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Mary Ellen Podmolik
La stabilizzazione immobiliare del suburbio
12 Febbraio 2012
Dalla stampa
Dopo l’uragano della bolla edilizia e dei pignoramenti, l’intervento pubblico sul territorio pare ignorarne di fatto alcune contraddizioni. Chicago Tribune, 12 febbraio 2012, postilla. (f.b.)

Titolo originale Suburbs get helping hand in stabilizing neighborhoods - Scelto e tradotto da Fabrizio Bottini

Sono sei le circoscrizioni suburbane dell’area di Chicago che sono state individuate nell’erogazione dei 55 milioni di dollari, divisi tra fondi statali e di contea, per la stabilizzazione dei quartieri colpiti dai pignoramenti attraverso il recupero delle abitazioni lasciate vuote. Ancora da capire nei particolari, il Building Blocks Pilot Program, riguardo alla scelta specifica degli immobili e all’albo degli operatori. E comunque le sei municipalità — Berwyn, Maywood, Park Forest, Riverdale, Chicago Heights e South Holland — si aspettano molto per il proprio territorio da questa possibilità di recupero, che può interessare sino a 500 case. “Cerchiamo di concentrarci su quartieri ancora in bilico sull’orlo del degrado, orientandoli nella direzione giusta” spiega Hildy Kingma, responsabile per urbanistica e sviluppo locale di Park Forest. “Ogni casa che torna in uso aiuta, e aiuta molto, un’intera via”.

Secondo il programma, un sistema integrato di fondi statali e di contea (Cook County) contribuisce al sostegno per l’acquisto e il recupero di immobili pignorati e vuoti d parte di operatori privati. È però il singolo cittadino proprietario a poter chiedere di accedere al sostegno per andare ad abitare nella casa risistemata, o in altre della stessa circoscrizione. Le sei aree sono state scelte sulla base del numero di pignoramenti, la situazione del patrimonio immobiliare locale, eventuali precedenti programmi sulla crisi della casa, e prospettive occupazionali visto che in assenza di lavoro non ci si compra certo un’abitazione. “Abbiamo verificato le situazioni e ci siamo sommati a un insieme di investimenti già in corso in quelle stese aree” racconta Mary Kenney, direttrice esecutiva della Illinois Housing Development Authority, ente di supervisione del programma. “Abbiamo cercato in particolare quartieri con trasformazioni già in corso e una forte collaborazione municipale”.

Nel 2009, Chicago Heights ha speso 500.000 dollari del comune per finanziare un programma di anticipi che ha portato alla vendita di 67 alloggi. Ma finiti quei soldi è finito anche il programma, lasciando 15 richieste inevase, così adesso il sindaco David Gonzalez spera di riprendere da dove ci si era fermati: “È l’unico modo per farcela”. La sfida, come sottolinea la signora Kenney, è di far capire quanto le acquisizioni nel momento attuale di mercato siano essenziali nei quartieri in difficoltà. I potenziali acquirenti temono un calo dei valori immobiliari e del proprio investimento, e il fatto di avere tante case pignorate e degradate in quei quartieri li allontana ancora di più. E secondo la Kenney in alcuni casi si potrebbe anche ricorrere alla cessione in affitto.

“In qualche modo è piuttosto semplice acquistare in questa fase del mercato, e poi recuperare” spiega Ed Jacob, direttore esecutivo della Neighborhood Housing Services di Chicago, associazione senza scopo di lucro che ben conosce tutti i problemi legati alle case pignorate e da restaurare. Operano da più di otto anni, ma di case ancora da vendere, pur restaurate, ne restano ancora parecchie. E negli ultimi due anni l’associazione è diventata padrone di case che cede in affitto, contribuendo così a mantenerle in ordine, produrre un reddito, rispondere a una domanda di inquilini che esiste. Per ora è sospesa l’acquisizione di immobili da recuperare. “In realtà noi preferiamo vendere in proprietà, ma riconosciamo che al momento non ci sono acquirenti a sufficienza, soprattutto nei quartieri più colpiti” conclude Jacob. “Stabilizzare davvero le aree significa usare le case”.

postilla

La cosa che forse colpisce di più in questo breve resoconto di un caso locale (ma ce ne saranno decine di migliaia simili in tutto il paese) di intervento pubblico a sostegno dei quartieri, è la totale assenza di riferimenti a virtuose politiche urbanistiche in cambio dei finanziamenti. Eppure sia presso la Casa Bianca che il Ministero per la Casa sono stati attivati uffici di coordinamento che dovrebbero proprio sovrintendere a questi aspetti: va bene, finanziamo indirettamente le stesse banche che hanno prodotto il guaio, ma vediamo di non ripetere almeno quello socio-territoriale delle densità ultra-rarefatte, del principio della casa singola in proprietà come unico sbocco (che promuove, è il caso di sottolinearlo, la monofunzionalità e segregazione), insomma tutti i difetti più evidenti della dispersione urbana. Dove è finita la cultura del cosiddetto “suburban retrofit” di cui traboccano sia le riviste di area che le dichiarazioni pubbliche? Certo, l’articolo è pubblicato dalle pagine immobiliari del Chicago Tribune, e un punto di vista privilegiato a quegli aspetti era scontato. Ma saltare a piè pari le pur ampiamente pubblicizzate politiche di densificazione, diversificazione funzionale, adeguamento ambientale e dei trasporti (che ad esempio si legano al godimento in affitto) indica almeno una cosa: il mondo immaginario new urbanism è ancora soprattutto un giocattolino per chi se lo può permettere (f.b.)

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