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Lorenzo Salvia
Troppi incidenti per la distrazione «Via la patente dopo gli 80 anni»
1 Luglio 2010
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Un articolo a carattere trasportistico-sociale, che ha invece radicali implicazioni in termini di politiche territoriali, naturalmente ignorate, Il Corriere della Sera, 1 luglio 2010 con postilla (f.b.)

ROMA— Nel 2018 saremo il Paese più vecchio d’Europa, già oggi ci supera solo la Svezia. L’aspettativa di vita è di 78 anni per gli uomini e di 84 per le donne. Una buona notizia ma anche un problema. E non solo per le pensioni. Con l’età diminuisce l’attenzione, e per chi guida l’attenzione è fondamentale come la prudenza. Per questo Mario Valducci, deputato del Pdl e presidente della commissione Trasporti della Camera, lancia la sua proposta: « Si dovrebbe pensare a un’età limite, una soglia oltre la quale non è più possibile guidare. Possono essere 80 o 85 anni, di questo si può discutere. Ma la questione va affrontata». Valducci è anche il relatore di quella riforma del codice della strada che dovrebbe essere approvata prima della pausa estiva del Parlamento. Il limite d’età non sarà inserito in questo disegno di legge, proprio perché la Camera sta stringendo i tempi per evitare un nuovo rinvio. Ma il dibattito è aperto.

Oggi, in teoria, è possibile guidare anche fino a 100 anni. La patente deve essere rinnovata ogni 10 anni fino al cinquantesimo anno d’età, ogni 5 fino al settantesimo compleanno, e poi ogni tre. L’automobilista in pensione non ci va mai, va bene così?

La proposta sull’età massima è arrivata nel corso di un convegno organizzato dalla Fondazione per la sicurezza stradale dell’Ania, l’associazione nazionale fra le imprese assicuratrici. «Dobbiamo prendere atto — spiega Sandro Salvati, che della Fondazione Ania è il presidente — che siamo un Paese di vecchi. E che le visite mediche per il rinnovo della patente spesso sono solo sulla carta». D’accordo sul tetto, quindi? «No, potrebbe essere una grande ingiustizia. Ci sono persone che a 85 anni sono sveglie come grilli e altre che a 65 non hanno più i riflessi di una volta». Ma anche secondo lui il problema va affrontato. Come, lo suggerisce Umberto Guidoni, che della Fondazione Ania è il segretario: «Oltre una certa età, ad esempio 70 anni, si potrebbe prevedere il rinnovo annuale della patente. E soprattutto chiedere un vero e proprio certificato del medico curante. Oggi, sostanzialmente, siamo all’autocertificazione».

Quello dell’età avanzata è una tema che si intreccia con la prossima campagna della Fondazione Ania per la sicurezza stradale, una serie di spot contro la guida distratta. «Le automobili moderne — dice il presidente Salvati — sono ricche di optional che fanno scendere l’attenzione di chi è al volante». Non ci sono soltanto il cellulare e la radio, ma anche il navigatore, il monitor per la tv, l’iPod attaccato al cruscotto, il computer di bordo. Senza contare le piccole distrazioni antiche, chi si rifà il trucco e chi si accende una sigaretta. Dati ufficiali non ci sono ma l’Ania stima che il 30% degli incidenti sia causato proprio dalla guida distratta, un «virus contagioso» come l’ha definito addirittura il segretario generale delle Nazioni unite Ban Ki Moon. La polizia stradale sta cercando di capire se è possibile arruolare nella battaglia il tutor, il sistema che misura la velocità media in autostrada, aggiungendo delle telecamere in grado di pizzicare chi telefona al volante.

Intanto la prossima settimana partirà la campagna della Fondazione Ania «Pensa a guidare». Ricordando che nel 2008, solo in Italia, le vittime della strada sono state 4.731, una volta su dieci ragazzi sotto i 20 anni. E che nei weekend dei primi 4 mesi del 2010 si registra un aumento del 5,9%. Oltre ai lutti, al dolore e ai sogni spezzati di migliaia di persone, si tratta anche di un costo sociale insostenibile: 31 miliardi di euro l’anno, più della manovra adesso in Parlamento. Come dice Angelino Alfano siamo «all’emergenza sociale» e per questo il ministro della Giustizia invoca una «riforma del diritto penale sulla circolazione stradale che si ispiri al principio della tolleranza zero». La questione è tecnica ma di grande importanza. In alcuni Paesi, come la Francia, c’è una reato specifico, quello della criminalità stradale che in caso di incidente mortale prevede sanzioni più alte rispetto al semplice omicidio colposo. Da noi, per il momento, se ne parla.

postilla

Come sempre accade, la stampa (e purtroppo presumibilmente chi prende le decisioni e gran parte di chi le subisce) davanti a un problema ne coglie solo alcuni aspetti, dandone per scontati altri, come se fossero leggi ineluttabili della fisica. E parlando di mobilità privata la tendenza alla settorializzazione diventa letteralmente scatenata, come se salendo in auto si entrasse in un universo parallelo: la distrazione alla guida è un problema? La guida in sé è un problema? Di sicuro, ma come sempre si può affrontare da sinistra e da destra.

Quella di destra è la solita risposta: repressione, per il nostro bene, per la nostra “sicurezza”. Via la patente, e per milioni e milioni di persone questo significa, letteralmente: galera, reclusione, emarginazione, morte civile.

Perché appare decisamente criminale, prima promuovere un modello di vita dove tutto, ma proprio tutto, ruota attorno all’automobile (lavoro, localizzazione della casa, consumi, anche fare l’amore ed esprimere la propria personalità a seconda di modelli e stili di guida), e poi per decreto levarla da sotto al culo dei malcapitati colpevoli di non essersi schiantati da giovani su qualche guard rail del sabato sera.

Che dire dei quartieri nel nulla, dove è INDISPENSABILE l’auto per fare qualsiasi cosa diversa da una telefonata? Che dire anche delle città, storiche o periferie, piallate a misura di scatoletta meccanica individuale (vedi il surreale dibattito milanese sul megatunnel di fatto alternativo alla metropolitana, ma non solo)? Che dire della apparante ineluttabilità del modello di consumo shopping mall che sin dall’inizio, ovvero quanto pesa la spesa, e quanto costa relativamente al chilo, è al 100% auto-oriented ?

Cari signori, prima di parlare a vanvera, manco si fosse negli anni ’60 con l’enfasi giovanilista e i cosiddetti matusa da scalzare dal potere, vediamo di ragionare su queste questioni di base. Altrimenti gli scenari della peggiore fantascienza inizieranno davvero a profilarsi, non per colpa di qualche genio malevolo, ma prosaicamente a causa di una manciata di pensosi imbecilli (f.b.)

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