Dalla mattina di martedì 13 settembre fino a tutto giovedì saranno esposti nella sala a pianterreno di Palazzo Valentini, sede della Provincia di Roma, numerosi tavoli di frutta fresca di varie regioni (Lazio, Emilia-Romagna, Abruzzo, Molise, Calabria, ecc.). Fin qui nulla di insolito. L’insolito sta nel fatto che pere, mele, uve bianche e nere, susine, prugne, non provengono da alberi “normali”, bensì da piante secolari o addirittura plurisecolari, cioè dai Patriarchi della Natura. La Provincia di Roma ha infatti promosso il censimento dei Patriarchi esistenti sul proprio territorio e saranno il presidente Nicola Zingaretti e l’assessore all’Agricoltura Aurelio Lo Fazio ad illustrare l’operazione compiuta dai tecnici volontari dell’Associazione Nazionale Patriarchi d’Italia presieduta e animata dall’agronomo romagnolo Sergio Guidi.
I primi risultati di questo censimento in provincia di Roma – che segue quello integrale degli alberi plurisecolari (oltre mille) già completato in Emilia-Romagna e contenuto in due volumi ricchi di schede tecniche e fotografie – sono quanto mai interessanti. Guidi e i suoi collaboratori hanno ad esempio rintracciato presso Palombara Sabina un monumentale ciliegio ormai bicentenario che è uno dei più grandi mai censiti, dotato di un tronco di circa 3 metri di circonferenza. Sulla strada da Velletri a Nemi è stato rinvenuto l’Olivò (come lo chiamano gli abitanti), un olivo più che millenario che è probabilmente il più antico del Lazio. Sul Monte Soratte, luogo sacro per gli antichi, i tecnici hanno identificato un intero querceto di straordinarie proporzioni. Ma altre scoperte attendono i volontari dell’Associazione Nazionale Patriarchi che ha sede a Forlì dove hanno già trovato posto migliaia di talee di questi alberi antichi o addirittura remoti (il più vecchio del Paese è l’olivo di Luras, in Sardegna, che conta 3800 anni), che consentiranno di studiare e di perpetuare il germoplasma di essenze arboree che hanno resistito ai secoli e che quindi hanno concorso e concorreranno alla ricca biodiversità italiana. Pochi sanno che, mentre la Spagna conta 5-6 specie di olivo, il nostro Paese ne allinea alcune centinaia. Ed è soltanto un esempio.
Nel 150° anno dell’Unità d’Italia l’Associazione Patriarchi, insieme al Comitato per la Bellezza, vuole inoltre ricordare alcuni alberi che hanno accompagnato il nostro Risorgimento: il querceto del Gianicolo dove per mesi giovani e giovanissimi di tutta Italia difesero la Repubblica Romana del 1849; il frassino di Campoferro presso Voghera dove la Piccola Vedetta Lombarda, cioè l’adolescente Giovanni Minoli che informava i cavalleggeri piemontesi durante la vittoriosa battaglia di Montebello, nel 1859, venne abbattuta a fucilate dagli Austriaci; il maestoso cedro del Libano piantato a Varese nello stesso anno alla presenza di Vittorio Emanuele II; il pino che Garibaldi dedicò alla figlia Clelia a Caprera dopo la sfortunata spedizione nel 1867 per liberare Roma dal papa-re e altri ancora. Senza dimenticare che l’Università di Firenze ha “clonato” di recente l’olmo, ormai vicino al disseccamento, che nel 1799 venne alzato a Montepaone di Catanzaro come “albero della libertà” durante la Repubblica Partenopea.
C’è tanta ricchezza naturalistica, c’è tanta storia negli alberi di tutta Italia e nei loro frutti, storia politica, anche, come nel Querceto del Gianicolo. Da non dimenticare. E il lavoro degli infaticabili amici dei Patriarchi guidati da Sergio Guidi (che curano anche il Giardino dei Frutti dimenticati del poeta Tonino Guerra a Pennabilli) va avanti, andrà avanti, grazie alla rete dei tanti collaboratori ormai attiva in tutta Italia. Uno delle ultime realizzazioni: i Giardini dei Patriarchi, creati coi loro “figli” a Villa Ghigi sulla collina bolognese, nel centro di Cesenatico, a Gattatico presso il Museo dei fratelli Cervi, a Ferrara nel verde del centro storico raccontato da Giorgio Bassani nel “Giardino dei Finzi Contini”.