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Fabrizio Bottini
La scienza aCerba fa male alla salute
22 Dicembre 2013
Milano
Qualche breve considerazione generale sul fallimento del progetto Cerba di Umberto Veronesi a Milano, e sulle prospettive future di una città metropolitana al passo coi tempi, e non con le esigenze di qualche gruppo finanziario speculativo

Qualche breve considerazione generale sul fallimento del progetto Cerba di Umberto Veronesi a Milano, e sulle prospettive future di una città metropolitana al passo coi tempi, e non con le esigenze di qualche gruppo finanziario speculativo

Nell'ultima valanga di dichiarazioni arroventate, dopo la bocciatura del progetto di Centro Ricerche Biomediche Avanzate, si confonde sicuramente nel clamore quella sottotono dell'ex candidato alla presidenza della regione Lombardia, Umberto Ambrosoli, e della vicesindaco con delega all'urbanistica, De Cesaris: cerchiamo un'altra area? Non trova tantissima eco, e per forza, dato che implacabilmente mette in primo piano il vero oggetto del contendere di tutta la faccenda, ovvero una ennesima, grossa speculazione edilizia, finanziaria e chissà cosa sul groppone dei cittadini, della qualità ambientale, dello sviluppo metropolitano, pudicamente nascosta dietro la semitrasparente tendina del solito progetto sostenibile per autodefinizione, di green hospital, e naturalmente dell'ego di Umberto Veronesi, all'interno del quale ogni contraddizione urbanistica, giudiziaria, sociale, scientifica, sanitaria e via dicendo, deve per destino ineluttabile trovare ricomposizione. E invece no.

E invece: cerchiamo un'altra area? Si riparte esattamente dalle osservazioni di chi, giusto all'inizio della vicenda, non si sognava neppure di metter becco negli obiettivi scientifici, occupazionali, socio-sanitari di questo green hospital, e neppure a ben vedere nemmeno del suo estendersi su tutti quegli ettari. Anche se di solito il risultato urbanistico di certe autoreferenziali megalomanie mediche (quei baracconi fabbriche di traffico degrado esclusione e di disagio dentro e fuori che sono la maggior parte dei nostri ospedali) non è gran che, accettiamo pure in parte questa relativa invasione di campo. Ma: perché proprio lì? Non c'è un altro posto?

Visto che ci si appella all'Europa, al globo terracqueo intero per salvare la Scienza con la S maiuscola, per rilanciare il ruolo dell'area metropolitana sul versante dell'economia della conoscenza, magari si potrebbe attingere al medesimo contesto anche qualche spunto sul versante della pianificazione territoriale, e senza passare necessariamente attraverso il filtro tuttologico del professor Veronesi, che sicuramente (l'ha già fatto con le scorie nucleari, con gli Ogm all'Expo eccetera) vorrebbe impartire all'umanità tutta lezioni magistrali di planning. Se guardiamo a tutto il mondo, scopriamo che le migliori tendenze e i migliori auspici per lo sviluppo urbano, occupazionale, di riqualificazione sostenibile, ruotano attorno a un paio di principi: contenimento sino all'opzione zero del consumo di superfici greenfield, e coinvolgimento delle imprese di alto profilo tecnologico, scientifico e organizzativo nel recupero di aree brownfield, dove intervenire per progetti integrati che massimizzino il riuso di infrastrutture esistenti e ricostruiscano sistemi di quartiere multifunzione.

Solo per fare un piccolo esempio: pare del tutto campato per aria straparlare di mobilità dolce e integrazione spaziale, se alla prima occasione (e che occasione, sul versante occupazionale e competitivo) ci si siede passivamente sul modello insediativo suburbano automobilistico, salvo promettere come si fa in buona sostanza sempre da una cinquantina d'anni, grandi futuri investimenti in costose metropolitane. Intervenire su aree già urbanizzate, tendenzialmente centrali, consente il riuso e rilancio di infrastrutture esistenti, la modernizzazione di altre, un effetto domino positivo su zone confinanti. E ogni metro di recupero brownfield corrisponde a parecchi metri di greenfield risparmiato.

Il professor Umberto Veronesi, nelle sue varie e multiformi espressioni dichiarazioni, pubblicazioni, sostiene la superiorità della dieta vegetariana, e forse non gli sarà sfuggito neppure il moderno movimento che tende a legare in qualche modo alimentazione, salute, territorio, ambiente. Senza entrare in dettagli, vale però la pena ricordare che nei modelli di sviluppo urbano (quelli per intenderci su cui si discute da un paio di secoli, non le trovate dell'altro ieri tutte da verificare) c'è il sistema delle interposizioni agricole e naturali ai processi di espansione urbana e artificializzazione degli spazi. In gergo si chiamano queste fasce di separazione greenbelt, green wedge, green buffer, e a seconda dei contesti svolgono un ruolo di superfici agricole, a parco, o più recentemente di infrastrutture verdi ovvero sfruttamento anche ingegneristico di funzioni naturali nel metabolismo urbano. Lì si possono concentrare anche le produzioni di alimenti destinati alla rete di distribuzione locale, che come ancora insegnano le esperienze internazionali risultano più sani, sostenibili, socialmente utili.

Il Cerba, piazzato nel bel mezzo della greenbelt milanese, con l'unico evidente motivo di stare accanto all'esistente Istituto Oncologico Europeo del professor Veronesi, era in aperta contraddizione con tutto quanto riassunto sopra. Le vicende legali del gruppo Ligresti, proprietario delle aree, le modifiche successive del progetto urbanistico piuttosto banalizzanti, ne hanno anche messo in luce non pochi risvolti del tutto strumentali a cose che con la Scienza, la Salute, lo sviluppo locale, hanno pochissimo o nulla a che fare. E, lasciando ovviamente alla magistratura il compito di far chiarezza e giustizia su questi risvolti, si può concludere invitando tutti, Veronesi incluso, a considerarli proprio dei risvolti, sgradevoli ma secondari. E a rilanciare l'inascoltato, sinora, appello di tutti gli oppositori. Oppositori non della Scienza, della Salute e che altro, ma oppositori di loro strumentalizzazioni indebite a nascondere squallide speculazioni sulla pelle dei cittadini e della città. Allora: cerchiamo un'altra area?

Poscritto. Pare che Veronesi voglia indire addirittura un referendum cittadino a sostegno della propria idea (e implicitamente degli interessi che l'hanno sostenuta sinora). Abbastanza facile immaginare quali sarebbero le argomentazioni di questo referendum, spiegato più o meno nei termini: tu cittadino sei favorevole o contrario alla lotta contro il cancro? Il che confermerebbe se necessario l'idea maturata lungo tutto l'arco della vicenda, che il principale ostacolo al Centro Ricerche Avanzate sta nell'ingombrante presenza del suo sponsor, il professore Veronesi (f.b.)

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