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Silvia Icardi
Prove (riuscite) di riconversione
6 Aprile 2013
Milano
Un ex ospedale psichiatrico, esperienza partecipata di riqualificazione urbana che cerca riconoscimento istituzionale. Intervista all'urbanista Massimo Bricocoli,

Corriere della Sera Milano, 6 aprile 2013 (f.b.)

A differenza dei grandi progetti urbani che stanno cambiando il volto di Milano, l'area dell'ex ospedale psichiatrico Paolo Pini, 270 mila mq ai confini settentrionali della città, si connota come un caso a sé. Di nuovi edifici qui non c'è nemmeno l'ombra mentre gli esistenti sono stati ristrutturati e destinati a nuove funzioni. Un intervento «leggero» ma definito da scelte coraggiose, lungimiranti e innovative. Nel '78, l'emanazione della Legge Basaglia, che sanciva la chiusura degli ospedali psichiatrici, ha avviato il processo di metamorfosi dell'area. Nel 2000 l'ospedale ha definitivamente cessato le sue attività. Da allora i trenta padiglioni immersi nel parco sono stati via via ristrutturati e riutilizzati ma attraverso piccole trasformazioni.

Oggi l'area ospita servizi sanitari, ricettivi, ricreativi, religiosi. Alcuni amministrati da strutture pubbliche, altri gestiti da gruppi non profit come Olinda, cooperativa nata nel '96 che impiega il 50% di persone svantaggiate. Olinda, il cui presidente è Thomas Emmenegger, organizza durante l'estate il festival di teatro, musica, poesia «Da vicino nessuno è normale» che rappresenta uno degli eventi culturali di punta della città. Il parco ospita inoltre giardini e orti comunitari utilizzati dagli abitanti dei quartieri vicini. Massimo Bricocoli, ricercatore presso il Dipartimento di architettura e studi urbani del Politecnico di Milano, che ha condotto per il Ministero francese della pianificazione una ricerca sul Pini, ci ha accompagnati sul posto.

Com'è che proprio in assenza di un progetto urbano d'insieme si è realizzato uno degli interventi urbani più interessanti in città? «Sembra paradossale ma in realtà esiste un vincolo urbanistico importante che si è mantenuto nel corso degli anni, quello della destinazione di tutti gli edifici a "servizi alla persona". In più, sia le aree sia gli immobili sono sempre stati di proprietà pubblica — anche se di enti diversi — e questo ne ha sicuramente facilitato il complesso processo di assegnazione e riuso».

Quanto hanno giocato l'intraprendenza e la lungimiranza della cooperativa Olinda?«Olinda è il nome di una delle città invisibili di Calvino quella che cresce e non produce periferia. È quello che si è cercato di fare qui adoperandosi affinché la periferia diventasse attrattiva quanto o più del centro. Organizzare un concerto con Piero Pelù o uno spettacolo teatrale di Marco Paolini significa richiamare persone non solo da Milano ma da tutta Italia».

Si è puntato molto sulla cultura, è questa la chiave di volta?«Sicuramente superare la nicchia del sociale tout court è stato il modo per rendere il luogo attrattivo per tutti. Oggi, tanto per fare due esempi, il Teatro LaCucina (dove un tempo c'era la mensa dell'ospedale psichiatrico) gode di fama crescente mentre il ristorante slow food Jodok (ricavato nell'ex obitorio) è frequentato da chi lavora e vive all'esterno del Pini».

Che rapporti hanno oggi gli abitanti della Comasina con questo luogo?«Un tempo quest'area era off limits, la grande scommessa è stata quella di aprirla alla città. Oggi gli abitanti dei quartieri vicini la descrivono come un grande parco con tanti servizi di qualità. Ormai dire "abito vicino al Pini" ha un'accezione positiva. Anche il progetto dell'associazione Il Giardino degli aromi con i suoi orti comunitari ha contribuito a questo processo di apertura: oggi i soci sono circa 120 ma le persone che li frequentano sono più di 400».

Proprio le aree minacciate dal progetto di nuova edificazione inserito nel Piano di governo del territorio… «Sì. Un progetto che solleva molte questioni rispetto allo sviluppo di Milano. In città ci sono già molti progetti residenziali avviati o approvati che rischiano di rimanere invenduti a causa della crisi. È giusto chiedersi: è opportuno creare ulteriore offerta consumando oltretutto suolo vergine?».

Al Pini l'amministrazione pubblica è stata distratta ma benevola, un binomio proficuo…«Guardare alla valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico non solo in un'ottica economica ma anche sociale è fondamentale. Cedere gli immobili in comodato d'uso gratuito o agevolato è sicuramente un buon viatico. Con la delibera Benelli-Castellano che definisce la messa a disposizione di spazi di proprietà comunale per attività con valenza sociale o culturale l'amministrazione attuale ha imboccato una strada feconda».

per chi non l'avesse ancora firmata QUI la petizione per l'ex OP Pini (f.b.)
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