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Luigi Bignami
2006, l´era dell´"Homo urbanus"
18 Maggio 2008
Statistiche. Da la Repubblica del 23 maggio 2005. Con una postilla di Carlo Cattaneo

ROMA - Pochi mesi ancora e l´uomo potrebbe entrare nell´era dell´«Homo urbanus», l´era in cui la maggior parte della popolazione mondiale vivrà in agglomerati cittadini di milioni di abitanti. Accadrà all´inizio del 2006: a rivelarlo è Hania Zlonik, direttrice del settore dell´Onu che si occupa della popolazione mondiale. Nonostante i gravi problemi di vivibilità, che vanno dall´inquinamento ai costi della vita, l´uomo tende a stabilirsi dove attorno a lui vi sono altri uomini. Nel 1900 solo il 14% della popolazione mondiale viveva in aree cittadine, ma dall´inizio del nuovo millennio ben il 47% dell´umanità intera vive in città. Questo ha fatto sì che se nel 1950 vi erano solo 83 città in tutto il mondo il cui numero di abitanti superava il milione, dal 2000 sono ben 411. Ciò significa che all´inizio del 1800 le città della Terra ospitavano complessivamente un miliardo di persone, che sono salite a 2 miliardi nel 1985 e a 3 miliardi dall´inizio del 2002. Circa 2 miliardi vivono in città di Paesi in via di sviluppo, che nel 2030 diverranno circa 3,9 miliardi.

Bombay, San Paolo, Città del Messico e New York sono solo alcuni esempi di agglomerati urbani con una popolazione superiore ai 10 milioni di persone. Se nel 2000 le città di queste dimensioni, le megalopoli, erano 18, entro il 2015 saranno 23. Secondo le ricerche ogni giorno circa 180.000 persone scelgono di abbandonare le aree rurali per andare a vivere in città. «Se questo trend si manterrà sugli stessi livelli, la popolazione urbana raddoppierà ogni 38 anni», ha spiegato Zlonik.

La tendenza che porta la popolazione mondiale a radunarsi nelle città ha un andamento diverso tra i Paesi tecnologicamente avanzati e quelli in via di sviluppo. Nei primi infatti, il fenomeno è iniziato con la rivoluzione industriale a metà del 1800 ed è quasi terminato, tant´è, ad esempio, che negli Stati Uniti l´80% della popolazione vive già da tempo nelle città. Negli ultimi anni, questi grandi agglomerati attraversano una fase di leggera emigrazione, in quanto chi vi abita da anni ed ha un posto di lavoro sicuro tende a trovare una locazione più tranquilla al di fuori del centro urbano. Nei Paesi in via di sviluppo, invece, il richiamo della persone dalle campagne è iniziato solo a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, ma molto rapidamente quasi due miliardi di persone, un terzo della popolazione mondiale, si è trasferito nelle aree urbane andando a vivere soprattutto in baracche ai confini delle città. «E saranno proprio questi i Paesi che nei prossimi anni vedranno ancora aumentare il numero di persone nelle città», continua Zlonik. Gli esperti temono che la ricerca di un tetto metropolitano possa portare ad incidenti di estrema gravità, in grado di provocare un numero di morti paragonabili a quelli di una guerra.

E´ probabile, tuttavia, che non saranno più le megalopoli ad attirare la gente, ma le città medio-grandi. Spiega Zlonik: «Saranno soprattutto i centri urbani con un milione o poco più di abitanti ad incrementare il numero dei residenti, perché le megacittà non hanno quasi più nulla da offrire a chi vuole insediarsi».

E in Europa come sarà la situazione? Un po´ anomala rispetto al resto del mondo. Tra 15 anni, infatti, vi saranno cinque grandi centri con più di 5 milioni di abitanti: Parigi, Mosca, Londra, Essen/Ruhrgebiet e San Pietroburgo. Milano e la stessa Roma scompariranno dall´elenco che oggi le vede tra i più grandi centri urbani europei.

Postilla

Si parla di dimensioni. Ma questa è una città? Ricordiamo le “pompose Babilonie” di Carlo Cattaneo: “città senz’ordine municipale, senza diritto, senza dignità; sono esseri inanimati, inorganici, non atti a esercitare sopra sé verun atto di ragione o di volontà, ma rassegnati anzi tratto ai decreti del fatalismo” Carlo Cattaneo, La città considerata come principio ideale delle istorie italiane; in: CarloCattaneo, "La città come principio", a cura di M. Brusatin, Marsilio, 1972).

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