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Bettino Craxi e il cuore di Tangentopoli
2 Gennaio 2010
Tangentopoli
Si discute di Craxi e dei suoi meriti. Se ne sentono di tutti i colori, da tutte le parti. Riproponiamo la lettura di uno scritto del 1993, da “L’Italia a sacco”: doroteismo, craxismo, i responsabili della morte della politica

Dal capitolo 6 del libro: Piero Della Seta, Edoardo Salzano,

L’Italia a sacco. Come negli incredibili anni ’80 nacque e si diffuse Tangentopoli, Editori Riuniti, Roma 1993.

Il cuore di Tangentopoli

Sebbene i confini di Tangentopoli restino ancora da tracciare con una più precisa descrizione, il suo cuore, il suo “centro direzionale”, crediamo comunque di averlo individuato. Esso sta nella politica. Più precisamente, nell'aver ridotto la politica a gioco per il potere, e aver reso il potere fine a se stesso: nell'aver ridotto il potere a unica finalità, rovesciandone e negandone così il valore di strumento per un fine d'interesse collettivo.

Non a caso, benché la componente statisticamente più consistente degli indagati dall'inchiesta Mani pulite appartenga all'area del Psi, e benché il craxismo costituisca in qualche modo l'ideologia e la professione di fede di Tangentopoli, la radice politica da cui la malavita politico-affaristica è germinata è quella del doroteismo: tipica figura politica (più e prima ancora che “corrente”) di una Democrazia cristiana che veniva perdendo ogni sia pur discutibile finalità generale. Si può anzi sostenere che proprio il contagio operato con l'estensione del doroteismo alle altre formazioni politiche (in primo luogo al Psi, ma anche al Pci, entrato con il consociativismo nell'anticamera del potere e con le cooperative nella “cupola” degli appalti) abbia costituito la precisa matrice politica di Tangentopoli. Sebbene non si possa sottovalutare il deciso “salto di qualità” (se così possiamo chiamarlo) avvenuto nel passaggio dal doroteismo di marca democristiana a quello di stampo craxiano. Mentre il primo conservava le apparenze della rispettabilità e si nascondeva dietro il manto dell'ipocrisia (ma l'ipocrisia, diceva Chateaubriand, è in fin dei conti “l'omaggio che il vizio rende alla virtù”), il doroteismo degli anni 80 esibisce invece, presentandole come virtù, i suoi vizi di furbesca arroganza, di rampante arrivismo, di potervo sprezzo per le regole comuni.

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