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Andrea Fabozzi
Fassina salta sul " Fassina chi?"
5 Gennaio 2014
Articoli del 2014
Nel PD c'è qualcuno cui non piace «il partito padronale». E se ne va dal governo.

Nel PD c'è qualcuno cui non piace «il partito padronale». E se ne va dal governo.

Il manifesto, 4 gennaio 2014

Mat­teo Renzi aveva appena finito di ripe­tere le solite ras­si­cu­ra­zioni — «non sono io che metto in dif­fi­coltà il governo» — quando gli è venuto fuori un gesto arro­gante che offre l’occasione a un suo avver­sa­rio interno di attac­carlo in con­tro­piede. «Fas­sina chi?», ha fatto finta di non capire in con­fe­renza stampa il segre­ta­rio. E Ste­fano Fas­sina qual­che ora dopo si è dimesso. Ma è stata quella del vice­mi­ni­stro all’economia una mossa poli­tica stu­diata, pre­pa­rata con un paio di inter­vi­ste nell’ultima set­ti­mana. Che serve a cari­care su Renzi la respon­sa­bi­lità dell’esecutivo. Può farlo cadere, se vuole. O sosti­tuire i mini­stri del Pd, se ha voglia di imbar­carsi in un com­pli­cato rim­pa­sto.
Anzi, a que­sto punto dovrà pro­ba­bil­mente farlo. E di certo ha messo il governo in dif­fi­coltà. Ste­fano Fas­sina si dimette, e deve pre­ci­sare «irre­vo­ca­bil­mente» per­ché nell’ottobre scorso era tor­nato indie­tro da un iden­tico annun­cio dovuto a un dis­senso sulla legge di sta­bi­lità, poi Letta lo aveva con­vinto a restare. Il vice­mi­ni­stro rie­sce adesso a sca­ri­care sul gesto sgar­bato di Renzi una sua già matura scelta di rot­tura, e prova a rad­dop­piarne l’effetto. Ancora ieri mat­tina dai gior­nali Fas­sina insi­steva per un rim­pa­sto, met­tendo il suo man­dato «a dispo­si­zione» di Letta e Renzi. «La squa­dra di governo è espres­sione di un Pd archi­viato», spie­gava da «reduce» della scon­fitta cor­rente ber­sa­niana. Renzi non lo degnava di una rispo­sta, se non alla fine con quel «chi?» irri­dente che in pas­sato il sin­daco di Firenze aveva subito da D’Alema. Fas­sina non si lascia sfug­gire l’occasione. «Le parole di Renzi su di me con­fer­mano la valu­ta­zione poli­tica che ho pro­po­sto in que­sti giorni: la dele­ga­zione del Pd al governo va resa coe­rente con il risul­tato con­gres­suale; è respon­sa­bi­lità di Renzi pro­porre uomini e donne sulla sua linea», dice. E poi aggiunge la for­mula clas­sica del bravo diri­gente: «Non c’è nulla di per­so­nale, è una que­stione poli­tica».
Poli­tica, ma anche un po’ per­so­nale era di certo la posi­zione sco­moda nella quale si era venuto a tro­vare Fas­sina, respon­sa­bile di quelle poli­ti­che eco­no­mi­che che Renzi e i ren­ziani non hanno smesso un minuto di bom­bar­dare dall’esterno, prima e dopo le pri­ma­rie. Nel giorno dell’addio, il vice­mi­ni­stro si toglie lo sfi­zio di stuz­zi­care il col­lega Del Rio, unico mini­stro di lunga mili­tanza ren­ziana. È di certo lui quell’«autorevole col­lega che si arram­pica sugli spec­chi» di fronte alle cri­ti­che quo­ti­diane del segre­ta­rio Pd.
Ma con­se­gnate le dimis­sioni a Letta, Fas­sina riceve pub­blica e imme­diata soli­da­rietà solo dall’esterno del Pd. Gianni Cuperlo solo in serata esprime «dispia­cere per l’episodio che ha gene­rato le dimis­sioni», e chiede a Renzi «rispetto per le per­sone». Mat­teo Orfini, espo­nente di quella cor­rente dei gio­vani tur­chi che sta cer­cando un’interlocuzione con il neo segre­ta­rio, cor­rente della quale Fas­sina non fa parte, bac­chetta l’uno e l’altro. Renzi per «gli atteg­gia­menti gua­sco­ne­schi». Fas­sina per­ché avrebbe dovuto rea­gire «impe­gnan­dosi a fare di più». La nuova mag­gio­ranza ren­ziana avvolge l’episodio nel gelo. Il por­ta­voce della segre­te­ria Gue­rini liquida la vicenda come un disturbo dovuto a motivi per­so­nali: «Non c’è motivo di fare pole­mi­che, ma di lavo­rare, e molto. Dispiace che Fas­sina esprima in que­sto modo il suo disa­gio riguardo alla sua pre­senza nel governo». Il ren­ziano Mar­cucci parla di «dimis­sioni per futili motivi»; altri di «pan­to­mima». Renzi con­ti­nua a non accor­gersi di Fas­sina. A dimis­sioni già date, scrive su twit­ter di sen­tirsi «molto con­tento» per l’esito della prima segre­te­ria a Firenze. E aggiunge l’hashtag #lavol­ta­buona che sarebbe troppo mali­gno col­le­gare all’addio del vice­mi­ni­stro.

Anche per­ché quell’incarico all’economia andrà comun­que affi­dato, a meno di non con­si­de­rare il governo già in esau­ri­mento. E dun­que si aprirà quel rim­pa­sto che tanti pro­blemi potrebbe creare sia a Letta che a Renzi, e forse soprat­tutto a Renzi che non potrebbe più con­ti­nuare con un piede den­tro e l’altro fuori. C’è al governo per esem­pio il mini­stro Zano­nato, che è pari­menti dell’area che fu di Ber­sani. E c’è la mini­stra Can­cel­lieri: Renzi la voleva fuori, non troppo tempo fa.

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