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Edoardo Salzano
20021'04 Relazione al convegno "L'identità del territorio"
7 Luglio 2008
Interventi e relazioni
Relazione svolta il 4 ottobre 2002 al convegno "L'identità del territorio", nell'ambito della manifestazione "Sette giorni al verde" organizzata dall’Assessorato all’ambiente della Provincia di Foggia.

Premessa

Questa giornata è iniziata con un intervento di apertura, quello di Grazia Francescato, che ha illustrato una visione ampia, globale, ragionevolmente pessimistica del mondo di oggi. Una denuncia appassionata e convinta delle tendenze in atto, dei loro effetti perversi. Non voglio contestare niente dell’intervento di Francescato, poiché ne condivido tutto. Voglio però propormi (a differenza di altri) di riprendere l’indicazione che ha dato, verso la fine del suo intervento, a lavorare qui e ora per contrastare quella tendenza, e in particolare per evitare che il mondo si trasformi in quella “repellente crosta di cemento e asfalto” di cui così spesso parlava Antonio Cederna.

E vorrei partire proprio dal tema del nostro convegno (l’identità del territorio) e dal comprendere in che modo la pianificazione territoriale può contribuire a conservarla e confermarla.

Che cos’è l’identità del territorio

L’identità di un territorio è costituita da molte cose: la lingua, la cultura materiale e quella dei “mandarini”, la forma delle città, delle case e degli arredi, il paesaggio nelle sue diverse componenti, la memoria comune, i nomi e i patronimici delle persone, i sapori naturali e quelli delle composizioni culinarie, i materiali adoperati per vestirsi e per costruire…

Non credo affatto d’aver costruito un elenco completo, ma spero d’aver fatto comprendere che ho la consapevolezza della dimensione, dello spessore di ciò di cui stiamo parlando.

E però gli strumenti che adopero, il mestiere che pratico consentono di agire su alcuni soltanto di questi elementi. Prevalentemente, con quelli che hanno a che fare con la forma del territorio – il paesaggio, quindi – e col modo nel quale la società utilizza il territorio e le sue risorse.

Paesaggio

Dell’importanza del paesaggio nella determinazione (e nella tutela) dell’identità vi è consapevolezza da moltissimi anni. Vorrei ricordare un’espressione del ministro per la Pubblica istruzione dell’ultimo ministero Giolitti, Benedetto Croce, nel 1920.

Scriveva Croce:

Il paesaggio è la rappresentazione materiale e visibile della Patria con le sue campagne, le sue foreste, le sue pianure, i suoi fiumi, le sue rive, con gli aspetti molteplici e vari del suo suolo […], il presupposto di ogni azione di tutela delle bellezze naturali che in Germania fu detta “difesa della patria” ( Heimatschuz). Difesa cioè di quel che costituisce la fisionomia, la caratteristica, la singolarità per cui una nazione si differenzia dall’altra, nell’aspetto delle sue città, nelle linee del suo suolo [i].

Il paesaggio, quindi, come fisionomia, caratteristica, singolarità – come identità, insomma - per la quale una nazione (e una regione, una provincia, una città) si differenzia dall’altra.

Società

Ho parlato di paesaggio, e ho parlato – a proposito di ciò su cui la pianificazione può agire - del modo in cui lasocietà usa le risorse del territorio. Parlare di società impone però almeno una precisazione.

Di quale società parliamo quando parliamo di identità di un territorio?

Certo, parliamo della società di oggi: è questa la società in cui viviamo, con i cui occhi guardiamo, i cui gusti condividiamo (magari non tutti), i cui interessi cerchiamo di servire. Certo, parliamo di questa società frantumata, questa civitas che si esprime nelle forme di quella urbs dissolta e aberrante che ci ha illustrato poco fa Antonio Clemente. (Ma è anche, non dimentichiamolo, una civitas che ancora vive e ama le cento città che non sono ancora megalopoli né marmellata urbana).

Ma se parliamo di identità del territorio, e colleghiamo la nozione di identità a quella di memoria, di storia, di cultura (delle radici della società di oggi, del suo passato) non possiamo fare a meno di proiettarla anche nel futuro. Non possiamo fare a meno di riferirci anche alla società didomani, alle generazioni che ancora non sono nate.

Sostenibilità

Ecco allora che il concetto di identità, oltre che al concetto di paesaggio e a quello di società, si lega anche al concetto di sostenibilità. Perché parlare di sostenibilità, di sviluppo sostenibile, non significa parlare di uno sviluppo che risparmi, dove può e quando può, qualcosa dell’ambiente. Non significa alludere a mediazioni, a compromessi, tra un’esigenza (lo sviluppo) che di per sé consuma e distrugge risorse ambientali, e un’altra esigenza che viceversa quelle risorse vorrebbe conservare.

Sviluppo sostenibile significa invece “uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri” [ii]. E’ una definizione ben più severa di quella della mediazione e del compromesso. Significa assumere, per la stessa valutazione dello sviluppo, parametri radicalmente diversi da quelli adoperati correntemente. E nella pratica significa a fare dei rigorosi bilanci tra le risorse che si impiegano per trasformare il territorio e dar luogo a nuove attività e le nuove risorse che si reimmettono nel ciclo vitale.

I compiti della pianificazione territoriale

Identità, paesaggio, società, sostenibilità. Stabiliti questi collegamenti mi resta da raccontare in che modo la pianificazione territoriale possa aiutare a conservare l’identità di un territorio.

Intanto, che cos’è un piano territoriale. Non voglio ripercorrere il faticoso percorso che ha portato anche l’Italia ad adottare la pianificazione d’area vasta. Voglio solo ricordare che la necessità della pianificazione territoriale è correlata a quel grandioso e terribile fenomeno per cui, con lo sviluppo del sistema capitalistico-borghese, il processo di “utilizzazione urbana” è esploso oltre i confini della città e ha investito l’intero territorio di vaste regioni del mondo.

E voglio soprattutto ricordare i tre compiti che, in Italia, si tende ad affidare alla pianificazione territoriale.

Un primo compito è quello di delineare le grandi scelte sul territorio, il disegno del futuro cui si vuole tendere, le grandi opzioni (in materia di organizzazione dello spazio e del rapporto tra spazio e società) sulle quali si vogliono indirizzare le energie della società.

Un secondo compito è quello di rendere esplicite a priori, e di rappresentare sul territorio, le scelte proprie delle competenze provinciali: in modo che ciascuno possa misurarne la coerenza e valutarne l’efficacia.

Un terzo compito è quello di indirizzare a priori (anziché controllare a posteriori, come oggi avviene) le attività sul territorio degli enti sottordinati al comune in primo luogo i piani urbanistici dei comuni.

Vale la pena di soffermarsi sul secondo compito, quelle delle competenze proprie della provincia. Poiché oggi questa competenze non si limitano più soltanto alla viabilità infraregionale, all’istruzione superiore, alla caccia e pesca e a determinati rami dell’assistenza sanitaria, come una volta. Oggi alla provincia competono forti poteri in materia di ambiente, di paesaggio, di agricoltura, di uso e gestione delle risorse.

Questo a partire dagli anni Novanta: precisamente, da quella legge 142/1990 che attribuisce alla provincia nuovi e rilevanti compiti, riscattandola da quel destino di ente locale di serie B che aveva finito per assumere. Ed è interessante osservare che è proprio in quegli anni che il Parlamento approva le tre rilevanti leggi per la tutela delle risorse dell’ambiente quella per il paesaggio, la 431/1995, quella per la difesa del suolo e delle acque, la 183/1989, e quella per le aree protette, la 394/1991.

Nella stessa legislazione delle Regione Puglia (che a me sembra tra le più arretrate) si afferma che

il piano territoriale di coordinamento assume l’efficacia di piano di settore nell’ambito delle materie inerenti la protezione della natura, la tutela dell'ambiente, delle acque, della difesa del suolo, delle bellezze naturali, a condizione che la definizione delle relative disposizioni avvenga nella forma di intesa fra la Provincia e le amministrazioni, anche statali, competenti. [iii]

Ma per renderci cono dell’evoluzione della cultura e della prassi della pianificazione territoriale nel nostro paese diamo un’occhiata a quanto hanno stabilito legislazioni regionali più avanzate.

La nuova legislazione regionale

Par due decenni le regioni sono rimaste paralizzate nell’obbedienza alla legge urbanistica del 1942, dimenticando che la Costituzione repubblicana attribuiva loro competenze primarie in materia di legislazione urbanistica, Dal 1990 hanno cominciato a muoversi, e hanno sfornato leggi interessanti e proposto meodi e strumenti innovativi nel governo del territorio. Varrà la pena di esaminarne sinteticamente qualche aspetto. Su due in particolare vorrei brevemente soffermarmi: l’ambiente e la conoscenza.

In tutte le leggi considerate la tutela e la riqualificazione dell’ambiente, la sostenibilità ambientale, le risorse naturali e storiche del territorio, la sua integrità fisica e identità culturale, l’ecologia – insomma, le diverse accezioni e definizioni e accentuazioni delle risorse territoriali – acquistano un peso rilevante nella indicazione dei contenuti, degli obiettivi e anche (nei casi più interessanti) nei procedimenti della pianificazione.

Tra le asserzioni di carattere generale merita di essere segnalato il testo della legge della Toscana[iv]:

Nessuna risorsa naturale del territorio può essere ridotta in modo significativo e irreversibile in riferimento agli equilibri degli ecosistemi di cui è componente. Le azioni di trasformazione del territorio sono soggette a procedure preventive di valutazione degli effetti ambientali previste dalla legge. Le azioni di trasformazione del territorio devono essere valutate e analizzate in base a un bilancio complessivo degli effetti su tutte le risorse essenziali del territorio.

Le dichiarazioni di volontà e d’intenti possono essere fuorvianti o ipocrite. Conviene allora verificare in che modo l’interesse per le risorse del territorio si esprime nei contenuti e nei meccanismi della pianificazione. Citando ancora la legge della Toscana, la conseguenza precettiva dell’asserzione ora citata è la seguente:

Tutti i livelli di piano previsti dalla presente legge inquadrano prioritariamente invarianti strutturali del territorio da sottoporre a tutela, al fine di garantire lo sviluppo sostenibile nei termini e nei modi descritti dall'articolo 1 (articolo 5, comma 6).

Alcune regioni attribuiscono già al livello regionale la “attenta considerazione dei valori paesistici e ambientali”. Così la legge dell’Umbria, quella dell’Emilia omagna, quella della Liguria. la legge della Basilicata dedica il più “solido” dei suoi atti di livello regionale (la “Carta dei suoli”), alla “la perimetrazione dei Sistemi (naturalistico-ambientale, insediativo, relazionale) che costituiscono il territorio regionale, individuandoli nelle loro relazioni e secondo la loro qualità ed il loro grado di vulnerabilità e di riproducibilità”.

Ma è nella pianificazione di livello provinciale il contenuto ambientale, è sempre indicato con particolare incisività, con efficacia precettiva diretta o almeno indiretta. Così:

in Toscana il piano territoriale provinciale contiene: “a) il quadro conoscitivo delle risorse essenziali del territorio e il loro grado di vulnerabilità e di riproducibilità in riferimento ai sistemi ambientali locali indicando, con particolare riferimento ai bacini idrografici, le relative condizioni d'uso, anche ai fini delle valutazioni di cui all'articolo 32 ; b) prescrizioni sull'articolazione e le linee di evoluzione dei sistemi territoriali, urbani, rurali e montani” (articolo 16).

In Umbria il piano urbanistico provinciale, tra l’altro: “a) sulla base delle caratteristiche geologiche, idrogeologiche e sismiche del territorio stabilisce le linee di intervento nelle aree oggetto di difesa del suolo e delle acque e per le attività estrattive; individua altresì le aree che richiedono ulteriori studi ed indagini a carattere particolare, ai fini della pianificazione comunale; provvede alla tutela ecologica del territorio anche mediante la valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche ed alla prevenzione dall'inquinamento dell'aria, dell'acqua e del suolo; b) individua gli ambiti del territorio agricolo e boschivo che presentano caratteristiche omogenee e detta criteri per le relative discipline d'uso; detta altresì criteri per la localizzazione degli allevamenti agro-zootecnici con particolare riferimento a quelli che comportano particolare impatto ambientale; (…) e) individua le parti del territorio ed i beni di rilevante interesse paesaggistico, ambientale, naturalistico e storico-culturale, comprese le categorie di cui all'art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431, da sottoporre a specifica normativa d'uso per la loro tutela e valorizzazione; indica le aree da destinare a parco o a riserva naturale con particolare riferimento a quelle individuate dal Sistema parchi ambiente regionale; f) definisce le vocazioni prevalenti per ambiti del territorio provinciale con particolare riferimento a quelli nei quali sono necessari interventi di tutela, conservazione e ripristino ambientale, indicando le relative destinazioni di massima, i criteri e gli indirizzi, al fine di favorire l'uso integrato delle risorse territoriali;

In Liguria il piano provinciale, nella “struttura del piano”, tra l’altro: individua “le parti del territorio provinciale atte a conferire organicità e unitarietà, sotto il profilo della rigenerazione ecologica, al disegno di tutela e di conservazione ambientale delineato dalla pianificazione (…) c) integra e sviluppa gli elementi del PTR nella sua espressione paesistica, secondo le indicazioni contenute nel piano stesso, come stabilito dall’articolo 12, comma 3; d) definisce i criteri di identificazione delle risorse territoriali da destinare ad attività agricole e alla fruizione attiva, anche a fini di presidio ambientale e ricreativi; (…) f) definisce le azioni di tutela e di riqualificazione degli assetti idrogeologici del territorio, recepisce ed integra ove necessario, a norma della vigente legislazione in materia, le linee di intervento per la tutela della risorsa idrica, per la salvaguardia dell'intero ciclo delle acque, fermo restando il disposto di cui all’articolo 2, comma 5, e coordina gli effetti dei piani di bacino sulla pianificazione locale.

In Emilia Romagna il piano territoriale provinciale, tra l’altro: “c) definisce i criteri per la localizzazione e il dimensionamento di strutture e servizi di interesse provinciale e sovracomunale; d) definisce le caratteristiche di vulnerabilità, criticità e potenzialità delle singole parti e dei sistemi naturali ed antropici del territorio e le conseguenti tutele paesaggistico ambientali; e)definisce i bilanci delle risorse territoriali e ambientali, i criteri e le soglie del loro uso, stabilendo le condizioni e i limiti di sostenibilità territoriale e ambientale delle previsioni urbanistiche comunali che comportano rilevanti effetti che esulano dai confini amministrativi di ciascun ente” (articolo 26).

Infine, praticamente tutte le leggi regionali prescrivono che la base, il fondamento, il primo passo della pianificazione territoriale (e della pianificazione tout court) siano rappresentati da un sistema informativo territoriale. Un sistema in grado di connettere tra loro le numerosissime banche dati disponibili presso gli enti pubblici, nonché quelle da costituire ai fini specifici della pianificazione territoriale e urbanistica. Un sistema capace di essere sistematicamente aggiornato in relazione alla dinamica dei fenomeni, di essere precisamente riferito al territorio (“georeferenziata”), di essere consultato e utilizzato da una pluralità di soggetti: da quelli che hanno concorso a costruirla, a quelli che intendono utilizzarla per le loro azioni, e infine dai cittadini che vogliano conoscere il loro territorio e seguire le politiche.

I contenuti della pianificazione territoriale

Ritornando alla pianificazione territoriale, e al modo in cui la stiamo applicando nella Provincia di Foggia, possiamo allora tornare ai contenuti del piano per quanto concerne l’esplicazione sul territorio delle competenze provinciali.

Dobbiamo domandarci allora in primo luogo come distinguere le competenze della provincia da quelle degli altri enti locali a rappresentatività diretta, la Regione e il Comune?

Per distinguere le competenze tra i diversi livelli di governo si ricorre ormai, in Europa, al principio di sussidiarietà. Secondo il principio di sussidiarietà là dove un determinato livello di governo non può efficacemente raggiungere gli obiettivi proposti, e questi sono raggiungibili in modo più soddisfacente dal livello di governo sovraordinato, è a quest’ultimo che spetta la responsabilità e la competenza dell’azione. La scelta del livello giusto va compiuta non in relazione a competenze astratte o nominalistiche, oppure a interessi demaniali, ma (come suggerisce il trattato europeo) in relazione a due elementi: la scala dell’azione (o dell’oggetto cui essa si riferisce) oppure i suoi effetti.

Da questo punto di vista, applicando in modo rigoroso il principio di sussidiarietà, si può dire che le competenze della Provincia si esplicano in tre grandi aree di competenza, che definiscono i contenuti del piano provinciale:

- la tutela delle risorse territoriali (il suolo, l’acqua, la vegetazione e la fauna, il paesaggio, la storia, i beni culturali e quelli artistici), la prevenzione dei rischi derivanti da un loro uso improprio o eccessivo rispetto alla sua capacità di sopportazione (carrying capacity), la valorizzazione delle loro qualità suscettibili di fruizione collettiva.

- Le scelte d’uso del territorio le quali, pur non essendo di per sé di livello provinciale, richiedono ugualmente un inquadramento, per evitare che la sommatoria delle scelte comunali contraddica la strategia complessiva delineata per l’intero territorio provinciale.

- La corretta localizzazione degli elementi del sistema insediativo (residenze, produzione di beni e di servizi, infrastrutture per la comunicazione di persone, merci, informazioni ed energia) che hanno rilevanza sovracomunale.

Per quanto riguarda quest’ultimo punto vorrei svolgere una considerazione conclusiva, cioè rispondere a un’ultima domanda: esiste una identità della provincia?

L’identità della provincia

Perché un soggetto, un ente, possa avere un’identità è necessario che esso sia un organismo: che sia cioè un insieme di parti legate tra loro in modo che ciascuna di esse sia necessaria alle altre, tali cioè da essere caratterizzate da un’autonomia solo relativa. Così è l’uomo, così la città, così è la nazione. Possiamo dire che la Provincia sia un in tal senso organismo?

Molti possono sostenere il contrario. Possono ricordare l’arbitrarietà dei confini della provincia nati – nell’età napoleonica - in funzione del massimo percorso che poteva fare in un giorno il possidente che doveva pagare le imposte, o lo squadrone a cavallo dei gendarmi per sedare la sommossa nel paese più lontano. Possono ricordare la povertà dei poteri che le province hanno avuto fino a un decennio fa.

Io invece sono convinto che la Provincia è un organismo o, meglio, che può esserlo. E può esserlo proprio se affronta quella questione – la corretta localizzazione degli elementi del sistema insediativi che hanno rilevanza sovracomunale - che costituisce uno dei contenuti essenziali del piano territoriale provinciale. Un organismo le cui parti (il Gargano e i Monti della Daunia, la città capoluogo e gli altri centri rilevanti della Capitanata, l’aeroporto e il porto e gli ospedali e l’università e le scuole superiori e i centri sportivi, e il sistema delle infrastrutture e dei servizi per la mobilità delle persone e delle merci, siano tutti elementi legati dalla complementarietà dei ruoli, dalla integrazione delle funzioni, dalla reciprocità delle relazioni, dalla frequenza dei flussi.

E’ anche attraverso la vita in comune che questa organizzazione del territorio può determinare che può nascere, o può consolidarsi, quel comune sentire, quel partecipare a un comune destino e a una comune ricchezza, che sono i connotati più profondi dell’identità di un territorio.

Edoardo Salzano

[i] B. Croce, Relazione al disegno di legge per la tutela delle bellezze naturali, Atti parlamentari, Roma 1920. Il testo, sconosciuto ai più, mi è stato segnalato da Antonio Iannello, tenace e vigoroso organizzatore di memorabili vertenze contro la devastazione del paesaggio e dei beni culturali a Napoli e nella Penisola sorrentina e amalfitana.

[ii] Aa.vv, Il futuro di noi tutti, Bompiani, 1989.

[iii] Comma 2 dell’articolo 6 della legge regionale 20/2001; riprende quanto già stabilito dal comma 2 dell’articolo 5 della legge regionale 25/2000, parafrasando, in ogni caso, l’articolo 57 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

[iv] Legge regionale 5/1990, articolo 5 - Norme generali per la tutela e l'uso del territorio, comma 3

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