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Massimo Gaggi
Obama e i «Tea Party» di sinistra
4 Ottobre 2011
Articoli del 2011
Dall’inviato del Corriere della Sera, 4 ottobre 2011, un documentato resoconto sul ruolo dei nuovi movimenti di base progressisti negli Usa, anche in una prospettiva elettore e internazionale (f.b.)

L'«Autunno americano» dopo la «Primavera araba»? L'anemico fronte deiliberal che negli Stati Uniti rialza la testa e dà vita a una versione di sinistra della rivoluzione dei Tea Party? Fino alla settimana scorsa immaginare che un movimento senza leader e senza programmi definiti come quello sbocciato a due passi dalla Borsa di New York potesse prendere quota e addirittura arrivare a controbilanciare il peso acquistato a destra dai «rivoluzionari del tè» sembrava fantapolitica.I ragazzi di «OccupyWallSt.org» erano snobbati anche dai media più imbevuti di cultura di sinistra: per la rete tv Msnbc, la radio pubblica NPR o la rivista della sinistra sindacale Mother Jones, erano studenti idealisti e volenterosi, ma condannati all'irrilevanza. Molte cose sono cambiate nel week end scorso, con la comparsa di movimenti analoghi in 21 città americane, con la «saldatura» tra i contestatori di Wall Street e i sindacati Usa e con Manhattan attraversata da cortei sempre più consistenti, fino all'episodio degli arresti di massa (per poche ore) sul ponte di Brooklyn.

Ma qualcosa di altrettanto nuovo è avvenuto ieri a Washington dove la sinistra «alternativa» ha aperto in un luogo assai poco alternativo (l'Hilton di Connecticut Avenue) una convention dal titolo suggestivo (Ridateci il sogno americano) con l'obiettivo esplicito di rilanciare l'iniziativa politica dei liberal e di contrastare l'iperattivismo dei Tea Party anche ricorrendo all'energia politica della protesta studentesca di New York. Un «gemellaggio» realizzato attraverso un collegamento video tra Zuccotti Park, la piazza-giardino incastrata tra la Borsa e Ground Zero che è il campo-base della protesta, e gli «stati generali» di Washington organizzati da «MoveOn.org» e dall'American Dream Movement di Van Jones: grosse organizzazioni di sinistra oggi deluse da Obama, ma che quattro anni fa hanno lavorato alacremente per la sua elezione e sono rimaste al suo fianco nella prima parte del mandato alla Casa Bianca.

Un'offensiva della sinistra per mettere alle strette Obama o una mossa in qualche modo incoraggiata dalla Casa Bianca? Il dubbio è alimentato dal fatto che il presidente, che all'inizio aveva chiesto alla sinistra radicale di abbassare il suo profilo per non dare appigli ai conservatori che lo dipingevano come un estremista, ha ormai dovuto prendere atto che la sua strategia non ha funzionato: una riforma sanitaria «centrista», molto simile a quella varata dal repubblicano Romney in Massachusetts, è stata demonizzata con successo dai Tea Party. E la ragionevole proposta del presidente di rimettere a posto il bilancio, oltre che coi tagli, anche tornando a tassare i ricchi come nell'era Reagan, è stata bollata dai conservatori come la mossa di un presidente socialista.

«Come è potuto accadere?» si è chiesto più volte lo stesso Obama. Secondo una tesi che ha preso quota, è stato proprio il ripiegamento della sinistra, materializzatosi mentre l'offensiva dei Tea Party sfondava nei media, a consentire ai conservatori radicali di occupare ampi spazi politici a destra. Ciò ha dato la sensazione che i repubblicani moderati fossero il nuovo centro e ha, così, sospinto Obama a sinistra agli occhi di larghe fasce dell'elettorato.

Molti conservatori pensano che il presidente stesso condivida questa analisi e si stia muovendo di conseguenza. Ma a conclusioni simili è arrivato anche il giornalista-politologo progressista E.J. Dionne secondo il quale (Washington Postdi ieri), negli anni 30 del Novecento Roosevelt riuscì ad attuare politiche efficaci contro la disoccupazione grazie al sostegno dei movimenti dei lavoratori e di quelli per i diritti civili.Quella di rianimare una contrapposizione vivace tra radicali di destra e di sinistra potrebbe essere una mossa molto rischiosa per chi deve governare in una congiuntura difficile come quella attuale. Non è detto, insomma, che dietro ci sia Obama. Ma il disegno esiste. L'enigma ruota intorno al nome di Van Jones: il ribelle deciso a organizzare la «rivoluzione d'autunno» con un passato nella Casa Bianca di Obama e che, anche dopo la rottura col presidente, è rimasto il contatto coi democraticimainstream, attraverso il Center for American Progress di John Podesta.

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