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Norma Rangeri
Palco e retropalco
13 Febbraio 2011
Articoli del 2011
Non è il privato del Caimano che indigna, ma la cultura di cui è l’espressione. Il manifesto, 13 febraio 2011

È sempre un buon segno quando nelle manifestazioni delle donne ci sono molti uomini. Sarà una svolta se dal palco delle cento città si ascolteranno le parole dei maschi, loro sì umiliati dalle convulsioni del bungabunga. Sarebbe una rivoluzione se in questa giornata di mobilitazione civile, i politici della sinistra ammettessero pubblicamente sia la loro insipienza di fronte all'altro sesso, sia l'uso strumentale della rabbia femminile contro l'indecente presidente del consiglio.

Le donne non hanno mai smesso di parlare, anche quando la cultura e la politica della sinistra non avevano voglia di ascoltarle, né capivano la rivoluzione di quel pifferaio che raccontava la storia del supermercato in cui tutti sarebbero stati liberi consumatori di sogni gentilmente confezionati dalla televisione. La sconfitta culturale annunciava quella politica, prenderne atto significa non mettere a Berlusconi la maschera dell'alieno e non considerare la piazza di oggi una rosa senza spine.

Quel che si discute da due anni, dal caso-Noemi al caso-Ruby, non è il privato di un eccentrico presidente del consiglio, ma la sostanza culturale di una politica che inventa la donna-tangente e ostenta l'esibizione del mercato tra sesso e potere fino a farne una bussola per la selezione della classe dirigente e di governo. Il centro della scena è occupato dalla relazione incresciosa tra le escort e il capo del governo, ma nel retropalco agisce la relazione pericolosa tra uomini e donne nella vita quotidiana, dentro le mura domestiche così amorevolmente minacciose o nei luoghi di lavoro dove le gerarchie e i salari già bastano a descrivere discriminazione sessuale e handicap sociale.

Berlusconi è un pessimo esempio di maschio italiano, ma molti, e trasversalmente, lo invidiano e lo imitano. Gli uomini hanno scritto sul manifesto in che cosa sentono di assomigliare all'anziano che paga le minorenni, un esercizio intellettuale adeguato al bisogno di uscire dal berlusconismo senza paternalismi, né vecchie bandiere.

Non si tratta di mettere sul podio chi usa la faccia anziché il fondoschiena, chi lavora dentro e fuori casa anziché sulla strada o nei prive del miliardario. Riposino in pace le mutande di Ferrara che contro il corpo delle donne ha ingaggiato una crociata, e stia tranquillo il solidale Bersani che applaude alle piazze di oggi pesandole sulla bilancia della battaglia elettorale di domani: non ci sono vittime da salvare, né eroine da esaltare. Le donne italiane, sia quelle che considerano la mente una zona erogena, sia quelle che ritengono di essere sedute sulla propria fortuna sono tutte di robusta costituzione democratica. Nonostante vivano in un paese umiliato e depresso lo hanno sempre riscattato dalle folate reazionarie con ricostituenti laici e liberatori. Scegliendo il divorzio quando il partito comunista lo temeva, affermando il loro esclusivo diritto alla scelta della maternità quando la Dc voleva mortificarlo. E ora scendendo in piazza, nelle piccole e grandi città, per urlare il loro dies irae contro il predatore di Arcore che ha scambiato le donne per esemplari di una selvaggina in dotazione alla sua tirannide.

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