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“Per il commercio meglio il mercato che le regole”
29 Gennaio 2009
Lettere e Interventi
Andrea Declich, a proposito di Nicolini

Cari amici di Eddyburg, ho letto con interesse l'articolo del 23 gennaio di Nicolini, riportato su Eddyburg (Ripensare il Centro per una nuova movida). Vorrei fare un breve commento. Sono, in generale, d'accordo con il fatto che vada controllato "l'uso" che si fa di alcune zone della città, come suggerisce Nicolini. Il punto è che lo strumento che egli propone, un qualche cosa di simile a un piano per il commercio con il "controllo delle destinazioni d’uso sostenibili", pone più problemi di quanti non ne possa risolvere. Bisognerebbe, in pratica, stabilire in maniera artificiale dei limiti a certi usi commerciali. Certamente il problema è che certe zone del centro sono diventate grandi mense per turisti di bassa qualità e alti costi. Ma siamo proprio sicuri che la causa sia quella che traspare dal ragionamento di Nicolini, e cioè che il cattivo uso del centro storico sia semplicemente da ricondurre al funzionamento del mercato?

Non ne sarei così sicuro. A parte che nessuno sa quale sia la quantità giusta di esercizi commerciali da dedicare a un uso piuttosto che a un altro, a me sembra che il problema, negli ultimi anni, sia stato non la "deregolamentazione" del commercio, ma il fatto che si è "deciso" di non applicare tutto il resto delle norme esistenti. Oppure, le stesse, sono state applicate in maniera bizzarra. Mi spiego: con quali criteri sono stati rilasciati i permessi di occupazione del suolo da parte dei ristoranti in centro, spesso in aree che non consentono la disposizione di tavolini se non a detrimento del diritto di tutti a utilizzare strade, piazze, marciapiedi? Il dilagare dei Bed & Breakfast riduce l'offerta di case per l'affitto anche perchè tutte le ovvie regole dei B&B vengono violate. La massa crescente di turisti venuti a Roma negli ultimi anni hanno soddisfatto il loro bisogno di mobilità attraverso i pullman privati e non con una più adeguata e ordinata offerta di trasporto pubblico (la proposta di ArcheoTram di Tocci-Cederna è stata lasciata nel dimenticatoio). Sono stati aperti nuovi alberghi in zone dove non c'è spazio adeguato per il transito dei pullman, ma si è chiuso un occhio rispetto al fatto che questi continuassero a invadere il centro e le zone limitrofe per servire gli alberghi. E che dire del piano parcheggio Pullman non rinnovato dopo il giubileo? Potrei continuare a lungo. Insomma, il problema non è tanto fare nuove regole. Il punto è che non abbiamo un'amministrazione in grado di applicarle ne la volontà politica di fare in modo che l'amministrazione si attrezzi per fare adeguatamente il proprio dovere.

Quindi, non me la prenderei, anche se velatamente, con il mercato. Il grande economista dello sviluppo Paul Streeten diceva che un mercato forte ha bisogno di uno stato forte. Lasciamo che agisca la libera iniziativa degli imprenditori, la quale include anche tutte quelle attività culturali che rendono belle e ricca la vita notturna di una città e che rimarrebbero probabilmente fuori da un piano del commercio pensato da Alemanno o Cutrufo. Ma facciamo rispettare a tutti i limiti a certe attività. In caso, introduciamone di nuovi che siano chiari, facili da rispettare. Oppure, si faccia pure a un piano come suggerito da Nicolini. Ma i problemi che ho segnalato sono del tutto indipendenti e, probabilmente, contano molto di più per una efficace gestione della città.

Non mi sembra che Nicolini proponga oggi il piano del commercio della legge: sostiene una cosa secondo me sacrosanta: che occorre tornare al controllo delle utilizzazioni del suolo e delle sue parti. Se gli urbanisti non ritengono di essere in grado di farlo meglio del Mercato, è meglio che cambino mestiere. Se poi s’illudono che il Mercato sia in grado di servire l’interesse comune, è meglio che comincino a studiare come stanno le cose nella realtà.

Certo che le regole non sono sufficienti (penso che nessuno l’abbia mai sostenuto), ma è altrettanto certo che senza regole stabilite secondo i criteri della pianificazione pubblica le fanno, opacamente e interessatamente, i poteri che governano l’economia. Poteri davanti ai quali il cittadino si trova notoriamente e totalmente indifeso, mentre le regole pubblich, essendo trasparenti, sono sempre discutibili. Comunque le mie idee le ho espresse più ampiamente nell’ultimo eddytoriale, e in numerosi altro articoli raccolti in eddyburg.

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