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Loris Campetti
I cancelli costituzionali
22 Giugno 2010
Capitalismo oggi
“Chi non capisce che l'attacco agli operai emette lo stesso fetore dell'attacco ai giudici e ai giornalisti ha già perso”. Il manifesto, 22 giugno 2010

Chissà se questa notte festeggerà la vittoria, Sergio Marchionne. Chissà se gli basterà il 70, o l'80 o se pretenderà il 90 per cento di sì per dire che la Panda si può fare a Pomigliano. Chissà se è vero che la Fiat vuole costruire automobili in quest'angolo reietto d'Italia, patria di ogni male, o se è solo alla ricerca di un capro espiatorio per dire: non possumus, noi avremmo voluto fare questo regalo al paese che da oltre un secolo ci dà da mangiare, ci sostiene e ci finanzia, ma ci sono quei residui novecenteschi della Fiom che si aggrappano al contratto, alla Costituzione e persino alla Carta di Nizza per mettere i bastoni tra le ruote del progresso. Dunque siamo costretti a far lavorare i polacchi, o i serbi, o chissachì perché tutti, tranne gli operai di Pomigliano, sono pronti a concedere più di quel che chiediamo. Se neanche Bersani, Scalfari e Epifani riescono a far firmare la Fiom in calce al fantastico testo che abbiamo scritto tra Torino e Detroit, vuol dire che non c'è niente da fare.

La Fiat ha scritto a tutti gli operai per convocarli al suo referendum. Prima li aveva chiamati con famiglie e fiaccole per far sfilare un popolo umiliato e senza alternative a Pomigliano. Come altri, chi servo chi umiliato, sfilarono trent'anni fa a Torino. A Romiti l'operazione riuscì meglio. I capi annotavano presenti e assenti, ma a Pomigliano erano di più i secondi. Hanno persino convocato in piazza novanta giovani già licenziati con la promessa di un futuro prospero. Hanno consegnato a casa di tutti i dipendenti un cd con la voce e la spiegazione del padrone, tutto per ottenere un plebiscito, sotto ricatto, o come si dice in una terra difficile come la Campania, sotto estorsione: se vuoi lavorare consegnami testa, braccia e diritti e io ti faccio il miracolo. San Gennaro scioglie il sangue, Marchionne scioglie diritti e democrazia.

Vuole l'umiliazione dell'«avversario», e con lui la vogliono il governo, la destra, un padronato come sempre pronto a saltare sul carro di chi sfonda la trincea nemica, per garantirsi gli stessi privilegi di Marchionne. Chi, dall'opposizione e dal fronte sindacale, dice che oggi bisogna scolare l'amaro calice ma sarà un'eccezione, o è una ruota di scorta Fiat o è meglio che cambi mestiere: nelle catene della Pomigliano di domani, in un futuro in cui il mercato dell'auto tornerà a implodere ci sarà tanto posto per i politici (disoccupati). Ieri a Pomigliano gli operai della Fiom dicevano che chi difende la Costituzione, ma solo fuori dai cancelli della fabbrica farà una brutta fine (anche meritata).

Marchionne pensa di poter vincere comunque. Con un plebiscito, una vittoria del terrore che sostituisce consenso e confronto. Con il licenziamento di tutti i dipendenti e la costituzione di una nuova società postdemocratica in cui assumere solo plebe. O addirittura annunciando che la Fiom ha deciso la chiusura di Pomigliano. Chi non capisce che l'attacco agli operai emette lo stesso fetore dell'attacco ai giudici e ai giornalisti ha già perso.

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