blica e sociale dell’ente locale in quanto tale, per tra­sfor­marne il ruolo da ero­ga­tore e garante dei ser­vizi per la col­let­ti­vità a faci­li­ta­tore dell’espansione degli inte­ressi finan­ziari e spe­cu­la­tivi su ogni set­tore delle comu­nità territoriali.

Una solu­zione imme­diata per evi­tare oggi il default di Roma Capi­tale verrà sicu­ra­mente tro­vata e avrà, in piena sin­to­nia con il decreto «Salva Roma» appena riti­rato, le mede­sime carat­te­ri­sti­che di dare un po’ di respiro nel breve per ren­dere più strin­gente la catena del ricatto nel medio periodo.

L’idea del sin­daco e della giunta capi­to­lina di poter gover­nare la città non met­tendo in discus­sione alcuno dei vin­coli strut­tu­rali che ne impri­gio­nano la pos­si­bi­lità di azione è desti­nata in breve tempo a rive­larsi per quello che è: nient’altro che una pura illu­sione oggi, desti­nata a dive­nire com­pli­cità domani.

Per que­sto, una solu­zione vera al con­flitto in corso fra Governo e Roma Capi­tale non può venire dalle dina­mi­che isti­tu­zio­nali, bensì solo ed uni­ca­mente da una mobi­li­ta­zione sociale ampia con­tro la trap­pola del debito e per un’indagine popo­lare e indi­pen­dente sullo stesso, con­tro il patto di sta­bi­lità e per la fuo­riu­scita imme­diata dallo stesso di ogni inve­sti­mento rela­tivo alla riap­pro­pria­zione dei beni comuni e alla rea­liz­za­zione del wel­fare locale, con­tro le pri­va­tiz­za­zioni e per una gestione par­te­ci­pa­tiva dei ser­vizi pub­blici locali, con­tro gli inte­ressi finan­ziari e per una nuova finanza pub­blica e sociale.

Si tratta sem­pli­ce­mente di riap­pro­priarsi della democrazia

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