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Ida Dominijanni
Il sole nero della malinconia
9 Agosto 2008
Scritti 2007
Quando la capacità di sintesi si accompagna all’acutezza del giudizio, la pagina è tutta da leggere, e conservare. Il manifesto, 8 dicembre 2007

Poltiglia di massa, indifferente al futuro e ripiegata su se stessa. Mucillagine inerte e inconcludente. Coriandoli individualisti che galleggiano solo per appagato imborghesimento. Aspirazioni senza scopo e senza mordente che separano e non uniscono. E su tutto, istituzioni incapaci di riattivare processi di coesione sociale. Sono citazioni testuali dal Rapporto Censis 2007, che stavolta non risparmia né i sostantivi né gli aggettivi per descrivere lo stato di vulneralbilità della società italiana. E non risparmia neppure l'autocritica. De Rita ci aveva provato, negli anni passati, a battere sul tasto dell'ottimismo: mentre altri piangevano sul declino, lui puntava sul «silenzioso boom». Che c'è stato e continua, grazie anche alle astute strategie di consumo post-Euro degli italiani e malgrado sia sabotato dai salari scandalosamente bassi e dal debito pubblico. Però, e questo è il punto, il silenzioso boom non fa sviluppo, non fa legame, non fa progetto, non fa speranza. A differenza che sotto il boom fragoroso degli anni Cinquanta, la società italiana non vola e non decolla: «antropologia senza storia», è intrappolata nell'inerzia di un presente depresso e senza futuro che progressivamente uccide la sua - per il Censis proverbiale - vitalità.

L'economia non è tutto, e questo ogni buon sociologo lo sa. Ma stavolta anche il sociologo vacilla: «Il benessere piccoloborghese degli ultimi decenni ha creato un monstrum alchemicum che ci rende impotenti, come di fronte a una generale entropia». La sensazione diffusa di una deriva verso il peggio in tutti i campi della vita individuale e collettiva, dalla politica allo smaltimento dei rifiuti, non si spiega solo con gli indicatori sociali. Il sociologo fa ricorso alla psicologia: le pulsioni frammentate che vincono sulle passioni unificanti, il «masochismo ansiogeno» che trapela dall'ansia di comparire in tv. Ma anche questo non spiega tutto. La crisi, De Rita deve dirlo a chiare lettere citando Melanie Klein, è di ordine simbolico: sta nella regressione individualistica di tutti i valori di riferimento - laici e religiosi, dalla libertà al lavoro all'etica pubblica - un tempo interpretati collettivamente. E si sa, citiamo invece Julia Kristeva, che quando crolla l'ordine simbolico sale il sole nero della malinconia.

Come sconfiggere questa malinconia? Non, dice il Censis, con i giudizi morali, o moralistici. Non con l'invocazione dell'uomo forte. Non con i riti fondamentalisti che resuscitano i simulacri di identità sepolte. Ma nemmeno resuscitando il simulacro di una politica sfinita. Qui il Rapporto si fa spietato: «l'offerta culturale e politica che oggi tiene banco è un'offerta taroccata dalla logica vuota degli schieramenti». Se c'è un antidoto alla malinconia, sta nelle «minoranze attive» che crescono, al riparo del sole nero, nel sottosuolo: lì c'è ancora vita e senso. Lì, può ancora esserci politica. Diventare minoranza, come diceva un filosofo, è l'unico progetto, se la maggioranza è diventata poltiglia.

E' l'antipolitica che parla per bocca di un sociologo impolitico? O è solo uno sguardo non professionalmente politico che può cogliere come la politica professionale muore, e dove c'è ancora politica sorgiva? Stona, di fronte a una diagnosi tanto allarmante sullo spirito del tempo, il silenzio o la pochezza dei commenti dei politici deputati. Quelli che oggi si riuniscono alla Fiera di Roma, tentando di ridare senso alla parola «sinistra», speriamo meditino questa diagnosi. Qualcosa s'è rotto nel profondo della società italiana. L'entropia non domanda aggiunte ma tagli. Il sole dell'avvenire non basta a sconfiggere il sole nero. I simboli contrattati a tavolino non stuccano le crepe dell'ordine simbolico. Il passaggio è stretto, ma è solo nei passaggi stretti che qualcosa può venire al mondo.

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