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Cécilia Gabizon
La città che si mangia la campagna
22 Ottobre 2011
Dalla stampa
Ogni tanto anche in Europa qualcuno se ne ricorda, che magari la parola sprawl è americana, ma il fenomeno mondiale. Dal francese Le Figaro , 18 ottobre 2011 (f.b.)

Titolo originale: La ville grignote les campagnes – Scelto e tradotto da Fabrizio Bottini

L’Istituto Centrale di Statistica: i francesi si stabiliscono sempre più nella periferia allargata

La Francia pare ormai invasa dalla città. Soltanto il 5% degli abitanti non fa riferimento a un centro urbano. Quei tre milioni di persone che vivono e lavorano in campagna o nelle aree montane. Ovunque, altrove, la città avanza. E a passi da gigante, secondo la ricerca pubblicata martedì dall’Insee. Sbocciano costruzioni nei campi, via via che nuove coppie con figli escono dal centro alla ricerca di più spazio, e se possibile diventare proprietari. A conferma di una tendenza di lungo periodo, «le fasce circostanti le grandi città non smettono di allargarsi, e diventano autonome», commenta Bernard Morel, responsabile della sezione regionale. Territori che trasformati in periferia della periferia si allargano a coprire una superficie che interessa il 28,6% del totale.

Si allungano gli spostamenti

La regione parigina, in cui si concentrano 12 milioni di abitanti, pare già tentacolare. Ma prosegue nel processo di ulteriore estensione. Sono spesso gli abitanti delle periferie, soprattutto dei quartieri più difficili, a cercare la tranquillità più all’esterno, specie nell’area Seine-et-Marne.

E le regioni urbane di Lione, Bordeaux, Nantes e Rennes si sono allargate del 50% in dieci anni! Le villette crescono attorno ad antiche tenute di campagna. Le circondano, poi si trasformano in veri e propri quartieri. La popolazione non smette di crescere su tutta la fascia atlantica e l’asse del Rodano. A Lille, dove le possibilità di crescita non sono infinite, la popolazione si concentra. E poi iniziano a crescere cerchi concentrici anche attorno a centri di 20.000 abitanti. Ormai i grandi centri urbani e le loro corone di periferie interessano la metà del territorio e quasi l’85% della popolazione e dei posti di lavoro.

Imprese e pubblica amministrazione restano nei nuclei centrali di queste agglomerazioni, e così gli spostamenti da casa al lavoro si allungano. In media, precisa l’Insee, si percorrono 15 chilometri dal luogo di residenza alla fabbrica o all’ufficio. Nelle grandi agglomerazioni si sono sviluppate infrastrutture di trasporto che ne indicano l’estensione territoriale, e i nuovi insediamenti si collocano lungo le strade. É l’automobile il mezzo principale, con costi non indifferenti che certo le famiglie non avevano messo nel conto decidendo di comprar casa nell’area allargata.

I desiderio della casa unifamiliare

C’è uno studio del Datar che mostra sino a che punto le giovani coppie abbiano sottovalutato tempo e denaro degli spostamenti pendolari. Non è affatto raro che poi la moglie lasci il lavoro per essere più presente e badare alla famiglia, man mano la città si estende sempre più lontano fra lottizzazioni e edifici isolati; «Seguiamo un modello di crescita all’americana che pone problemi di governo pubblico, lamenta l’urbanista Jean-Loup Msika, decisamente contrario a questo sviluppo in orizzontale. Perché costa molto di più realizzare servizi in queste zone tanto remote e popolate in modo non denso» Ma il processo anche dopo trent’anni non accenna ad attenuarsi, spinto dalle dinamiche immobiliari, dai ritmi di lavoro, dal desiderio sempre vivo della proprietà della casa. Sino a ridefinire completamente il tessuto sociale, come osserva il geografo Christophe Guilluy, con una parte della Francia nella grande città, e tutta la fascia periurbana sostanzialmente abitata dai ceti popolari.

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