loader
menu
© 2024 Eddyburg
Fabrizio Bottini
Tutta ciccia e brufoli? Colpa dell’urbanistica dirigista!
24 Novembre 2011
Nostri servizi
Un nuovo rapporto dell’ahimè prestigioso centro studi conservatore Policy Exchange, se non altro chiarisce i probabili obiettivi territoriali del governo Cameron-Clegg: disdicevoli da quasi tutti i punti di vista

É passato solo qualche giorno dalla sensazionale rivelazione di un installatore di pannelli solari: David Cameron non è un vero ecologista! Ma va? Raccontava alla stampa, l’artigiano e probabile ex elettore dei tories, che il primo ministro prima si fa installare gli impianti pagando “solo” cinquemila euro e rotti grazie ai sostegni al settore garantiti dai laburisti di Brown, e poi appena andato al governo taglia i medesimi sussidi, lasciando il settore a bocca asciutta. Con buona pace dell’artigiano, a cui va naturalmente tutta la nostra solidarietà, il sedicente ambientalismo dei Conservatori pare proprio consegnato agli archivi insieme agli opuscoli elettorali. Basta vedere ciò che accade con la riforma urbanistica e in genere l’approccio al territorio, per confermare e rafforzare l’idea.

La penultima puntata della composita telenovela, che si gioca su vari tavoli, aveva un sapore vagamente berlusconiano, palesi illegalità tipiche del nostro paese a parte. Come riferiva Robert Booth sul Guardian c’era stato un andirivieni un po’ troppo frequente delle stesse persone fra i privatissimi uffici delle compagnie interessate alle trasformazioni urbane e quelli pubblici dei Ministeri intenti a scrivere le nuove regole. Regole tanto tagliate su misura per i costruttori da far nascere qualche legittimo sospetto di interferenza, confermato dai documenti. Appunto nulla di illegale, per ora, però almeno politicamente discutibile di sicuro sì. Ma i tavoli su cui si gioca la partita sono parecchi, e ieri l’attenzione doveva concentrarsi su quello, assai più delicato nel rapporto con l’opinione pubblica e l’elettorato, del problema casa.

Perché il governo di coalizione ha approvato una serie di agevolazioni per i mutui, rivolte alle giovani coppie e non solo, che dovrebbero da un lato iniziare ad allentare la grave e annosa tensione abitativa del paese, dall’altro sbloccare un settore edilizio che, complice la crisi economica, l’anno scorso ha toccato un minimo di produzione che non si vedeva da quasi un secolo. La crisi economica però è appunto considerata solo “complice”: come hanno sottolineato Cameron e Clegg presentando il provvedimento, per sbloccare davvero il settore si dovranno aspettare i risultati della riforma urbanistica, quella che riduce da mille a cinquanta il numero di pagine delle linee guida nazionali (devono aver studiato semplificazione con Calderoli) e introduce un “orientamento preventivamente favorevole alle trasformazioni sostenibili” guardandosi bene dallo spiegare cosa diavolo voglia dire sostenibili. E implicitamente lasciando agli opuscoli dei costruttori il compito di interpretare il concetto bruntlandiano.

Ma giusto oggi 23 novembre 2011 all’elenco dei possibili tavoli di gioco delle strategie territoriali si aggiunge il rapporto del centro studi conservatore Policy Exchange intitolato Cities for Growth: Solutions for our Planning Problems, firmato da Alex Morton. Una firma particolarmente significativa di questi tempi, visto che proprio l’anno scorso Morton pubblicava un altro studio dedicato specificamente al tema della casa. Oggi lo sguardo si allarga al territorio nazionale, che nella migliore tradizione del neoconservatorismo globalizzato sarebbe sottoposto al tallone di ferro di una tradizione urbanistica soffocante. Le cui radici sono facili da ricostruire: nel secondo dopoguerra, complice l’unità nazionale e l’anelito diffuso alla ripresa, il tarlo del comunismo riesce a infilarsi nei gangli istituzionali, e ad arrivare sino ad oggi quando esplode la contraddizione: grigi burocrati autoreferenziali che pretendono di decidere da polverosi uffici pubblici la vita dei cittadini. Sicuramente è un tipo di retorica che ricorda qualcosa a qualcuno.

La soluzione naturalmente è spazzar via col vento della storia queste croste novecentesche, e farlo attraverso la riforma urbanistica in corso. L’impavido Alex Morton non ha alcun dubbio quando prova a migliorare ulteriormente quanto già suggerito ai ministri dai grandi manager immobiliari. Loro chiedevano e ottenevano “orientamento preventivamente favorevole alle trasformazioni sostenibili”, e probabilmente questo secondo Morton è troppo, perché poi ci si deve infilare (come infatti hanno subito chiesto CPRE e National Trust) in quelle sottili definizioni di cosa sia sostenibile e cosa no. Molto meglio, suggerisce nel suo rapporto, una “Presumption Against Public Interference” che credo non abbia alcun bisogno di interpretazione. Il centro studi Policy Exchange è, in tutto e per tutto, organico al partito Conservatore al governo, forse anche più di altri enti ultraliberisti del genere come per esempio oltreoceano la repubblicana estrema Heritage Foundation, nota per le attività pro-sprawl. E proprio sul tema della dispersione urbana, mai esplicitamente nominata, si articolano le tesi di Morton, riassumibili in un breve slogan: costruiamo sulla Green Belt.

Ci si potrebbe soffermare sulle forme narrative del rapporto, tanto simili a quelle di certi lavori recenti soprattutto americani, dal Bruegmann di Sprawl, a compact history, al Glaeser di Triumph of the city, ma lascio ai veri appassionati (con un po’ di certosina pazienza) il privilegio, scaricando direttamente le cento e passa pagine del rapporto qui in fondo. Si va dal classico “così vuole la famiglia media” rivolto naturalmente al modello della casa singola con giardino, che richiede sterminati spazi, al recupero a gettone di Ebenezer Howard e del suo movimento, dimenticandosi o forse non sapendo neppure sino a che punto l’idea della Green Belt in senso assolutamente moderno si debba a quella scuola di pensiero. E naturalmente ad ogni passo si evoca il nemico acquattato nell’ombra: il sinistro urbanista di sinistra, grigio funzionario orwelliano che vuole incasellare l’umanità dentro a grigi scatoloni, magari completi di Grande Fratello che scruta ogni nostro movimento …

Purtroppo non c’è niente da ridere, sapendo che questi sono gli ascoltati consiglieri del governo, e che poi magari arriva pure l’aiutino di qualche concentrazione mediatica alla Murdoch, a soffiare sul fuoco di temi già assai caldi come l’emergenza abitativa, l’edilizia ferma, certe lungaggini burocratiche innegabili. Però a concludere questa ennesima puntata dedicata alla riforma del sistema urbanistico britannico, che non dimentichiamo da un secolo fa da riferimento internazionale, forse valgono di più alcune citazioni letterali di Alex Morton:

“Le Green Belt soffocano le nostre città, tutelando spazi senza valore ai loro margini, di fatto spingendo le trasformazioni verso la campagna vera e propria e densificando ancor di più quanto è già congestionato”.

É arrivato il momento per una radicale revisione del sistema urbanistico. Al centro delle decisioni ci sono da almeno sessant’anni le amministrazioni locali. Adesso occorre introdurre un orientamento preventivamente contrario all’interferenza pubblica [Presumption Against Interference] al cuore del sistema. La pianificazione locale si deve interessare di obiettivi strategici, non cercare di gestire ogni piccola cosa”.

“Il paese è costruito solo per il 10%, non mancano certo superfici disponibili, ce ne sono invece troppo poche su cui sia autorizzato costruire. Per fare un esempio, a Oxford e in Oxfordshire un ettaro di terreno agricolo costa 23.000 euro. Quando la destinazione è industriale però vale cinquanta volte tanto, e se è residenziale duecento volte. Ne abbiamo destinati troppo pochi a queste funzioni”.

Ecco, è contro queste argomentazioni apparentemente di buon senso ma facilone e in malafede, che tocca scontrarsi. Il modo migliore però non è quello di indignarsi e scagliarsi contro il Male, ma di fare appello alla ragionevolezza del medesimo “pubblico”, e in fondo del medesimo “mercato” a cui si rivolgono i profeti a gettone da un paio di generazioni in qua.

Per qualche commento in più sul rapporto Policy Exchange consiglio Oliver Wright, Call for new towns on Green Belt, su The Independent 23 novembre. Il capolavoro completo è scaricabile in pdf qui di seguito.

ARTICOLI CORRELATI
8 Febbraio 2012
22 Dicembre 2011

© 2024 Eddyburg