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Ilvo Diamanti
Se cade il bipolarismo metropolitano
27 Aprile 2008
2008-13 aprile, prima e dopo
Un utile riepilogo degli eventi trascorsi, doverosi punti di domanda sul futuro. La Repubblica, 27 aprile 2008

Il voto delle ultime settimane sembra destinato a unire l´Italia. E a renderne, al tempo stesso, più profonde le divisioni. Non ci riferiamo tanto agli effetti del voto politico.

In questo caso, peraltro, la coalizione "per Berlusconi" ha allargato il suo peso elettorale in tutte le zone del Paese. Ma ci riferiamo all´equilibrio territoriale, fra governo e amministrazioni. Fra centro e periferia. A partire dal 1994 e fino ad oggi, avevamo assistito a un tendenziale bilanciamento. Chi governava il Paese perdeva potere sul territorio. E viceversa. Con un andamento anticiclico.

1. Nell´autunno del 1993 la sinistra (il Pds e la Rete) aveva eletto i sindaci nelle principali città italiane. Da Venezia a Palermo. Da Torino a Roma. Da Firenze a Bologna a Napoli. Solo a Milano si era imposta la Lega, nel momento in cui proprio in quella città partivano le inchieste giudiziarie che avrebbero decomposto i partiti della Prima Repubblica. Peraltro sfibrati. Alle elezioni del 1994 aveva vinto il Polo delle Libertà. La coalizione del Centrodestra inventata da Silvio Berlusconi. L´anno seguente (quando, peraltro, Berlusconi aveva già concluso la sua prima esperienza di governo) il Centrosinistra aveva conquistato la maggioranza delle regioni italiane. Nel complesso: 9 su 15 (a statuto ordinario).

2. Dopo la vittoria del Centrosinistra (l´Ulivo, collegato a Rifondazione comunista da un patto di desistenza) alle elezioni del 1996 si era verificato il "movimento" inverso. Cioè: il Centrodestra aveva "conquistato" il territorio. Soprattutto dopo il 1999, quando la Lega, in sensibile declino elettorale, era rientrata nella coalizione "personale" di Berlusconi. Si era, dunque, imposta in numerose città medie, ma anche grandi. Espugnando perfino "Bologna la rossa", capitale storica dell´Italia di sinistra. L´anno seguente, nel 2000, alle elezioni regionali il Polo delle Libertà conquista 10 regioni su 15 a statuto ordinario. Spingendo Massimo D´Alema, che ne aveva fatto un test di rilevanza nazionale, a dimettersi (pratica rara, in Italia). Un risultato che lancia il Centrodestra (divenuto "Casa delle Libertà") alla vittoria nelle elezioni politiche dell´anno successivo, nel 2001. Sempre alla guida del Cavaliere.

3. Da lì un nuovo cambio di ciclo. Caratterizzato dall´espansione del Centrosinistra (nella versione più ampia: Ulivo e Rifondazione). Che, nel 2007, governa, complessivamente, in 15 Regioni su 19. Inoltre, in 79 province contro le 26 amministrate dal centrodestra. Infine, in 396 comuni sopra i 15 mila abitanti, contro i 250 del centrodestra. In effetti, questa crescita si realizza, in larghissima parte, fra il 2003 e le elezioni regionali del 2005.

4. La stentata vittoria dell´Unione alle politiche del 2006 chiude definitivamente il ciclo. Le elezioni amministrative del maggio 2007 segnano il punto di svolta. La Lega e il Centrodestra conseguono successi travolgenti. Strappano al centrosinistra Verona, Monza, Alessandria, Gorizia, Asti. Il vento è cambiato. Un vento freddo e impetuoso. Soffia a Nord. E corre ovunque, nel Paese.

Abbiamo descritto in modo analitico e un poco pedante la successione di risultati che caratterizzano il voto politico e amministrativo nel corso della seconda Repubblica. Perché ci interessa dare sostanza all´incipit: il controcanto fra voto nazionale e locale. Elezioni politiche, da un lato, regionali, provinciali e comunali, dall´altro, hanno, sino ad oggi, seguito direzioni diverse e divergenti. E le elezioni politiche hanno chiuso il ciclo, piuttosto che aprirlo. Nel senso che hanno confermato la tendenza delineata, "prima", dalle amministrative e dalle regionali. Certo, le consultazioni territoriali (regionali, provinciali e comunali) possono essere interpretate come elezioni di "mezzo termine". Usate dai cittadini per esprimere - in parte - la loro posizione verso l´azione del governo nazionale. E, dunque, per sanzionarlo. Viste le difficoltà incontrate da chiunque abbia avuto la ventura - oppure la sventura - di governare il Paese, vincolato - sempre - da maggioranze incerte, frammentate e divise. C´è però una ulteriore spiegazione possibile. Non contraddittoria, ma semmai a integrazione dell´altra. La volontà dei cittadini di "bilanciare" i poteri, favorendo la costruzione di maggioranze diverse al centro e alla periferia. Quasi una coabitazione, secondo il modello che ha caratterizzato altri Paesi, nel passato più o meno recente. In Francia, ma anche negli stessi Usa. Dove i Presidenti hanno dovuto confrontarsi, talora, alle Camere (Assemblea Nazionale, Congresso o Senato), con maggioranze di diverso segno politico.

Tuttavia le elezioni recenti fanno emergere uno scenario diverso. Suggeriscono, cioè, la possibilità che i due livelli del potere - centrale e territoriale - possano allinearsi. Che il governo del Paese possa venire "unificato" dal Centrodestra di Berlusconi. Che, al terzo tentativo, dispone di un´ampia maggioranza alle Camere. Ma anche di un largo, crescente numero di amministrazioni territoriali. Potrebbe, quindi, governare senza eccessivi problemi. Se non quelli dettati dalle divisioni interne alla sua maggioranza. Oltre ad aver vinto largamente le politiche, nell´election day del 13-14 aprile, il Pdl (insieme agli alleati di centrodestra) ha, infatti, ottenuto significativi successi anche nelle altre consultazioni. Alle regionali: ha trionfato in Sicilia. Mentre ha strappato al Centrosinistra il Friuli Venezia Giulia governato da Riccardo Illy. Forse il più autonomista dei governatori, tradito dal vento leghista e antiromano. Alle municipali, il primo turno ha impresso un segno molto chiaro. Si è, infatti, votato in 71 comuni sopra 15mila abitanti, in 47 dei quali il sindaco uscente è di centrosinistra. Dopo il primo turno ne ha mantenuti solo 6 mentre in 13 ha perduto e in altri 28 casi il suo candidato è al ballottaggio. Parallelamente, dei 22 sindaci di cui disponeva, il Centrodestra ne ha rieletti 8, mentre gli altri 14 sono in ballottaggio. Per cui, il rapporto fra le due parti politiche si è rovesciato: 21 sindaci a 6, a favore del centrodestra. E´ possibile che il ballottaggio di oggi e domani modifichi questo bilancio. Ma, sinceramente, ce ne stupiremmo.

Tuttavia, la "conquista politica dell´Italia" da parte di Berlusconi e dei suoi alleati dipende, in gran parte, dal risultato di Roma. Perché Roma non è solo la capitale d´Italia. E´ anche la capitale del Centrosinistra. Che la governa fin dal 1993. Mentre perfino Bologna, nel 1999, è "caduta". La capitale dell´Italia di Centrodestra, nella seconda Repubblica, invece, è sicuramente Milano. Insieme alla metropoli diffusa del Nord Pedemontano. Cuore dell´Italia dell´impresa, dei servizi, della comunicazione. Contesa e condivisa da Berlusconi, Bossi. E Formigoni. Negli ultimi 15 anni la competizione fra queste due città è divenuta continua. E accesa. Un conflitto che si svolge su diversi terreni. Malpensa contro Fiumicino. La "città del cinema" contro Mediaset. Roma contro Inter (e Milan). Il mercato globale della produzione e dei servizi contro il mercato (e il linguaggio) universale dei beni artistici. Anche questo dualismo e questo conflitto potrebbero finire. Mai come in questa occasione il confronto fra i candidati dei due schieramenti - Rutelli e Alemanno - è apparso tanto incerto. Tanto aperto.

Così, domani potremmo vivere in un´Italia unita. Governata da Berlusconi. Al centro e in periferia. Al Nord, al Sud e perfino al Centro. A Milano e a Roma. Il Pd verrebbe confinato dentro il perimetro delle "regioni rosse". Una sorta di "Lega Centro" (la formula è di Marc Lazar). Come i Ds e - prima di loro - il Pci.

Dubitiamo, tuttavia, che la fine del bipolarismo metropolitano pacificherebbe e compatterebbe il Paese. Nell´Italia unita dalla geopolitica, si produrrebbero altre fratture politiche. Più forti. Alimentate da un centrosinistra spaesato. Senza casa. E da un Centrodestra stressato. Stirato. Fra Roma e Milano.

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