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Fabrizio Bottini
Politiche urbane: dì qualcosa di destra!
17 Agosto 2011
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La risposta del governo britannico alle rivolte urbane dell’estate 2011 ha una chiara connotazione reazionaria, soprattutto paragonata a un'idea di società metropolitana equa. Ci aspettano tempi bui?

Se vuoi capirci qualcosa c’è sempre un metodo infallibile: segui i soldi. Lo consigliava ai giornalisti d’inchiesta in Tutti gli Uomini del Presidente l’infiltrato anonimo Gola Profonda, ed è ovviamente lo strumento principale per iniziare a leggere le intenzioni di qualunque decisore, oltre le chiacchiere sui grandi principi ispiratori e le dichiarazioni sugli obiettivi strategici.

Dopo gli incendi di Tottenham, seguiti da disordini assai più gravi in altri quartieri e città britanniche, politici e stampa hanno fatto a gara per chi arriva prima a capire e spiegare in tutto o in parte ciò che sta accadendo. Il pensiero progressista (o sedicente tale, chissà) a sottolineare le radici tutte sociali ed economiche della rivolta, da cercare nell’emarginazione dei giovani cittadini e nell’assenza di prospettive future. Quello conservatore a ribadire ostinato: a) non esiste alcuna giustificazione economica e/o sociale a comportamenti illegali, perché b) i cittadini hanno già gli strumenti adeguati per esprimere le proprie domande e trovare adeguata risposta pubblica. Saltiamo a piè pari, qui, la terza posizione di quelli che in pratica si limitano a usare strumentalmente il fatto contingente delle rivolte britanniche in discutibili per quanto legittime proiezioni globali, vuoi sul tema dello slum, che della crescita economica diseguale, che della crisi o attualità del multiculturalismo.

Follow the Money! Si diceva. Fra i principali bracci armati del progetto di Big Society che ha portato David Cameron alla carica di primo ministro dopo lustri di predominio laburista, spicca sicuramente Eric Pickles, titolare del ministero delle Aree Urbane responsabile per le amministrazioni locali, il decentramento, la pianificazione territoriale e urbanistica, la rigenerazione e tante altre cose. Fra i suoi primissimi gesti di governo se ne possono ricordare uno grosso e uno piccolo, entrambi assai significativi: l’abolizione degli enti regionali, l’introduzione degli spazi urbani condivisi. Il primo per affermare una specie di leghismo al contrario (insomma l’odio ideologico per tutto quanto evochi specificità non strettamente locale) ha messo in grossa difficoltà programmi territoriali come quello della realizzazione di case. Il secondo per affermare il principio della cosiddetta strada completa, ovvero la non segregazione del traffico e delle funzioni urbane, ha creato e crea guai a automobilisti, pedoni, e soprattutto fasce deboli, dai portatori di disabilità a bambini, anziani ecc. È Pickles con suo Localism Bill e la “semplificazione” in corso della Planning Policy a dare senso concreto al cosiddetto conferimento diretto di poteri al cittadino alla base della cameroniana Big Society.

È Pickles ad aver approvato urgentemente il pacchetto di interventi sui quartieri colpiti dai comportamenti di “criminalità comune” delle rivolte di questi giorni. Follow the Money!

Una nota ministeriale dell’11 agosto 2011 descrive gli stanziamenti: oltre 11 milioni di euro per sostenere i costi delle amministrazioni locali nel ripulire, ripristinare, rendere accessibili e sicuri quartieri e strutture varie; circa 23 milioni di euro per un “programma mirato alle arterie commerciali” per ricostruzioni promozione e rilancio degli esercizi; ulteriori stanziamenti per sostegno a eventuali esenzioni fiscali locali, imprese in difficoltà, famiglie provvisoriamente prive di alloggio come conseguenza dei danni delle rivolte. Tutto condivisibile, no? Parrebbe proprio un adeguato pacchetto di interventi di emergenza per riparare ai danni, ma manca qualcosa. Mancano le dichiarazioni con cui il Ministero accompagna il decreto, ad esempio quelle del sottosegretario alla casa Grant Shapps: “ Chi in questi ultimi giorni ha partecipato alle rivolte e ai saccheggi deve sapere che le sue azioni avranno delle conseguenze. E ascoltare con attenzione quello che dico: se abitate in una casa popolare e si scopre che avete partecipato alle rivolte, la vostra follia di un momento può avere effetti devastanti per il resto della vita. Le case popolari rappresentano una risorsa preziosa, i lavoratori contribuenti che contribuiscono a sostenerle si stanno giustamente chiedendo se chi ha partecipato a saccheggi e distruzioni debba poterne godere”.

Hai sgarrato amico, e hai chiuso. A parte il linguaggio da film, più o meno il messaggio si potrebbe proprio tradurre così, e chiarisce molto meglio le intenzioni di Cameron, o le letture dei commentatori di centrodestra: bisogna estirpare dai quartieri la feccia di lazzaroni disadattati per mestiere, e lasciarci solo i cittadini meritevoli. Ancora tutto Ok se si trattasse appunto di una operazione di polizia, ma questa è una politica urbana, una specie di intervento straordinario per la riqualificazione integrata, lo si potrebbe pure definire. A colpi di minacce e arresti di massa? Pare di si. E poi a colpi di investimenti per il rilancio delle attività economiche, nonché delle famiglie che le gestiscono. Sparito il cittadino, a quanto pare, resta il contribuente. L’esatto complemento, non a caso, del consumatore coatto ben definito nel contesto specifico da Zygmunt Bauman.

È questa la decantata Big Society in cui pian piano in una specie di radiosa anarchia postmoderna il governo e la politica organizzata si ritirano dalla vita quotidiana lasciando spazio agli individui, portatori attivi di bisogni e diritti? Parrebbe proprio di sì, ad esempio se si accosta questo specifico caso a tanti altri piccoli segnali che gli ultimi tempi confermano, a partire per esempio dalle tragicomiche ma significative ordinanze dei sindaci italiani di qualche estate fa. Ed è davvero in buona parte un’idea di società squisitamente reazionaria, specie se paragonata al concetto da cui con poco rispetto ha preso a prestito il nome, la post-rooseveltiana Great Society delineata da Lyndon Johnson negli anni ’60 del secolo scorso, giusto quando i genitori di David Cameron devono aver deciso di mettere al mondo il futuro grande leader.

Great Society significava integrazione nel cosiddetto percorso del sogno americano anche di chi ne era tradizionalmente escluso, ovvero le minoranze razziali urbane dei ghetti, che la sola liberazione dalla schiavitù e inserimento nel mercato del lavoro dopo alcune generazioni evidenziava un sostanziale fallimento in tale senso. Da qui programmi specifici come il programma Model Cities, significativamente varato nel 1966: l’anno successivo alla rivolta metropolitana di Los Angeles/Watts, e guarda un po’ l’anno di nascita di David Cameron. Model Cities come ci si può facilmente immaginare non era niente di comunista o rivoluzionario, solo mirava (in un modo simile a quanto succede ora con i programmi per le città sostenibili ad esempio) al coordinamento degli interventi territoriali delle varie agenzie, per far sì che ad esempio la riqualificazione urbana pur nel segno della classica demolizione e ricostruzione di solito nelle forme razionaliste poi diventate simbolo di fallimento (vedi la famosa demolizione anni ’70 delle case Pruit-Igoe di St. Louis) si accompagnasse da una lato a interventi sociali di animazione e formazione, dall’altro ad attivare processi democratici partecipativi. Soprattutto, il programma si rivolgeva a un universo di cittadini, aveva come obiettivo la comunità, la sua costruzione e mantenimento. Non pensava al mondo come a un luogo dove si lavora, si produce reddito, si consuma, e basta. Dove al massimo c’è qualche casta di predestinati, cooptati, miracolati, che chissà perché svettano au dessus de la mêlée.

Come sostiene Jane Jacobs in una delle sue opere meno conosciute in Europa, Dark Age Ahead (Random House 2004), uno dei fattori che conducono fatalmente al crollo di una civiltà, alla cancellazione totale delle sue conoscenze traguardi e consapevolezze, e a secoli oscuri da cui non si sa chi e come potrà uscire, è appunto il crollo della comunità. Fatta di integrazione e cooperazione quotidiana fra individui, nuclei familiari, conoscenze diffuse, sulla base di beni comuni, spirito di condivisione, istituzioni democratiche, e anche infrastrutture fisiche che sono base e prodotto di questo complesso di relazioni. Dove, soprattutto, ammucchiare grandi e piccole entità di quattrini e potere è al massimo uno strumento, non un fine in sé e per sé. E dove qualsiasi politico che in un quartiere vede solo file di negozi, al massimo con sopra la casa del proprietario e di fianco quella dei clienti, si auto classifica come imbecille. Follow The Money! Guardate dove investono, i grandi decisori, e capirete cos’hanno davvero in mente: loro, o chi li manovra.

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