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Valerio Magrelli
L'Appia antica e la sindrome di Gomorra
30 Giugno 2008
Pagine di cronaca
I divoratori dei tesori comuni non smettono mai di masticare. Il Corriere dalla sera, ed. Roma, 30 giugno 2008

Occhio all'Appia. Da qualche settimana quella che è stata definita come una tra le più belle vie del mondo va subendo una serie di impressionanti attacchi e violazioni. Il primo caso, circa un mese fa, ha riguardato l'installazione di una piscina da 25 metri per 20 e profonda 4. Viene spontaneo domandarsi: che fine ha fatto tutta la terra sbancata? Un sito archeologico, infatti, non è solamente uno scrigno, bensì un inestimabile archivio di dati. Le scavatrici che ne devastano i tesori, distruggono al contempo informazioni di inestimabile valore per gli studiosi. Malgrado i divieti del Parco regionale e della Sovrintendenza archeologica, il circolo del tennis all'Acquasanta e lo Sporting Palace hanno scavato, costruito, elevato muri in cemento armato e sopraelevazioni. Ma non è tutto. Qualche giorno fa, a 200 metri dall'Acquedotto dei Quintili è stata costruita una struttura in ferro destinata alla ristorazione e dotata di alcuni banchi da supermarket.

Potete immaginare un abuso simile in mezzo alle Piramidi o ai monumenti aztechi? Ebbene, ciò che nessuno oserebbe fare in Egitto o in Messico, è invece realizzabile in Italia, nel cuore stesso della Capitale. La gravità dell'accaduto appare evidente, se paragonata alla situazione di nazioni che dovrebbero possedere una cultura civica teoricamente più esile della nostra. Ma ormai non dobbiamo più paragonarci al nord Europa o agli Stati Uniti (nazioni dove è diffuso un elevato senso dello Stato), bensì all'Africa o all'America Latina. Riusciamo ancora a afferrare l'enormità di un fatto simile, o dobbiamo rassegnarci a scivolare nella «gomorrizzazione» del nostro territorio?

«È la zona più vincolata del mondo», ha dichiarato la direttrice del Parco dell'Appia Antica, Alma Rossi, «ma senza l'approvazione del piano e del regolamento del parco, si tratta di una lotta impari ». Non resta che plaudire al lavoro di chi ha portato al sequestro dei cantieri illegali, e sperare che la battaglia per la conservazione del patrimonio venga vinta. Ma cosa importa questo ad un privato, di fronte alla prospettiva di aumentare il suo giro d'affari? Bisognerà comprendere la necessità di bloccare le licenze commerciali. Solo così potremo arrestare la continua erosione del bene comune. L'Appia Antica è di tutti: difendiamola.

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