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Sergio Rizzo
L’arte povera della Capitale
21 Luglio 2012
Roma
Una città che abusa del proprio patrimonio culturale: l’ennesimo sintomo del degrado di Roma. Corriere della Sera, 21 luglio 2012 (m.p.g.)

L’avvilente sesto posto di Roma nella classifica dei luoghi in grado di sfruttare al meglio la risorsa costituita dai beni culturali la dice lunga sull'indifferenza che circonda il nostro incredibile e ricchissimo patrimonio artistico, architettonico e archeologico. Abbiamo i monumenti più importanti del pianeta e li gestiamo come un fastidioso intralcio alla circolazione automobilistica. Prova ne sia quel gigantesco spartitraffico chiamato Colosseo che assiste ogni ora, come ha dimostrato una recente indagine di Legambiente, al passaggio di oltre duemila veicoli senza che il rumore scenda mai al di sotto della soglia limite di 70 decibel. In quale altro Paese del mondo sarebbe accettabile una tale assurdità? Crediamo nessuno. Altrove l'Anfiteatro Flavio e i Fori Imperiali, compresa magari piazza Venezia, sarebbero parte di una splendida ed enorme area pedonale a destinazione turistica. Invece qui, sembriamo più angosciati dal destino di qualche finto centurione che si aggira tra le rovine per accalappiare turisti sprovveduti impugnando una spada di legno, che interessati a tutelare e far rendere al meglio gli inestimabili tesori che ci sono toccati immeritatamente in eredità. Il circuito Colosseo-Palatino-Fori Imperiali (stiamo parlando di una zona archeologica che non ha confronti nel mondo intero) genera ogni anno introiti lordi per circa 35 milioni di euro: per capirci, non basterebbero venti anni di quegli incassi per tappare il buco delle perdite accumulate fino al 2010 nel bilancio dell'Atac. I soli servizi aggiuntivi (bookshop, ristorante, bar, parcheggio...) del Metropolitan Museum di New York garantiscono un fatturato doppio. Mentre l'incasso annuale del Louvre parigino supera quella cifra di tre volte e mezzo. Umiliante. Studi internazionali dimostrano che il riconoscimento dato dall'Unesco come patrimonio dell'umanità accresce mediamente del 30 per cento la redditività economica di un sito. Ma non in Italia, Paese che tuttavia ha più luoghi storici e paesaggistici tutelati dall'Onu di qualunque altra nazione. Meno che mai, poi, da queste parti. La dimostrazione è a pochi chilometri da Tivoli. Nel dicembre 1999, l'area archeologica di Villa Adriana, dove si possono ammirare i resti della meravigliosa reggia dell'imperatore Adriano, ha ottenuto anch'essa l'agognato bollino dell'Unesco. Ebbene, da allora, il numero dei visitatori paganti è crollato, riducendosi di oltre 1140 per cento: i biglietti sono scesi da oltre 1843 mila a meno di no mila. Un ventesimo rispetto ai turisti che, ogni anno, vanno alle rovine di Efeso in Turchia. Nel frattempo, lo stanziamento pubblico per la conservazione di Villa Adriana è ai minimi termini. Il bello è che qualcuno ancora si stupisce perché un prefetto, nominato commissario, insieme a qualche politico stravagante, avevano progettato di mettere a 800 metri dal sito archeologico una enorme discarica destinata ad accogliere i rifiuti della città di Roma. Capito in che mani siamo?

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