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Giovanni Losavio
La “semplificazione” del paesaggio
18 Maggio 2010
Il paesaggio e noi
Nell’analisi dettagliata del regolamento ora in discussione sulla semplificazione delle autorizzazioni paesaggistiche, i rischi e le distorsioni di un provvedimento pericoloso. Scritto per eddyburg, 17 maggio 2010 (m.p.g.)

Il commento di Giovanni Losavio, fra i massimi esperti nazionali di legislazione in materia di beni culturali e paesaggio, nella sua acribia giuridica rileva puntualmente gli elementi fortissimi di criticità che il regolamento attualmente in discussione in sede di Commissioni parlamentari e che riportiamo in allegato, presenta.

Già in altre occasioni eddyburg ha sottolineato come la vulgata della “semplificazione” sia usata con disinvoltura a sostegno di provvedimenti che di fatto sanciscono deroghe pericolose dalle norme vigenti e garantiscono per atti, gare, assegnazioni e quant’altro percorsi privilegiati al riparo da meccanismi di controllo.

Anche in questo caso, il sospetto che si riaffaccia in più di un articolo, laddove, ad esempio, vengono distorti e snaturati ruolo e funzioni delle soprintendenze e delle commissioni locali, è che con questo strumento si contribuisca all’affossamento dell’operazione di copianificazione paesaggistica sancita dal Codice come passaggio ineludibile per una tutela condivisa del nostro paesaggio.

Maria Pia Guermandi

Osservazioni allo schema di Regolamento deliberato dal Consiglio dei Ministri in tema di procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entità.

L’articolo 146, comma 9, del Codice dei beni culturali e del paesaggio rimette ad un Regolamento la disciplina di procedure semplificate di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica per interventi di lieve entità “in base a criteri di snellimento e concentrazione dei procedimenti”, che tuttavia non possono contraddire la prioritaria esigenza della adeguatezza del provvedimento abilitativo all’interesse di tutela in concreto perseguito pur in relazione a minori trasformazioni dell’assetto fisico dei luoghi protetti.

1

Essenziale contenuto del proposto regolamento è innanzitutto la definizione degli “interventi di lieve entità”, indicati nella minuta casistica dell’allegato elenco, le cui “specificazioni, rettificazioni ed integrazioni” il comma 2 dell’art.1 rimette ad un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell’ambiente. La definizione degli interventi di minore entità è materia correttamente assunta dal presente Regolamento adottato a norma dell’art. 17, comma 2, della legge n.400 del 1988 e dunque soltanto al livello di quella formale fonte normativa può essere modificata.

2

Alla esigenza di celerità non può essere sacrificata l’adeguatezza dell’esercizio della funzione di verifica e il termine (sessanta giorni) prescritto dall’art. 3, comma 1, per la conclusione del procedimento non può ritenersi appropriato se comporta la riduzione a venticinque giorni (rispetto ai quarantacinque della procedura ordinaria) del termine dato al soprintendente per esprimere il suo parere, come prevede il successivo art. 4, comma 6. Obbiettive esigenze funzionali non consentono di ridurre, neppure nella procedura semplificata, il già contenuto termine di

quarantacinque giorni, sicché conseguentemente si impone la dilatazione del termine complessivo fissato nell’art.3 (da sessanta a novanta giorni).

3

Criticammo a suo tempo la previsione dell’art. 146, comma 9, del “Codice” che rende meramente facoltativa la convocazione della conferenza di servizi nella ipotesi in cui il soprintendente non abbia reso il parere nel prescritto termine. Escludere del tutto tale facoltà nel procedimento semplificato (comma 6 dell’art.4) sembra disposto che incide senza obbiettiva ragione sull’esercizio di una facoltà discrezionale la cui opportunità può essere apprezzata in concreto, rispetto alla particolarità del singolo caso, dalla “amministrazione competente”.

4

Il comma 5 dello stesso art. 4 prevede il ricorso amministrativo improprio al soprintendente contro il rigetto della domanda pronunciato dalla “autorità competente” nel caso di preliminare “valutazione negativa” (precedente comma 4). Contro l’esigenza di speditezza si pone un simile rimedio, che impropriamente conferisce al soprintendente un potere censorio tipico del rapporto di supremazia gerarchica. Si impone quindi la soppressione di un simile ricorso che snatura la figura istituzionale dell’organo della tutela statale, partecipe con diverso ruolo del procedimento.

5

Così come del tutto impropria è l’attribuzione (comma 8 dell’art. 4) al soprintendente, nella ipotesi in cui abbia espresso parere divergente dalla determinazione della “amministrazione competente”, della competenza alla pronuncia del conclusivo provvedimento di rigetto. E’ attribuzione che essenzialmente modifica il ruolo dell’organo della tutela statale (consultivo pur se con espressione di parere vincolante) nel procedimento di rilascio della autorizzazione paesaggistica, così come è concepito dall’art. 146 del “Codice”.

6

Assolutamente in conflitto con la disciplina, vincolante al riguardo, del “Codice” è il disposto del comma 10 dell’art.4 che declassa a meramente obbligatorio, non vincolante, il parere del soprintendente in tutte le ipotesi in cui il luogo sul quale debba cadere l’autorizzazione sia oggetto di una specifica disciplina, normalmente dettata dal piano paesaggistico, dunque si deve ritenere presente nella quasi generalità dei casi. Nessuna analogia sussiste tra questa disposizione e quella del comma 5 dell’art. 146 del “Codice” (criticata per altro da Italia Nostra) che configura come non vincolante il parere del soprintendente soltanto a conclusione, non solo del procedimento di revisione dei vigenti piani paesaggistici, ma pure dell’attuato adeguamento ad essi degli strumenti urbanistici applicabili nella specie, adeguamento infine oggetto di positiva verifica da parte del ministero, su richiesta della regione.

7

Non può non rimanere obbligatorio il parere delle “commissioni locali per il paesaggio” che invece il comma 12 dell’art. 4 declassa a meramente facoltativo. Basterà rilevare che la istituzione delle commissioni locali volute dall’art.148 del Codice assicura presso l’”autorità competente” quell’”adeguato livello di competenza tecnico-scientifica” cui è condizionata la delega da Regione ad ente locale in ordine all’esercizio del potere di rilascio della autorizzazione paesaggistica.

Roma, maggio 2010.

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