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«Ecco perché Legambiente sbaglia sulla chimica verde»
24 Maggio 2013
Comitati e movimenti
In una lettera di replica molto specifica dei Comitati Sardi per l'energia, un'esplicita accusa generale di metodo alla principale associazione ambientalista italiana.

Il manifesto, 24 maggio 2013 (f.b.)

Leggere il commento del vicepresidente di Legambiente Stefano Ciafani (il manifesto del 15 maggio) all'articolo «Contadini in rivolta contro la dittatura del cardo» a firma di Giuseppe De Marzo (il manifesto del 10 maggio) non ci ha sorpreso. Ci ha anzi riportato alla mente la posizione di Legambiente ai tempi dei lavori per il G8 sull'isola parco naturale della Maddalena. Lavori ai quali Legambiente diede il suo placet sostenendo che non modificavano lo skyline dell'isola. Ciò che resta di quei lavori è in corso di giudizio in tribunale. Un enorme spreco di denaro pubblico per strutture mai utilizzate, neanche un posto di lavoro, bonifiche finte ed un inquinamento ancora maggiore.

Noi lo avevamo detto. Noi, comitati e movimenti, che Legambiente ignora insieme alle pratiche di partecipazione dei cittadini alla presa delle decisioni, impelagata in accordi di partnership con imprese che sulle risorse ambientali speculano. È un dato di fatto. Legambiente è slegata dall'ambiente e legata da mille fili alle multinazionali della «green economy» comprese quelle che vogliono realizzare la chimica «verde» a Porto Torres. Un esempio può aiutarci. In questi giorni Repubblica ha pubblicato l'ottavo studio del Forum Nimby (l'osservatorio sui contenziosi legati alla realizzazione di nuove opere) in questa mappa dei conflitti ci siamo anche noi dei comitati che si battono contro la chimica «verde» a Porto Torres. Tra i componenti del comitato scientifico del Forum c'è anche il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza. I maggiori sponsor di questo Forum sono: A2A Energia (inceneritore di Brescia), Enel (centrale a carbone di Porto Tolle) e altri tra i maggiori beneficiari della truffa dei contributi cip6. E' inutile che Stefano Ciafani cerchi di dirottare il dibattito chiedendo se sia meglio l'energia prodotta da fonti fossili o dalle rinnovabili. Sappiamo bene cosa è meglio. Il problema però è perché si produce e come.

E la situazione paradossale della Sardegna è quella di una regione che produce molta più energia di quella che consuma e molta di più di quella che, data l' attuale portata dei cavidotti, riesce ad esportare. Dunque perché si vuole installare ancora più potenza inutilizzabile se non per scopi speculativi, per beneficiare di contributi e del commercio dei certificati verdi? E per di più utilizzando terreni a destinazione alimentare. Se avesse fatto una indagine accurata come ha fatto Giuseppe De Marzo, il signor Ciafani si sarebbe trovato di fronte, ad esempio, alla piana di Cossoine -ancora oggi coltivata fino alla più piccola parcella - dove la Energogreen Power avrebbe voluto realizzare, devastandola per sempre, un impianto Termodinamico di 160 ettari. E avrebbe scoperto un'intera comunità in lotta che dopo mesi di mobilitazione ha detto un no compatto con un referendum che ha visto votare la quasi totalità dei cittadini.

Per quanto riguarda la chimica «verde» invece, ci troviamo di fronte prima di tutto a un'operazione di marketing. L'Eni intende distogliere l'attenzione dal fatto che questi stabilimenti si stanno realizzando in uno dei Sin più inquinati d'Italia. Lo dice anche Ciafani, però non dice che il pm chiedendo il rinvio a giudizio dell'Eni, ha presentato una perizia di 500 pagine in cui si dimostrano le responsabilità della multinazionale in una delle più grandi catastrofi ambientali italiane. La chimica «verde» è un modo per l'Eni di non sborsare i soldi necessari alle bonifiche a cui è obbligata per legge. Un vero e proprio ricatto: se volete qualche posto di lavoro non cercateci sul resto. L'alternativa non è tra lavoro e salute perché la sproporzione è immensa tra i 400 posti di lavoro promessi e il mantenimento del controllo assoluto dell'Eni su i 23 km quadrati che conta la zona industriale di Porto Torres. Un quarto della superficie del comune che continuerebbe a insterilirsi, ad avvelenare i terreni e le acque circostanti e a propagare cancri e morte su chi ci lavora, ci lavorerà o ci vive vicino. Inoltre, la chimica «verde» dovrebbe funzionare a partire da biomasse locali - che verrebbero dalla mirifica coltivazione del cardo.

Secondo Matrìca, la consociata dell'Eni che conduce il progetto, bisogna ora passare ad una produzione agricola del cardo su scala industriale poiché il fabbisogno in biomassa è pari a 250.000 tonnellate l'anno. E ciò richiederebbe una superficie di coltivazioni che va, secondo le stime, da 70.000 a 120.000 ettari. Altro che le terre marginali di cui discetta Ciafani! La quasi totalità delle terre coltivabili del Nordovest della Sardegna verrebbero coinvolte e sconvolte. Oppure si userà, grazie alla normativa italiana che la assimila alle biomasse, la parte non biodegradabile dei rifiuti solidi extra-urbani? Le nostre ragioni sono semplici e tengono al fatto che la monocultura del cardo sterilizzerebbe le terre, distruggerebbe il biotopo e farebbe scomparire la biodiversità. Pure Legambiente potrebbe capirle.

Ecco perché noi non abbiamo nessuna intenzione di sottoporre i nostri modi di fare di vivere e di produrre all'industria, chimica o energetica che sia. La campagna si fa rara nel mondo, la si compra e la si snatura a chi più può. Noi, in Sardegna, abbiamo ancora terre e campagne, esse sono un bene d'avvenire. Non le lasceremo distruggere e taglieremo le ali agli avvoltoi delle fonti energetiche «sostenibili», che si tratti di imprenditori dell'eolico, del fotovoltaico o della biomassa. Vogliamo continuare a produrre legumi e latte, verdure e formaggi, carne e vino. Questo sappiamo fare e questo il mondo ci chiede: e che sia buono, sano, fresco. Faremo anche energia, quando sarà necessario ma lo decideremo noi. La campagna è l'humus stesso in cui l'urbano è incastonato, radice umile e spesso dileggiata, mondo affettivo e sognante, misura aperta ma certa dell'esistenza stessa della città e del cittadino. Di cui siamo.

Comitato no-chimica verde, Comitato no al termodinamico di cossoine, Comitato «Nurra dentro»


Qui su Eddyburg il citato articolo di Giuseppe De Marzo, "Contadini in rivolta contro la dittatura del cardo", da il manifesto 10 maggio 2013 (f.b.)
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