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Ilenia Aurelio; Carlesimo Magistà
Se l'edilizia non va...
2 Ottobre 2011
Articoli del 2011
Qualche luogo comune obsoleto, e qualche pallida verità in una “guida” dedicata a una mostra dell’industria edilizia.La Repubblica, 2 ottobre 2011, con postilla

Cantiere Italia

di Aurelio Magistà

L´edilizia ferma è il simbolo di una nazione immobile. Ma, anche se le previsioni non possono essere ottimistiche, al Made di Milano convegni, mostre, tecnologie e prodotti innovativi creati dalla ricerca mettono in campo le migliori idee per rilanciare il settore. E far ripartire il paese

L´edilizia è ferma, l´Italia è immobile. Quello delle costruzioni come settore trainante dell´economia nazionale è un luogo comune un po´ abusato, ma certo fondato su dati reali. Così, lo scenario di gru spente, betoniere mute, ponteggi vuoti e fondamenta che si riempiono di sterpi ed erbacce diventa metafora di un paese prigioniero di un´impasse, che non è più in grado di edificare il proprio futuro. La nazione come casa comune appare sempre più una dimora che avrebbe davvero bisogno di una bella ristrutturazione, ma senza più risorse per farlo, un cantiere che ha licenziato gli operai. «Dal 2009 abbiamo perso oltre trecentomila addetti», sintetizza Andrea Negri, presidente di Made eventi anticipando uno dei dati della ricerca di Federcostruzioni che verrà presentata agli stati generali dell´edilizia, il 5 ottobre, giorno dell´inaugurazione di Milano Architettura Design Edilizia. Una difficoltà testimoniata anche dal fatto che l´importante appuntamento nel 2010 si sia tenuto a febbraio: il posticipo a ottobre, oltre che per opportunità di date, è stato dettato anche dalla crisi generalizzata. «Lo scorso anno», prosegue Negri, «non siamo riusciti a recuperare i 47 miliardi di euro persi nel 2009 e non ci riuisciremo nemmeno quest´anno, considerato che le previsioni anticipano un calo dell´1,8, con fortissimi sperequazioni: i settori che esportano molto riescono a ritrovare il segno positivo, ma altri, come la filiera del cemento, registrano perdite vicino al 50 per cento». La pazienza sembra proprio finita

L´altro giorno l´assemblea dell´Associazione nazionale costruttori ha contestato duramente il ministro delle Infrastrutture e trasporti Altero Matteoli, colpevole non solo di inciampare nella lettura dell´intervento, per un´evidente scarsa familiarità con il testo, ma anche perché rappresentante del governo che non ha saputo mantenere nessuna delle sue promesse. Matteoli si è giustificato dicendo: «Mi rendo conto dello stato d´animo degli imprenditori in un momento di scarsità di risorse e di crisi economica e finanziaria. Ma di soldi non ce ne sono». Una risposta che suona quasi beffarda per un settore che chiede prima di tutto riforme. «Certo», nota Negri, «dispiace che il governo abbia bloccato tutti i grandi cantieri e le opere infrastrutturali, anche se tra l´approvazione e il reale inizio dei lavori può passare davvero tanto e quindi bloccarli adesso significa non farli partire nemmeno nei prossimi anni. Ma che cosa dire dei quattordici miliardi di euro che lo stato deve alle imprese per lavori già realizzati e non ancora pagati? Non pagare, di questi tempi, significa mettere a rischio la sopravvivenza stessa delle aziende creditrici. E che cosa dire del piano casa, bloccato dalla lotta tra stato e regioni, regioni e comuni? E che cosa dire di un governo che deprime i consumi aumentando l´Iva e spalmando il rimborso del 55 per cento delle spese per migliorare il risparmio energetico delle case su dieci anni invece che su cinque come era all´inizio?».

Lo scenario è questo, ma una nota positiva viene proprio da Made, che malgrado le premesse e la sordità del potere - «Ormai preferiamo parlare direttamente con regioni e comuni perché il governo non c´è», conclude Negri - lancia proposte per un rilancio. Le idee sono ad ampio spettro. Si va dagli scenari un po´ avveniristici ma molto attendibili di Vegetecture e Bring the forest in the city, mostra e convegno che raccontano un futuro (e un presente) in cui l´architettura si integra con le piante vive, fino all´housing sociale, che garantisce case ad alta efficienza, buona qualità e basso costo, fino al pragmatico programma di recupero dei centri storici e dei borghi, «cui si potrebbe applicare l´housing sociale con l´aiuto della Cassa depositi e prestiti», ipotizza Negri, «mettendo insieme due modi virtuosi di rilanciare l´edilizia».

Da segnalare ancora la serie di incontri dedicati a Nuovi materiali e tecnologie: uno sguardo al futuro, tante inziative per tre giorni, in cui diciotto università di tutta Italia presentano i risultati delle loro attività di ricerca che potrebbero essere utili alle imprese. Un tentativo di transfer technology, di trovare applicazioni pratiche all´innovazione creata dalla ricerca. «Fra i temi più importanti», spiega il professor Giovanni Plizzari dell´università di Brescia, «la sicurezza sismica, la riqualificazione del costruito esistente, considerato secondo la legge italiana che la vita media di una nuova costruzione è circa cinquanta anni, la sostenibilità, che passa anche per il riutilizzo di materiali che fino a ieri erano considerati rifiuti, per esempio il calcestruzzo di demolizioni oppure le polveri di acciaieria che possono sostituire gli aggregati fini come le sabbie». Anche perché con i tempi che corrono è davvero meglio non buttare via niente.

L´agricoltura va in città

di Ilenia Carlesimo

Portare orti e coltivazioni vicino ai luoghi abitati e costruire rispettando il collegamento tra cielo e terra. Così si ottiene uno sviluppo sostenibile e una società attenta

Per andare avanti, c´è bisogno di fare un passo indietro e tornare a un´architettura integrata con il paesaggio e le attività agricole. A quando si progettava in base alle stelle: e dunque in base alla specificità del territorio.

È la riflessione che invita a fare Planetarium: la mostra a cura di Fortunato D´Amico - in programma a Made Expo all´interno dell´evento AAA Agricoltura, Alimentazione, Architettura (con le tre A che vogliono essere anche segnale di emergenza) - in cui vengono esposti alcuni progetti di architettura e design dedicati alla costruzione di una società più attenta al rapporto tra attività umane e agricoltura. Tutto restituendo centralità all´astronomia - come ricorda anche il titolo stesso della mostra, che cita uno strumento per riprodurre la volta celeste - e avviando una filosofia del progetto che riporti armonia tra ambiente, cielo, costruzioni ed esigenze dell´uomo.

«L´astronomia» afferma Fortunato D´Amico «è la base per la nuova architettura. Finora è stata sostituita dal petrolio, e questo ha portato a costruire senza distinzione in posti diversi, senza partire dalle caratteristiche del territorio. Ma i popoli vissuti prima di noi ci hanno insegnato altro: a prendere le stelle come riferimento, a costruire rispetto al sistema astronomico, a sfruttare - in senso positivo - le specificità di ciascun posto, dalla luce al clima, al tipo di terreno».

E Planetarium - attraverso esposizioni e dibattiti (con il contributo di enti, progettisti e produttori di tecnologie e materiali) - vuole fare proprio questo: invitare a fermarsi, perché come ricorda D´Amico «è ora di dire basta alle città delle merci», e indicare la strada della sostenibilità. Non solo per tornare a rispettare l´ambiente, «da troppo tempo cacciato dalle città» ma anche per recuperare il paesaggio e riportare l´agricoltura vicino ai luoghi dell´abitare. Come? Mettendo orti nei terrazzamenti dei grandi palazzi e frutteti nei parchi pubblici. O tornando, come già in parte si sta facendo, a verdure di stagione e a chilometri zero.

© riproduzione riservata

Quanto ci piacerebbe se chi parla o scrive di una cosa tenesse presente tutti gli aspetti di quella cosa! Nella fattispecie ci piacerebbe se, quando si parla dell’industria edilizia, delle difficoltà che essa attraversa oggi e delle prospettive per il suo futuro si tenesse conto anche dei danni che la sua abnorme espansione ha provocato. Danni al territorio, ai suoi abitanti, all’economia. Se non si parte da questo tutte le scelte ce ne conseguono sono sbagliate. Ci piacerebbe che si ricordasse sempre che il peso dell’edilizia nel sistema italiano deriva in larghissima misura nel fatto che questo settore dell’industria è lo strumento per rendere possibile il trasferimento di ricchezza dal pubblico e dal comune al privato mediante la mediazione di due fenomeni, poderosi in Italia più che altrove : le distorsioni nell’assegnazione e nella gestione degli appalti di opere pubbliche, che consentono ai “capitalisti” del mattone e del cemento di ottenere elevati profitti senza correre rischi; la legislazione e la prassi dell’urbanistica, che consentono, soprattutto nei decenni più recenti, di accrescere consistentemente gli incrementi della rendita immobiliare e la sua privatizzazione. Così come quando si parla dell’industria meccanica e del suo futuro bisogna ipotizzare un futuro con enormemente meno automobili di quelle che circolano oggi, così bisognerebbe pensare a un’industria delle costruzioni che ampli il suo impegno in settori oggi minoritari, se non quasi evanescenti, come la manutenzione edilizia e urbana, la sistemazione dei terreni extraurbani, i sistemi di mobilità collettiva, il restauro dei beni culturali. Nel dibattito sulla crisi finanziaria (sulla crisi del finanzcapitalismo) sono emerse molte proposte su questo tema; ne abbiamo registrate diverse su eddyburg. Ma esse stentano a diventare pensiero comune. Forse perché sono rivoluzionarie. Poiché implicano che prevalga un’economia che sia finalizzata al ben essere dell’uomo e della società, che sostituisca quella basata della finalizzazione dell’uomo all’arricchimento dei già ricchi e al dissolvimento della società.

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