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Tommaso Di Francesco
Giornate campali
13 Febbraio 2010
Italiani brava gente
Nell’intervista ad Angelo Del Boca tutte le menzogne del revisionismo italiano: siamo maestri nell’attribuire agli altri le nostre colpe. Il manifesto, 13 febbraio 2010

È un piccolo evento culturale il libro La storia negata, il revisionismo e il suo uso politico: ha venduto in pochi mesi, nonostante l'argomento, più di novemila copie. Ne parliamo con il curatore, lo storico del colonialismo italiano Angelo Del Boca, appena trascorse due celebrazioni, il «Giorno della memoria» di fine gennaio e il «Giorno del ricordo» di mercoledì scorso. «Come sta andando il libro, con i contributi così importati che hai raccolto?», «Sta andando magnificamente - ci risponde - nel senso che è un libro non del tutto facile, non è un romanzo, ma tra poco verrà stampata la seconda edizione perché c'è molta richiesta. Questo mi ha molto stupito, vuol dire che ha riempito un vuoto».

Sono da poco passate la «Giornata della Memoria» e il «Giorno del ricordo». Si potrebbe dire «finita la festa gabbato lo santo», perché ogni volta ci si trova di fronte ad un rito dentro la deriva della politica ufficiale?

Indubbiamente queste giornate della Memoria sono molte, c'è una specie di inflazione. Perfino io ho fatto l'errore di aggiungerne un'altra che però non è stata accettata e che riguardava i 500.000 africani uccisi da noi, nelle nostre guerre coloniali. Avevo proposto il 19 febbraio perché è la giornata in cui dopo il tentativo di uccidere Graziani e il federale Cortese, i fascisti italiani lanciano la caccia all'africano ad Addis Abeba: una strage con 5-6mila vittime attendibili. Un bagno di sangue. Bisognava sentire la descrizione dei testimoni che hanno avuto il coraggio poi di raccontare la caccia con i manganelli, con le spranghe di ferro, cadaveri portati via dai camion, inceneriti. Poi hanno bruciato metà Addis Abeba. Così questa ritualità celebrativa, spesso dimenticata il giorno dopo, non ha neanche una grande funzione. Visto però che in Italia si tende veramente a dimenticare il passato, a rimuovere soprattutto le nostre colpe, l'insistenza sulla memoria ha la sua importanza e la sua incidenza.

La scia delle commemorazioni strumentali da parte della destra del Giorno del Ricordo, non è ancora finita. In più, il presidente della repubblica Napolitano ha polemizzato con Slovenia e Croazia accusandole di «disattenzione». Eppure proprio i suoi discorsi commemorativi del 2007 e del 2008 che non citavano mai le responsabilità del fascismo nelle terre slave, provocarono le reazioni di Lubjana e Zagabria insieme ad una dura presa di posizione dello scrittore italiano di origine slovena Boris Pahor che accusò: «Silenzi insoppportabile sugli eccidi del Duce»...

Una prima cosa che voglio dire è che ci si dimentica nel Giorno della memoria sempre dei rom e dei gay, oltre che dei deportati politici. Inoltre per il Giorno del ricordo, sul «confine mobile» dobbiamo ricordare che in realtà noi avevamo avuto l'Istria e la Dalmazia in seguito alla vittoria della prima guerra mondiale, ed erano territori che non erano «etnicamente» italiani, e su questo noi abbiamo «giocato», cercando proprio di snaturalizzare con la violenza queste popolazioni. Quindi era un confine dal punto di vista strategico, non dal punto di vista etnico, tanto è vero che durante la guerra di Etiopia migliaia di giovani della zona passarono quel confine e andarono a rifugiarsi in Jugoslavia. È un fatto che viene assai poco ricordato e che io stesso ho scoperto da poco dalle informazione di una storica slovena. La grande tragedia è cominciata proprio dall'occupazione nel '42 della Slovenia e di Lubiana, è da lì che comincerà la revanche di sloveni e croati naturalmente quando l'Italia sarà sconfitta.

E inoltre le prime foibe furono opera dei fascisti contro gli insorti slavi, come ha ricordato lo scrittore Predrag Matvejevic. Ora c'è uno storico, Ferruccio Tassin, che solleva la questione di Visco, piccolo comune in provincia di Udine governato dalla destra, che sta decidendo di smantellare l'area della caserma Sbaiz, l'ex campo di concentramento di Visco. C'è una petizione di storici, ha aderito anche Boris Pahor, perché il luogo diventi monumento nazionale a ricordo dei crimini del fascismo contro gli sloveni...

Esattamente. E va ricordato che oltre al campo di concentramento di Visco, di dimenticati ce ne sono altri 60 di campi di concentramento del fascismo solo in quel «confine mobile» - furono 200 in tutta Italia. Campi come quello di Arbe-Rab: su questa piccola isola erano state confinate 20mila persone e ci sono dei racconti (che io ho raccolto nel mio libro) sui bambini che quando l'acqua saliva non avevano neanche la possibilità di proteggersi perché erano sotto tende improvvisate: era un lager perché la «concentrazione» aveva come scopo solo la morte dei deportati. È stata una delle pagine peggiori della nostra storia nazionale.

Nel libro denunci che il revisionismo è diventato una sorta di mestiere culturale...

È una marea che sale e che può travolgerci. Il filone che tirava è cominciato una ventina d'anni fa. Lo stesso Giampaolo Pansa, che rivendica questo mestiere nel suo libro «Il revisionista», fino a 10 anni fa scriveva a favore della Resistenza. E poi all'inizio del 2000 cambia. Perché cambia? Forse ispirato da Pisanò che già aveva fatto questo revisionismo sfacciato, ma almeno Pisanò era uno della Rsi, tirava l'acqua al suo mulino. Ma Pansa no, è cresciuto nella Resistenza, con tesi di laurea sulla resistenza nell'Alessandrino. Fatto oltremodo singolare, l'affermazione di Berlusconi in Israele: «La Resistenza ha riscattato le leggi razziali del '38». Ma perché va all'estero per raccontare queste cose e in Italia invece si fa di tutto contro la Resistenza. Tra l'altro, da quando c'è la destra al potere anche gli Istituti storici della Resistenza hanno perso molte possibilità: gli insegnanti, che sono poi i direttori degli istituti, erano all'inizio 61, adesso sono molti di meno, soprattutto sono di meno i comandati, ogni anno ce ne portano via 5 o 6 con scuse risibili. Meno male che come presidente c'è Scalfaro. Berlusconi oltre alle belle parole pensi anche a mantenere in piedi questi istituti che «ricordano» ogni giorno, non in modo rituale, e che lavorano sul piano scientifico e non sul piano dei Pansa.

I più importanti storici italiani: le falsificazioni del revisionismo

«Negli ultimi dieci anni - scrive Angelo Del Boca nell'introduzione a «La storia negata» (ed. Neri Pozza, pp. 383 euro 20) - l'uso politico della storia, che nulla ha a che fare con la ricerca storiografica, non ha risparmiato nessuna delle grandi questioni della storia nazionale. È la più vasta e subdola offensiva tesa alla totale rimozione dei crimini commessi in Italia, Africa, Balcani, Urss, un tentativo di riscrivere la storia contemporanea in Italia e in Europa, relativizzando gli orrori del nazismo e della soluzione finale, depenalizzando il fascismo e la sua classe dirigente, delegittimando la Resistenza e demonizzando il comunismo». Nell'all'antologia: Mario Isnenghi: «I passati risorgono. Memorie irriconciliate dell'unificazione nazionale»; Nicola Labanca: «Perché ritorna la "brava gente". Revisioni recenti sulla storia dell'espansione coloniale italiana»; Nicola Tranfaglia: «Il ventennio del fascismo»; Giorgio Rochat: «La guerra di Mussolini 1940-1943»; Lucia Ceci: «La questione cattolica e i rapporti dell'Italia con il Vaticano»; Mimmo Franzinelli: «Mussolini, revisionato e pronto per l'uso»; Enzo Collotti: «La Shoah e il negazionismo»; Aldo Agosti: «La nemesi del patto costituente. Il revisionismo e la delegittimazione del Pci»; Giovanni De Luna: «Revisionismo e Resistenza»; Angelo D'Orsi: «Dal revisionismo al rovescismo. Resistenza (e Costituzione) sotto attacco».

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