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Simone Paoletti
A chi servono tutti questi metri cubi?
15 Novembre 2010
Come sta procedendo a Roma la politica urbanistica che, con l’alibi dell’emergenza casa, distrugge (e non da oggi) il territorio e premia la speculazione. Scritto per eddyburg

Gli “articoli 11” del PRG di Roma, ovvero "programmi di recupero urbano", istituiti con il decreto-legge n. 398 del 5 ottobre 1993, sono un insieme di interventi pubblici e privati volti alla riqualificazione ambientale ed urbanistica delle periferie degradate. Il Comune di Roma aspettava da anni il via libera della Regione, che è arrivato con la giunta Marrazzo. e zone interessate sono undici: Acilia, Torbellamonaca, Corviale, Fidene, Labaro, Laurentino, Magliana, Palmarola-Selva Candida, Primavalle-Torrevecchia, S. Basilio, Valle Aurelia. L'intervento interessa 7.000 ettari di territorio, il totale degli investimenti ammonta a 1.830 milioni di euro. L'amministrazione guidata da Valter Veltroni li definì "il giubileo delle periferie", molti comitati di cittadini che in quelle periferie vivono erano di parere opposto, ma non furono ascoltati.

Degli annunciati 1.830 milioni, 520 saranno destinati ad opere pubbliche (mobilità, scuole, verde, ecc.), mentre 1.310 andranno a quelle private (centri commerciali, multisala, edifici residenziali...). In tutto i metri cubi riversati sulla Capitale saranno 4.970.381, di cui 2.350.323 residenziali e 2.620.058 non residenziali. Il testo della legge prevedeva interventi di recupero a completamento e integrazione delle aree esistenti, ma comitati ed associazioni denunciano la cementificazione a scopo speculativo di grandi aree pubbliche non edificate, di grandi aree agricole, o addirittura di aree esterne al perimetro dei piani stessi e vincolate da valori paesistici, presenze archeologiche o falde idriche. Ecco qualche esempio.

Nella borgata Ottavia (Pru. Palmarola) in un'area pubblica di verde attrezzato saranno edificati 35 villini, che il privato rivenderà a circa 460 mila euro l'uno (fonte C.d.q. Ottavia). Nell’ambito del medesimo piano si realizzerà una scuola elementare, mentre a pochi passi resta incompiuto un edificio finanziato anni addietro per lo stesso scopo. Si domanda: prioritari erano i servizi o i villini? Nell’area del "Colle della Strega" (Pru Laurentino) ma fuori dal suo perimetro, verranno ubicate tre torri ad uso residenziale in un'area soggetta a numerosi vincoli ambientali. L’intervento di Torbellamonaca interesserà prevalentemente una grande area agricola, moltiplicando per 15 la cubatura ivi prevista dal Piano regolatore.Il dato più evidente è la parte del leone assegnata dall’amministrazione ai centri commerciali, nel ruolo di connettori del tessuto urbano degradato. Ma viene spontanea una domanda: in che modo i citati interventi aiutano le periferie? In quale misura sono stati decisi con la partecipazione dei cittadini, prevista dalla legge?

Gli “articoli 11” sono soltanto uno dei provvedimenti in fase di attuazione, che muteranno la geografia di Roma. Gli altri due sono: i cosiddetti toponimi, aree ex abusive da riqualificare con opere di urbanizzazione primaria e secondaria, grazie all’intervento dei privati, che otterranno l’abbattimento degli oneri concessori e i piani di zona per l’edilizia convenzionata. A questo proposito il Comune ha individuato altre 36 aree da destinare a programmi di “edilizia residenziale pubblica”. Per capire la logica usata nella scelta dei luoghi idonei a supportarli, tra Borghesiana e Pantano – enorme periferia ex abusiva senza servizi - ne sono stati individuati ben 7. Ma non si tratta di alloggi pubblici di cui ci sarebbe bisogno, ma di edilizia convenzionata, come quella di Ponte di Nona, quartiere costruito recentemente da Francesco Gaetano Caltagirone, dove si vendono appartamenti di 60 metri quadri a 200 mila euro. Anche qui i costruttori beneficiano dell’abbattimento degli oneri concessori, in cambio dell’impegno a realizzare servizi. Riportiamo una testimonianza apparsa su un quotidiano: "Il quartiere Ponte di Nona - Piano di Zona n. 20 (case popolari) - è ancora privo di strutture indispensabili alla comunità, come un ufficio postale,una farmacia, un centro anziani, un presidio sanitario idoneo. Lo slogan "Ripartire dalla periferia" non trova risposte nel nostro quartiere dove l'VIII Municipio si è dimostrato latitante.". Inoltre quei residenti lamentano un territorio ridotto a discarica dai cantieri e sono furibondi per la totale mancanza di sbocchi viari.

E intanto numerosi cantieri sono in allestimento o in via di ultimazione in virtù di piani particolareggiati, piani integrati, accordi di programma, ecc. molti dei quali in variante al nuovo piano regolatore. Una vera e propria febbre edilizia: 7.290 abitazioni completate tra il 1998 e il 2002, una media di 1.500 l’anno (ufficio statistica del Comune). Il settore costruzioni è cresciuto del 4,1% nel 2001, del 2,5% nel 2003 e del 4,7 nel 2004, quest’ultimo dato è quasi quattro volte quello del prodotto interno lordo (dati regionali dell’Ance). Il mercato dell’affitto a fronte dell’inarrestabile offerta non ha accennato a calmierarsi, anzi i canoni sono mediamente aumentati del 91% (media nazionale del 49%, nelle grandi città dell’85%). La compravendita di immobili ha registrato aumenti mai visti (oltre il 100% in soli sette anni).

Naturale conseguenza di questa deriva mercantile dell’urbanistica è il drammatico aumento del fabbisogno abitativo, che oggi è divenuto emergenza sociale: una città grande come L’Aquila (100.000 abitanti) è la quota di popolazione romana interessata da questo fenomeno. Grazie all’indimenticabile giunta Veltroni l’emergenza casa è diventato un cavallo di troia della speculazione: i costruttori concedono infatti benevolmente una piccola percentuale di parte delle loro nuove costruzioni ai canoni di affitto solidale, sempre beninteso però, in cambio di ulteriori cubature. Tutto questo mentre esistono milioni di metri cubi residenziali non utilizzati, senza contare quelli destinati ad attività terziarie di cui molte amministrative, con interi quartieri (soprattutto al centro) semi disabitati e con una costante perdita di popolazione residente (250 mila in meno negli ultimi dieci anni – censimento Istat 2001), che si riversa in periferia e nei comuni limitrofi da cui, ogni mattina riparte alla volta del posto di lavoro in città, affollando le vie consolari e il G.R.A.

La nostra idea è che al nocciolo di tutta la faccenda ci sia la cultura della compensazione edilizia, giustificata dall’assioma che il Comune non ha risorse economiche e fondata sull’aberrante principio dei diritti edificatori acquisiti dalla rendita fondiaria in virtù delle previsioni de1 vecchio Piano Regolatore di Roma. Una devastante invenzione sul cui altare si sacrificano alcuni dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione (ambiente salubre, tutela del paesaggio, mobilità, istruzione, salute…). Il Piano Regolatore del 1962 stabiliva l’espansione della città sulla base dell’ipotesi che nel giro di 30 anni Roma avrebbe ospitato più di 5 milioni di abitanti. Oggi dopo oltre 40 anni, con una popolazione di 2.700.000 e in declino negli ultimi 20, quelle previsioni risultano sballate, ma continuano a dettar legge. Non solo, molte delle aree destinate a verde o ad agricoltura (la nostra zona di Finocchio- Pantano ne era ricca) sono state inghiottite dalle varianti edilizie e dall’abusivismo poi condonato. Quelle previsioni di verde non vengono tutelate dal nuovo PRG. A chi servono dunque questi milioni di metri cubi passati, presenti e futuri? A una città in declino demografico con decine di migliaia di alloggi sfitti e con problemi ambientali e di mobilità legati all’eccessiva espansione e al consumo di suolo? Servono soltanto al potere economico della speculazione fondiaria e dei costruttori, unico “motore” dell’economia della città.

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