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Giorgio Nebbia
La vita e l'economia dipendono dal mare
11 Dicembre 2013
Giorgio Nebbia
Stiamo appena risanando alla meglio le ferite apportate al nostro paese da alcune settimane di tempeste fuori dell’ordinario... >>>

Stiamo appena risanando alla meglio le ferite apportate al nostro paese da alcune settimane di tempeste fuori dell’ordinario... >>>

Stiamo appena risanando alla meglio le ferite apportate al nostro paese da alcune settimane di tempeste fuori dell’ordinario, con terre allagate, case, campi e fabbriche invase dal fango, e dolori e disagi di migliaia di persone e danni monetari e morti. Fenomeni che ci hanno resi fratelli di milioni di altre persone colpite da tempeste e alluvioni, nel corso di questo 2013, in tante altre parti della Terra. Sono (abbastanza) note le cause di tali disastri per quanto riguarda i continenti: erosione del suolo dovuta a diboscamento e a colture intensive, mancanza di manutenzione dei fiumi e torrenti, costruzioni in luoghi non adatti di edifici, strade e ponti che hanno ostacolato lo scorrere naturale delle acque, eccetera.

Minore attenzione viene invece rivolta al ruolo che il mare ha in questi eventi così gravi; il mare, la cui superficie è oltre il doppio di quella delle terre emerse, è un gigantesco collettore dell’energia solare che scalda la superficie degli oceani (il più grande è quello Pacifico, seguito da quello Atlantico e dall’Oceano Indiano) e dei tanti mari, alcuni dei quali, come il Mediterraneo, sono poco più che grandi laghi all’interno dei continenti. L’acqua di mare è caratterizzata da una temperatura variabile a seconda della latitudine e della stagione e che risulta “in media” di circa 15 gradi Celsius, e da un contenuto medio di sali di circa 35 chilogrammi per metro cubo di acqua, anche questo variabile a seconda della vicinanza delle foci dei grandi fiumi di acqua dolce o della vicinanza dei ghiacciai polari.

Il flusso della radiazione solare scalda gli strati superficiali dei mari e fa evaporare una parte dell’acqua che si disperde nell’atmosfera, il terzo protagonista del grande ciclo dell’acqua sulla Terra. Il vapore acqueo caldo sale nella massa dell’atmosfera e si dirige verso zone della Terra più fredde, nelle quali si separerà dall’atmosfera in forma liquida ricadendo sui mari e sulle terre emerse sotto forma di piogge. Questo spostamento delle masse di vapore acqueo nell’atmosfera contribuisce a generare quelli che chiamiamo venti, il quarto protagonista del grande spettacolo che si svolge sul palcoscenico della natura. Le variazioni di temperatura della superficie terrestre e dei mari, i venti e i continui movimenti degli strati superficiali del mare hanno un ruolo benefico per l’esistenza umana: scaldano le parti fredde della Terra, rendono abitabili le zone calde e portano piogge nelle zone aride.

Qualche volta la natura esagera; per motivi poco noti certe volte “piove troppo” e altre volte le piogge ritardano e provocano siccità. L’analisi delle forze che governano le grandi circolazioni di acque e aria sul pianeta, spiega che le normali bizzarrie climatiche si sono aggravate, in questo ultimo secolo, per il lento aumento della temperatura dell’atmosfera, e quindi della superficie dei mari, dovuto alla modificazione della composizione chimica dell’atmosfera per colpa degli inquinamenti umani. L’IPCC, il gruppo di scienziati di diversi governi che studiano i mutamenti climatici, ha di recente completato il quinto aggiornamento sul clima planetario che ha confermato il rapporto fra attività umane e peggioramento del clima. Mediante l’uso di modelli matematici adesso si capisce qualcosa di più sull’origine delle tempeste che devastano sempre più spesso tante parti del pianeta con una frequenza e violenta che non si ricordavano da decenni o secoli.

Che fare ? Le opere di rimboschimento o la protezione del verde esistente consentono di rallentare il flusso delle acque sul terreno e l’erosione. Soprattutto occorre cercare di prevenire le conseguenze che tali bizzarrie avranno sulle terre emerse, tenendo liberi da ostacoli gli alvei di torrenti e fiumi, “le strade” in cui le piene improvvise possano scorrere liberamente verso il mare. Questo richiede più rigorose norme che vietino le costruzioni vicino o lungo le strade dell’acqua e occorrono sistemi di vigilanza continua sui fiumi, torrenti e fossi: delle sentinelle idrologiche che informino continuamente le autorità responsabili sullo stato delle acque. Ma ci sono anche dei possibili preallarmi delle condizioni climatiche anomale.

Uno è costituito dalla misura della temperatura delle acque costiere, in genere in aumento quando si avvicinano piogge particolarmente intense. Mi chiedo quanti amministratori pubblici sappiano che l’Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) ha un proprio sito Internet www.mareografico.it, nel quale sono riportati, per numerose stazioni costiere, istante per istante, i caratteri fisici del mare: temperatura, acidità, salinità le informazioni essenziali per conoscere lo stato dei mari e il suo mutamento. Il prof. Antonio Lupo mi ha scritto che alcuni quotidiani del Friuli pubblicano ogni giorno i dati del mare misurati dai locali Istituti Nautici.

Mi auguro che tutti i quotidiani vogliano inserire un piccolo notiziario “del mare” considerando che l’Italia ha ottomila chilometri di coste, è esposta a siccità e tempeste che, in parte, possono essere previste proprio da tali dati. Questa vigilanza offre una nuova occasione di “servizio” alla comunità civile per le università e gli Istituti tecnici regionali, e per le autorità civili e militari del mare. Oggi è certo, infatti, che è il mare il vero grande protagonista e responsabile degli eventi da cui dipendono la vita e l’economia.

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