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Piero Borghini
Città metropolitana: ricordiamo Cattaneo e il «modello etrusco»
17 Novembre 2013
Milano
Considerazioni di un addetto ai lavori sull'imminente riforma degli enti locali, orientate a un moderato ottimismo.

Considerazioni di un addetto ai lavori sull'imminente riforma degli enti locali, orientate a un moderato ottimismo. Corriere della Sera Milano, 17 novembre 2013, postilla (f.b.)

A 23 anni dalla loro istituzione per legge e a 12 dal loro inserimento nella Costituzione, sembra che adesso le Città metropolitane stiano davvero per nascere cogliendo, salvo pochi addetti ai lavori, un po’ tutti di sorpresa. Carlo Tognoli, intervenendo nei giorni scorsi su questo tema, ha affermato che «se non c’è condivisione e rapidità nelle decisioni … tutto rischia di rimanere com’è adesso».
Come mai, dopo anni di attese e rinvii, oggi è possibile, oltre che urgente, procedere in questa fondamentale opera di riforma istituzionale? Perché con il decreto legge sulla spending review del governo Monti, quello che abolisce le Province, la questione di cosa mettere al loro posto è tornata di stringente attualità. Con una novità, però, che spiega perché sia forse questo il momento buono. Mentre in precedenza le città metropolitane erano calate dall’alto ed erano praticamente fatte «con lo stampino», ossia tutte uguali fra di loro, ora debbono nascere dal basso e possono essere fatte «su misura» dai diretti interessati. Quindi si può procedere. È evidente che si tratta di una sfida importantissima per la politica locale. Dal 1 gennaio 2014 il Sindaco di Milano subentrerà infatti al Presidente della Provincia e verrà chiamato a presiedere la Conferenza dei sindaci cui spetta di scrivere lo Statuto della Città metropolitana, ossia di dire «che cosa» sia, quali obiettivi si proponga e «come» dovrà funzionare per raggiungerli. Un compito da padri costituenti.

A cosa deve servire, infatti, la città metropolitana? Innanzi tutto a «reinventarsi» il ruolo dei Comuni nell’era della contrazione della spesa pubblica, a rinnovare il rapporto tra cittadini e istituzioni, a fornire servizi più efficienti a costi più contenuti , ad estendere ed intensificare quella qualità urbana che è uno dei fattori fondamentali per lo sviluppo dell’economia contemporanea ed infine, ma non per ultimo evidentemente, a ritrovare l’anima profonda della città. Milano non è una megalopoli né vuole diventarlo adesso, trasformandosi in una specie di super Comune. Essa è piuttosto il «cuore» e anche il «cervello» di un arcipelago funzionalmente integrato e densamente popolato, punteggiato di città e comuni che ne costituiscono, per così dire, le «isole». «Isole» dotate di ampia autonomia e di radicati e profondi sentimenti di appartenenza locale. Solo tenendo conto di questi sentimenti Milano può costruire qualcosa di solido e duraturo.

Come diceva Carlo Cattaneo, le città si sono storicamente evolute seguendo due vie: la via etrusca, «federativa e molteplice», «vivaio di città generatrici di città», e la via romana, tendente ad ingigantire un’unica città «che il suo stesso incremento doveva snaturare». Accingendosi ad imboccare una nuova strada, Milano farebbe bene a ricordarsi di questo suo illustre cittadino.

postilla
Anche al netto dalla vaga sensazione che queste considerazioni come spesso accade siano rivolte più che altro a qualche “suocera” che deve intendere, più che a noi “nuore” lettrici, conforta in qualche modo notare come il puro approccio contabile alla riforma degli enti locali e istituzione delle Città Metropolitane non occupi tutto lo spettro del dibattito politico, ma serva prevalentemente come strumento di azione e consenso. Per quali fini possiamo solo supporre, come implicitamente provavano a ipotizzare in vario modo anche gli interventi alla Scuola Estiva di Eddyburg di quest'anno, dedicata all'argomento (f.b.)

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