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Cristiano Gasparetto
Ripensare il futuro della città Venezia e la nuova legge speciale
14 Settembre 2010
Terra, acqua, società
Il ministro Brunetta vuole riscrivere la legge speciale, perché vecchia e superata dai tempi. E perché la salvaguardia «è già garantita dal MoSE».Terra, 14 settembre 2010

La Legge speciale per Venezia, anzi le leggi speciali per Venezia (sono tre: la numero 171 del 1973, la 798 del 1984 e la 139 del 1992) sono state la risposta istituzionale data all’aqua granda, come poi i veneziani hanno chiamata la più grande acqua alta della storia.

Nel novembre 1966 la città è stata quasi sommersa da una terribile mareggiata, di 194 centimetri sopra il livello medio del mare e con la piazza San Marco sommersa anche per 124 centimetri. Le cause sulle quali si discute ancora oggi anche se solo pretestuosamente, sono state di origine naturale ed umana.

Quelle naturali dovute a un periodo di sigizie (quando luna e sole attraggono maggiormente le acque provocando maree molto sostenute), durante il quale è arrivata una terribile burrasca marina con fortissime piogge e venti di scirocco che hanno fatto entrare molta più acqua del solito nel bacino lagunare ed impedito, con la forza dei venti, la sua uscita nelle sei ore successive, funzionando come un tappo alle tre bocche di porto, per ricaricarne ancora molta, con l’ulteriore marea entrante. Quelle umane, dovute all’incuria decennale che non aveva mantenute salde ed efficienti le difese a mare della laguna (gli storici argini artificiali detti murazzi) e gli argini dei fiumi che a nord ed ovest la contornano, hanno reso possibili grandi brecce sulle difese fisiche e onde impetuose dal mare e correnti di piena dai fiumi sono entrate con impeto distruttivo in laguna aumentando ulteriormente il livello dell’acqua.

Sull’onda, anche emotiva, di una opinione pubblica mondiale preoccupata della possibile perdita di un patrimonio dell’umanità e la pressione sociale di movimenti sorti per la difesa della città, dopo molti dibattiti culturali e politici, le forze politiche, trovando miracolosamente un accordo, hanno approvata la prima di queste leggi, le altre seguiranno nel tempo. è una legge che, per la prima volta, concepisce la salvaguardia di Venezia come protezione dell’intero ecosistema che la circonda e, nel contempo, come necessità di garantirne la sopravvivenza sociale e abitativa con condizioni economiche riguardanti l’intero ambito territoriale consegnato dalla storia come unitario, la cosidetta conterminazione lagunare. Di fatto una buona legge come pure le successive e.....come tale, in gran parte non applicata o applicata parzialmente.

Senza entrare nel merito della polemica sul MoSE, il sistema di dighe sommerse che dovrebbe salvaguardare la città dalle acque alte, è opportuno ricordare che è un sistema immodificabile nel tempo e nella migliore delle ipotesi inutile perché non proteggerà dalle alte maree, certamente costosissimo (4.678 milioni di euro di costruzione più 60-70 milioni ogni anno per gestione e manutenzione), pericoloso ma, per quel qui ci preme, approvato facendo strame di norme, leggi italiane ed europee e consentito solo da una decisione politica irrispettosa anche di ogni valutazione tecnico-scientifica. Consentito quindi non rispettando dettato e procedure delle leggi speciali tutt’ora vigenti.

Ai primi di luglio il Ministro all’innovazione Renato Brunetta ha convocato istituzioni, parti sociali e alcune associazioni comunicando loro, tassativamente, che entro settembre vuole riscrivere la legge speciale, perché vecchia e superata dai tempi, perché la salvaguardia della laguna, e con essa di Venezia è già garantita dal MoSE, così si è espresso il Ministro.

Al riguardo sembra opportuno ricordare che la costruzione del MoSE non è ancora iniziata, essendo state completate solo le opere complementari del sistema ed inoltre che una delle più grandi Società di progettazione di opere sommerse, interrogata specificatamente dal Comune di Venezia, ha affermato che, in certe condizioni mareali e di vento, non sarà possibile garantire scientificamente la tenuta delle cerniere che tengono avvinte le paratoie mobili rischiandone il collasso complessivo e che sarà impossibile tenere all’esterno l’acqua di mare perché entrerà nei varchi esistenti tra paratoia e paratoia. Il Ministro ha dichiarato inoltre che non ci sono più soldi e Venezia dovrà nel futuro scordarsi degli stanziamenti che la Legge Speciale ha garantito. Ricordiamo che nel passato parte di questi finanziamenti sono stati decisivi per la salvaguardia socio-economica della città. Ma esiste un non detto assai preoccupante che a breve si potrà comunque verificare.

Una città delicata come Venezia e il suo complesso sistema lagunare, (59.000 abitanti e 21 milioni e più di turisti annui; 450 kmq. di laguna) con le sue sole entrate non è in grado di reggere alla pressione trasformativa imposta da un mercato sempre più aggressivo. Bisognerà far cassa e non basteranno nemmeno gli enormi tabelloni pubblicitari a pagamento che già oggi ricoprono totalmente il palazzo Ducale, il ponte dei sospiri, per citarne solo alcuni. Non basteranno quelli incassati dagli oneri delle opere di urbanizzazione per concedere edificazioni nel solo interesse degli immobiliari. I soldi si troveranno e saranno quelli degli sponsor, delle società più o meno partecipate dal Comune, delle Imprese di Costruzioni e simili. E, poiché il mercato non è Babbo Natale, il contraccambio sarà nuova edificazioni di alberghi, megastore, sistemi meccanici di trasporto sopra e sotto la città e la laguna, nuove darsene per mega yacht, costruzioni di nuove isole in laguna e trasformazione radicale di quelle esistenti, fino ad arrivare, forse, ad una porta d’accesso sul ponte, controllata e a pagamento, per entrare in una città privatizzata, totalmente disneyzzata e artificializzata, con una sola parvenza di abitanti e traffici reali. I presupposti ci sono tutti. Tessera City (1,5 milioni di mc. di alberghi, centri commerciali, case da gioco, stadio, palestre per il fitness e simili): già concessa illegittimamente dall’accordo degli uscenti Sindaco Cacciari e Governatore Galan, sul bordo non edificabile della laguna; il progetto della metropolitana sublagunare per fare ulteriormente aumentare il turismo; la distruzione dell’Ospedale al Mare al Lido, ultimo presidio sanitario per le isole, per farne alberghi e darsena d’altura; la lottizzazione con villette dell’antico forte trasformato in albergo a 5 stelle con piscina a Malamocco; strumenti d’intervento rapidi con Commissari ad acta non obbligati a sottostare alle leggi che governano le trasformazioni del territorio; ecc. Manca solo una legge quadro che renda compatibile tutto ciò e liberi da “lacci e laccioli” come sono state definite le norme delle leggi speciali esistenti: questo dovrebbe essere la nuova legge speciale.

Italia Nostra, partecipe alla consultazione, ha già fatto pervenire al Ministro un sintetico ragionamento strategico per evitare di essere catturati da questa distruttiva logica ultraliberista, individuando obiettivi, modalità, condizioni. Non è escluso che, a breve, proponga all’intera cittadinanza ed al dibattito culturale e politico, una bozza di nuova legge speciale, a partire dal completamento di quanto previsto in quelle esistenti, rafforzandone le salvaguardie siappur in una prospettiva di trasformazioni necessarie ma che dovranno essere altamente compatibili. Governo del turismo; decollo incentivato di una economia alternativa insediata in una Marghera bonificata; nuova residenzialità in città con una sinergia strategico-culturale tra ricerca e innovazione (istituzioni culturali museali e università); riorganizzazione di una mobilità di superficie che separi il traffico turistico da quello residenziale, pendolare e studentesco; nuovo piano morfologico della laguna evitandone ogni artificializzazione e, soprattutto, il progressivi svuotamento di sedimi dai suoi fondali che la porterebbero inesorabilmente a diventare un braccio di mare, biologicamente morto. Questi gli attuali temi strategici su cui dovranno misurarsi amministratori e cittadini, politica e cultura. Ne daremo ancora conto.

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