loader
menu
© 2024 Eddyburg
Carlo Galli
Un potere opaco e sotto schiaffo indebolisce la democrazia
8 Settembre 2011
Articoli del 2011
«Il recupero della decenza, pubblica e privata, è, nel nostro Paese, qualcosa di simile a un´utopia rivoluzionaria». La Repubblica, 8 settembre 2011

Vi è una lunga tradizione di potere che ricatta, ovvero che esercita, oltre all´imperio pubblico della legge, anche quella subdola e vile violenza che è la minaccia alle persone. Un potere che usa come armi i dossier riservati, che fa un sotterraneo uso politico delle debolezze, dei vizi, delle colpe, o anche semplicemente degli affetti privati. Senza parlare dei totalitarismi veri e propri, che si sono serviti apertamente della violenza, oltre che del ricatto, in una logica di terrore di Stato, le violenze psicologiche sui testimoni a opera della commissione McCarthy, i fascicoli del Sid di De Lorenzo, si fondavano proprio su questo rapporto fra sapere (riservato) e potere (nascosto) di condizionamento: avevano l´obiettivo di coartare la libertà dell´agire politico. Se il ricatto è, giuridicamente, un´estorsione, ciò che era estorto, più che il denaro, era la libertà.

Più innovativa è la circostanza che il potere stesso sia ricattato – di cui facciamo esperienza oggi, in Italia (almeno a sentire la magistratura che in questa direzione indaga, e arresta gli indiziati) –. Perché ciò si realizzi è necessario un costume politico da basso impero, un meccanismo di corruzione generalizzato, in cui tutti ricattano tutti: il che dà luogo, certamente, a una solidarietà di fondo – a un comune istinto di far muro contro la magistratura e la libera stampa –, ma anche a una fitta rete di relazioni di potere fondate sul sapere – sulla comune e scambievole consapevolezza delle proprie e altrui marachelle (o reati) –. In questa parodia del mercato tanto caro ai liberisti, quello che ci si scambia gli uni con gli altri, come fossero merci o prestazioni, sono minacce, che hanno il loro fondamento nella comune corruzione, nella universale correità.

In un sistema politico fondato sul ricatto reciproco, è ricattabile anche il potere supremo, il Presidente del Consiglio come persona. Sia chiaro: per essere ricattabili non necessariamente si deve avere qualcosa da nascondere, un segreto inconfessabile da tutelare; è sufficiente essere minacciati in un prezioso bene privato quale può essere la vita, propria o dei propri familiari; Moro, sequestrato, fu ricattato in questo senso. Ma non di questi o di simili casi tragici si parla, oggi: Berlusconi, stando agli inquirenti, è stato ricattato (e ha pagato) per storie di escort; ha fronteggiato Tarantini, non le Br. I tempi cambiano; in meglio per molti versi (almeno, non scorre il sangue), ma in peggio per altri: il ricatto si fonda su vizi privati che non diventano per nulla pubbliche virtù, ma, al contrario, pubbliche debolezze.

C´è infatti una profondissima differenza fra un potere ricattato e un potere minacciato: la minaccia – non necessariamente violenta – fa parte strutturale del panorama della politica, intesa come insieme di rapporti di forza, tanto nella politica internazionale quanto nelle relazioni sociali. Ma si tratta di una sfida pubblica, a viso aperto: una concorrenza fra Grandi Potenze, una trattativa sindacale, si situano su questo terreno, fanno parte di questa sintassi. Questo tipo di minacce è fisiologico, e rafforza il potere, temprandolo nel conflitto.

Il ricatto, invece, è patologico, e lo indebolisce. Non solo perché viola l´aspetto giuridico del potere, cioè il principio di legalità che al potere moderno è coessenziale – e lo viola due volte: il ricattatore commette certamente un reato, ma qualcosa di poco chiaro c´è anche da parte del ricattato, il quale altrimenti non si lascerebbe ricattare –; ma anche perché il ricatto è un vulnus alla dimensione pubblica del potere, dato che si fonda su un fattore privato che deve rimanere segreto, e che come segreto è usato dal ricattatore per condizionare l´agire dell´uomo politico. E c´è quindi la forte probabilità che insieme al denaro (l´aspetto privato del ricatto) sia estorta anche la libertà d´azione: e ciò rende quel ricatto non un affare privato, ma una questione politica.

Il ricatto, insomma, rimette in gioco, aggiornandoli, quegli arcana imperii – i tenebrosi segreti del potere (che oggi consistono però nei segreti personali degli uomini di potere) –, contro i quali ha lottato la politica moderna, in nome della legalità e della trasparenza dell´esercizio della politica. Se il potere è sotto schiaffo, anche la legalità democratica, il controllo consapevole dell´opinione pubblica sugli affari politici, è a rischio; non solo è condizionabile il potere, ma siamo più ciechi, più ignoranti, più eterodiretti noi cittadini. Il ricatto subito dal potere, quindi, ci sottrae la politica: la privatizza. Anzi, si può dire che questo ricatto è una forma perversa e rovesciata di quella privatizzazione del potere che è il tratto più tipico dell´avventura berlusconiana: se il potere si personalizza, si espone a tutte le vicende della persona, anche le più private e arrischiate.

Il rimedio per sottrarre il potere al ricatto e per restituirgli la sua dimensione pubblica, affrancata dalle debolezze del privato, non sta necessariamente nel rigore giacobino che vuole il politico incorruttibile (come Robespierre), e gli vieta di avere altre passioni se non quella per la virtù e per la patria. Sarebbe sufficiente l´impegno collettivo di restituire alla politica la sua serietà di dimensione pubblica, ed esigere, da chi la pratica, una vita privata decente. Ma, appunto, il recupero della decenza, pubblica e privata, è, nel nostro Paese, qualcosa di simile a un'utopia rivoluzionaria.

ARTICOLI CORRELATI
4 Ottobre 2015
30 Dicembre 2011
28 Dicembre 2011

© 2024 Eddyburg